24 ottobre 1917 – Caporetto

Una sconfitta diventata proverbiale, una vera catastrofe, ebbe inizio 90 anni fa. Poche ovviamente le celebrazioni.

In due anni e mezzo di guerra di trincea sull’Isonzo, in ben 11 battaglie, l’esercito italiano aveva portato allo stremo quello austro-ungarico. Rompere la morsa era essenziale, pena la sconfitta: gli austriaci tentarono un disperato sfondamento. Il comando italiano era consapevole dei rischi, ma diviso sul che fare (vedete che i vizi nazionali sono profondamente radicati!): il generale Cadorna, comandante supremo, intendeva affrontare gli austriaci trincerandosi nelle migliori condizioni possibili; il comandante della seconda armata, Generale Capello, riteneva invece che in caso d’attacco occorresse lanciare subito una controffensiva strategica; Badoglio (sì, quello che divenne Capo del governo dopo il 25 luglio 1943 e dichiarò per radio “la guerra continua a fianco dell’alleato germanico”), che comandava l’artiglieria, non diede l’ordine di aprire il fuoco; quando un ufficiale ceco riferì (il 20 ottobre) che gli austro-ungarici e i tedeschi si apprestavano ad attaccare, l’intelligence italiana non gli prestò fede; il grosso delle truppe italiane era collocato sulle prime linee, soggetto ai colpi dell’artiglieria nemica, mentre la seconda linea era sguarnita e in pessime condizioni; gli Stati maggiori, vista la malaparata, si ritirarono al sicuro, lasciando le truppe senz’ordini ad affrontare la ritirata. Insomma, una fiera dell’incompetenza e dello scaricabarile.

L’attacco di sorpresa, preceduto da massicci bombardamenti e dall’uso del gas, riuscì. Già la sera del primo giorno la prima e la seconda linea italiana erano travolte. Nella battaglia si distinse anche un giovane Erwin Rommel. Alla fine del terzo giorno la battaglia era persa e il fronte italiano annientato. Gli austriaci, però, non riuscirono a chiudere le colonne italiane in ritirata in una sacca. Il fronte si attestò sul Piave e sul monte Grappa, ma la sconfitta comportò anche l’arretramento del fronte alpino settentrionale.

Il prezzo fu altissimo: la disfatta costò agli italiani 11.000 morti, 19.000 feriti, 300.000 prigionieri, 400.000 fra disertori e sbandati, 3.200 cannoni, 1.700 bombarde, 3.000 mitragliatrici, 300.000 fucili.

Ho un ricordo personale collegato a Caporetto. Negli anni ’60, un gesuita, padre Costantino Castellarin, mi raccontò di essere stato tra i profughi civili, bambino di un anno (era nato a Provesano, in provincia di Pordenone, il 5 ottobre 1916), e mi fece vedere una vecchia fotografia in cui era ritratto durante la fuga. Se non ricordo male, l’immagine che mi aveva mostrato è quella che vedete qui sotto.

24 Risposte to “24 ottobre 1917 – Caporetto”

  1. cesco Says:

    SONO PARENTE CON QUEL CASTELLARIN COSTANTINO CHE CITA. STO SCRIVENDO UN LIBRO NEL QUALE RACCONTO ANCHE DELLA FUGA DA PROVESANO. LEI RICORDA BENE, LA FOTOGRAFIA E’ PROPRIO QUELLA!

    • Giulio Says:

      Non ho mai incontrato nessuno nella vita che abbia saputo come lui imporre dei limiti positivi al mio carattere scapestratissimo di allora. Ricordo i primi “assaggi” della sua disciplina, ma li ricordo con grande piacere. Adesso mi trovo a lavorare a volte con ragazzini (per lavoro) dai 20 ai 26 anni e insegno loro la disciplina pensando ancora a Padre Castellarin. Perchè la disciplina e l’autorità ci vogliono, e lui mi insegnò quella buona, quella che ha un senso e che porta ai risultati veri. Mi mancano ancora le chiacchierate che faceva con noi singolarmente il pomeriggio dopo la mensa. Era un piacere. Si camminava sulla terrazza o per gli enormi corridoi io e lui da soli e si parlava di qualsiasi cosa, dei miei problemi, della scuola, della religione, dello studio. Ancora ci penso e ci penso con grandissima nostalgia. Una guida. Una guida nella vita ti fa sentire meno solo quando sei agitato, ti fornisce delle risposte, posso dire che in molti casi è meglio di un genitore perchè puoi parlare di tutto. Sono fiero e contento di essere stato un suo allievo. Aveva un grandissimo carisma, aveva il rispetto incondizionato di tutti, anche di tutti gli altri professori, e per i genitori anche era una vera autorità. I suoi giudizi erano sempre centrati, aveva una capacità pedagogica naturale.

    • gilberto seravalli Says:

      Sto facendo una ricerca sulla fotografia, che ha una storia molto particolare. Immagino, almeno, che sia quella, anche se non riesco a vederla nell’articolo 24 ottobre 1917 – Caporetto venerdì, 26 ottobre 2007 — borislimpopo. Me la potrebbe rimandare? E soprattutto mi sarebbe di enorme aiuto sapere se padre Costantino Castellarin SJ avesse anche raccontato come ebbe la foto. Se è quella di cui parlo, io so che è stata fatta dal reparto fotocinematografico del Comando supremo di Cadorna. Dato che ritrae profughi di Provesano, tale reparto l’ha data anche a chi fu ritratto?
      Grazie infinite fin d’ora per quello che potrà fare per me.

  2. cesco Says:

    SAREI INTERESSATO AD AVERE ATRE INFORMAZIONI SE E’ IN GRADO DI FORNIRMELE LE SAREI ESTREMAMENTE GRATO.

  3. M. Zagni Says:

    Salve, Padre Costantino Castellarin era mio insegnante di lettere e latino all’Istituto Leone XIII di Milano: confermo quello che ha descritto perchè padre Castellarin ce lo raccontò: la foto è esattamente quella e ci fece vedere una copia. Lui è il bambino, che se non sbaglio allora aveva tre anni, al centro della foto…padre Castellarin, uomo ammirevole e molto in gamba, vero insegnante, è morto nel 1987.
    Un caro saluto e spero di avere notizie di quel libro…a presto.

    • borislimpopo Says:

      Ciao. Quanti anni hai? Io sono stato al Leone dalla prima media (1963-1964) alla maturità classica (1971). Benché ora sia il più feroce mangiapreti del pianeta, è stata un’esperienza indimenticabile, costellata di persone straordinarie. Non saprei da dove cominciare. Anzi, lo so: Padre Egidio Edini. Hai avuto la fortuna di incontrarlo?

  4. M. Zagni Says:

    Ho fatto la maturità scientifica nel 1981…so chi era padre Edini ma non è mai stato mio insegnante…non so che dire veramente sulla mia esperienza al Leone…forse era una scuola troppo “ovattata” allora, troppo chiusa al mondo esterno…tra l’altro in quel periodo c’era il terrorismo, le BR , l’assassinio di Moro, si discuteva di tutto questo certo, ma prima di tutto si doveva studiare come matti, se no a cacciarti non ci mettevano un minuto…ho un ottimo ricordo questo si, della gran quantità e qualità di sport che ti facevano fare: è una cosa formativa che ti permette poi nella vita di affrontare molte cose con un approccio diverso.

    • enrico Says:

      enrico, maturita’ classica 1990

      ho conosciuto sia P. Castellarin che P. Edini al Leone.

      il primo mi ha insegnato storia della Chiesa alle medie : preparatissimo, rigoroso, severo….un docente di quelli di una volta.

      il secondo, latino, greco, italiano al ginnasio : ho preso tanti 3 con lui, ma le declinazioni e i verbi irregolari greci me li ricordo ancora adesso !
      le mie radici, quello che sono….derivano da queste figure di insegnanti, che forse al giorno d’ oggi non ci sono piu’!

      anche P. Edini e’ morto qualche anno fa ed e’ sepolto al cimitero di crena/gallarate insieme a uno stuolo di altri gesuiti…..tombe semplici tutte uguali, di uomini irripetibili !

      aspetto vostri ricordi, anche se piu’ “antichi” dei miei!

      • Donatella Says:

        Pure io ho conosciuto P.Edini in me ancora vivono le sue parole

      • Carlo Says:

        Quando ho letto che P.Edini era morto sono restato di sasso.Il mio ricordo è forse il più vecchio di tutti perché risale agli anni 53-54 quando P.Edini non era ancora prete e per studiare ci faceva il prefetto nel collegio Cesare Arici di Brescia. Non l’ho più rivisto da allora ed adesso lo stavo cercando perché sto organizzando una ultima riunione di ex alunni di quegli anni. Credo di rinunciarci perché telefonando in giro alla loro ricerca trovo troppe ….assenze.Che dire di P.Egidio Edini?Già da allora era fin troppo intransigente,e non mi dilungo a raccontare quale era la vita come convittore (si chiamavano così quegli alunni che vivevano giorno e notte in collegio) in una scuola di gesuiti. Il poter parlare solo quando ci era concesso e tutto il resto sempre scandito da orari precisi,sembra impossibile al giorno d’oggi e P.Edini non ci faceva sconti. Credo che a quei tempi portasse il cilicio,perché dormendo con noi pur separato da una tenda,qualcuno l’aveva spiato e si era accorto di questo strumento di penitenza. Mi resta il rammarico di averlo cercato troppo tardi,ma sono contento che abbia lasciato un buon ricordo.

  5. non condivido Says:

    Mi dispiace molto per la storia dell’infanzia di padre castellarin.

    L’ho avuto come professore di lettere alle medie al leone XIII.
    ma non trovo esatto dire che fosse un professore come quelli di una volta senza aggiungere altro.
    Non metto in dubbio la preparazione ..ma il lato umano non era proprio il massimo (sia per fare amare la materia sia per insegnare in modo ottimale).
    Non era al passo con i tempi,il suo modo di fare severo terrorizzava buona parte degli alunni (e infatti la maggior parte degli studenti che incontro lo ricordano in malo modo indirizzandogli epiteti terribili).
    Questo purtroppo è il mio ricordo di questa persona che non mi ha lasciato nulla se non un ricordo negativo .

  6. M.Zagni Says:

    Certo ognuno può pensare quello che vuole, a mio parere un esercizio dell’attività didattica, come quella fatta da Padre Castellarin, anche in modo un po’ rigido, a quel tempo poteva essere formativa…certo oggi siamo lontani mille miglia…con tutti questi “istituti privati” dove basta pagare per avere il proprio figlio “asino” promosso. Il Leone XIII di allora era ben altra cosa …partimmo in 38 in prima liceo scientifico e facemmo la maturità scientifica in 19!…infatti erano proprio altri tempi..a vedere il sistema scolastico e le scuole di oggi!

    • enrico Says:

      credo che proprio gli insegnanti che ci apparivano un po’ rigidi, siano quelli che ci abbiano formato di piu’ !
      altro che i prof “amici” di oggi !
      meglio quelli che si beccavano insulti ed epiteti di quelli che sono passati numerosi lasciandoci del tutto indifferenti.
      sono polemico ?
      si !
      amo il leone ?
      si !

    • Giulio Says:

      Approvo totalmente. Ho imparato a superare le difficoltà grazie a lui. Non trovo il suo sistema di insegnamento fosse obsoleto, certo stiamo parlando di tutti altri tempi del resto. Io all’inizio ero il ribelle casinista e ho appunto subito punizioni ma mai niente di terribile. Mi ha insegnato a tenere duro ed ottenere risultati.

  7. rossella Says:

    Padre Edini è stato il mio insegnante di latino e greco in quinta ginnasio al’Arecco. Di lui ricordo lo sguardo intenso e i lunghi silenzi ….e quando parlava non potevi non ascoltarlo, insegnava la vita oltre che la letteratura! Se non ricordo male diceva di aver recitato da giovane, infatti le sue lezioni erano calamite.
    Ancora oggi ripeto ai miei alunni certe sue “frasi celebri”: “Ragazzi, se le versioni le fate ad orecchio, io le correzioni le faccio a naso…e quanto puzzano i vostri fogli!”.
    Avevamo tutti paura di lui ma quanto abbiamo imparato!!! Lo ricordo con stima e affetto.

    • Mario Bottaro Says:

      Preg.ma Sig.ra Rossella, ho avuto anch’io (negli anni ’90) Padre Egidio Edini come insegnante di latino e greco al ginnasio dell’Istituto Arecco. Mi farebbe piacere (preferibilmente in via privata e confidenziale) ricordare, insieme ad altre persone che hanno avuto una simile fortuna (specie quelle che, come lei, essendo tra l’altro oggi un’insegnante, si capisce esserne state colpite indelebilmente), questa straordinaria figura (se possibile, anche al fine di ricostruirne i tratti della personalità, intellettuale ed umana), peraltro da me compresa solo fino ad un certo punto (ma esclusivamente perchè a quell’età -oltre ad essere ancora, comunque, un ragazzino- non potevo conoscere ancora approfonditamente la letteratura (oltre al teatro ed alla filosofia) della civiltà greca e latina che ho potuto studiare solo gli anni successivi con le ottime Prof.sse, Sigg.re Anna Novelli ed Isabella Gazzani. Nel caso fosse interessata, mi faccia sapere (anche solo rispondendo a questo breve, ma sentito, messaggio). Avv. Mario B.

  8. Carlo Marzorati Maturità Classica 1982 Says:

    Ho la fortuna di aver avuto entrambi come educatori ed insegnanti al Leone XIII.
    Padre Castellarin come insegnante di italiano, latino, storia e geografia in terza media. Eravamo una classe un po’ “vivace”… nel giro di una settimana trasformata in un gruppo di disciplinatissimi studenti.
    Era severo… oh, se era severo! Ma era anche quel tipo ti persona che non “ti lasciava indietro” e che dimostrava di prendersi cura di ciascuno dei suoi alunni. Se ho potuto affrontare il ginnasio senza grandi patemi è grazie a lui. Un grande educatore.
    Da Padre Castellarin sono passato a Padre Edini, mio professore di italiano, latino e greco al ginnasio.
    Anch’egli grande professore e grandissimo educatore.
    Di lui ricordo certamente la competenza, la severità, la serietà con cui affrontava le giornate scolastiche, ma soprattutto le “lezioni di vita” che impartiva ai suoi ragazzi. Ho fatto parte dei suoi gruppi di incontro (“Crescere” e “Vivere insieme”) e ne serbo un ricordo dolcissimo.
    Ho chiesto (e lui è stato felicissimo di accettare) che fosse lui, insieme a Padre Ceroni, a celebrare il mio matrimonio.

  9. Michele Reverdini Says:

    Sono uno dei figli spirituali di Padre Castellarin.
    Al Leone XIII, negli anni ’68, era il nostro “temuto” vicerettore, assieme al grande Padre Braida: gran coppia!
    Mi ricordo il suo fischietto nero che usava per richiamarci dalla pausa pranzo.
    Mi ricordo quando passava in rassegna alle classi in fila prima di riprendere le lezioni pomeridiane.
    Mi ricordo quando ci sorvegliava quando giocavamo al calcio.
    Mi ricordo quando si poneva in fondo alle scale, all’uscita dal Leone, e tutti lo salutavamo.
    Ma, ragazzi di allora, mi ricordo ancora quando “sorvegliandoci” mentre giocavamo a pallone, notava se alcuno di noi non era “in forma”. Discreto, questo il mio ricordo, aspettava il momento in cui fossimo noi a contattarlo per esprimergli le nostre angosce … La disponibilità è stata estrema. Una dedizione veramente affettuosa, pronta, aperta, propositiva.
    A volte telefonavo, a volte piombavo lì al Leone al sabato pomeriggio, chiedevo di lui, l’Ernesto (il custode) metteva il segnale al semaforo (il segnalatore interno all’Istituto), il codice era verde, giallo e rosso, e, poco dopo, eccolo scendere le scale: “E allora, cosa c’è?”, mi chiedeva. Poi, via nei corridoi del Leone a parlare, ascoltare le sue parole, mai di rimprovero , sempre di incoraggiamento, di stimolo a “buttarsi fuori” a fare “più sport”, a “non fare sempre il piangina”.
    Ho avuto la gioia di presentargli mia moglie (e penso che anche per Lui sia stato un successo avere visto “il Michele” sposato). Ho avuto la gioia di vederlo al funerale del mio papà (mi disse, severo, col suo sguardo da Padre Castellarin, “Non piangere!”, nel senso che non dovevo piangere perchè l’insegnamento era quello di affrontare dignitosamente il momento. Avrebbe voluto anche compartecipare la funzione, ma purtroppo era tardi: l’intento, però era quello.
    Ho avuto, invece, il grande dolore di sapere delle sua scomparsa proprio il giorno del suo funerale: ero al lavoro e telefonai al Leone, mi rispose il Mario (ve lo ricordate?), per farmi passare Padre Castellarin. Pensate lo sgomento e quale puntualità! Padre Castellarin, il mio Padre Spirituale, non è più fisicamente tra noi, ma i suoi insegnamenti vivono ancora in me,oggi e tutti i giorni: badate, insegnamenti “spirituali” assolutamente non bigotti, ma aperti alla comprensione dell’Uomo, del Mondo e ad una vera ricerca di Dio. E, con Padre Castellarin, aggiungo alla lista dei miei assidui formatori al Leone XIII, l’indimenticabile Padre Lauton (chi non se lo ricorda?), il Padre Braida (sempre attento ma discretissimo), Padre Rizzardi (a Gressoney, alla Villa Bevedere coltivava i gerani…), Padre Merlin che mi firmava le note di indisciplina, Padre Dossi (il Rettore, severo, ma sempre con uno sguardo benevole), Fratel Bortolon con le sue merende a metà mattina, Padre Saccardo, Padre Schizzerotto, Padre Libralato (che mi ha spiegato, a Villa Bevedere, a Gressoney, il significato del “Padre Nostro”, seduti per terra, in cortile, sotto i pini…) e tutti gli altri che non cito per non essere noioso.
    Anch’io, oggi, sono un “mangiapreti”: ma non toccate i miei Padri del Leone XIII. Se oggi sono così, e sono sereno, lo devo, oltre che ai miei genitori ovviamente, anche a Padre Castellarin.

    P.S. Scusi, Padre, non lo dovevo fare, lo so, ma volevo dirlo perchè è giusto. E’ stato un ottimo maestro di Vita. Grazie di tutto. Michele

  10. Enrico cattaneo Says:

    Grazie a tutti x i bei ricordi ! Io sono piu’ giovane ma i Padri restano nel cuore e nella vita!
    PS. Un mio compagno maturità classica 1990 da pochi mesi e’ gesuita e ha detto una delle sue prime messe proprio nella chiesa del Leone !

  11. Amilcare Says:

    Ho saputo solo per caso da un amico convittore come me al Cesare Arici dal 49 al 54 della morte di padre E. Edini. Posso dire solo questo:Dai ricordi lontani e confusi pieni di nostalgia tristezza solitudine di un adolescente di tutti gli educatori,padri gesuiti prefetti e professori del collegio emerge solamente il nome di padre Edini ,allora solo professore di lettere,ricordo caro pieno di rimpianto per il suo aiuto,sostegno nel farci crescere con valori intellettuali e morali mai dimenticati.Lo piango solo ora sentendo,mai così vicine le sue parole.Addio Professore e Maestro.

  12. Giorgio Linchi Says:

    Che bei ricordi… Padre Castellarin, Padre Braida, ma anche il Prof. Gaia, il Prof. Sassi, e tanti insegnanti, compagni ed amici che ho perso di vista: Marcello Maggioni, Giovanni Villari, Malerba, Zaino, Barchielli, Gavazzi, Vianini, Uccelli e tanti altri, visi che ricordo come fosse ieri…. che bei tempi, pieni di vìta, di voglia di sapere, di entusiasmi, di incertezze. Grazie per avermeli ricordati.
    Un saluto a tutti.
    Giorgio Linchi


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