Oppure: L’eleganza del riccio, riparliamone.
Possibile che questo romanzo sia piaciuto a tutti, senza riserve? Possibile che in rete si fatichi a trovare una recensione negativa?
Eppure, il romanzo ha molti difetti ed è un’operazione astuta.
Cominciamo dall’autrice. Tutt’altro che una debuttante, tanto per cominciare. Il suo primo romanzo è del 2000. L’autrice era poco più che trentenne, e pubblica da Gallimard! Vince il premio Bacchus per la letteratura gastronomica. Ex normalista, e professoressa di filosofia, non rinuncia a infarcire il libro di dotte citazioni, da Marx buttato lì in prima pagina, a Occam (per studiare il quale è sprecato buttare i soldi dei contribuenti), e così via. E se i filosofi non bastano, abbiamo i letterati (Racine e, naturalmente, Tolstoy), i musicisti (Mahler), i pittori (Hopper e le nature morte di Claesz).
Assumere il ritratto di un condominio come protagonista di un romanzo è tutt’altro che originale: basta pensare a La vita, istruzioni per l’uso (La vie mode d’emploi – 1978) di Georges Perec. La portinaia Renée rovescia uno stereotipo (quello della portinaia parigina – la Madame Pipelet dei Misteri di Parigi – di cui pipelette è diventato un sinonimo). Paloma ne è lo specchio e l’alter ego, e non gode di vita propria: quando Renée è viva, Paloma è destinata a morire, e quando Renée muore Paloma ricomincia a vivere. Colombe, la sorella di Paloma, è un altro riflesso capovolto… In questo gioco di specchi, tutti alla fine parlano con la voce dell’autrice, con le sue nozioni, con la sua cultura…
In questo senso, penso, siamo di fronte a un esercizio di stile, come ha detto qualcuno. E anche a un racconto filosofico. In un romanzo riuscito, in un romanzo vero, i personaggi assumono vita propria, si muovono e parlano mossi da una loro necessità interiore. In un racconto filosofico sono mossi, piuttosto, dalle necessità di un’argomentazione dell’autore. Non per questo un libro è brutto. Semplicemente, è un’altra cosa.
Ma di un racconto filosofico è lecito discutere l’ideologia. E qual è l’ideologia de L’eleganza del riccio? Un’ipotesi è che Muriel Barbery ce lo riveli fin dal Preambolo:
«Dovrebbe leggere L’ideologia tedesca» gli dico a quel cretino in montgomery verde bottiglia.
Per capire Marx, e per capire perché ha torto, bisogna leggere L’ideologia tedesca. È lo zoccolo antropologico sul quale si erigeranno tutte le esortazioni per un mondo migliore e sul quale è imperniata una certezza capitale: gli uomini, che si dannano dietro ai desideri, dovrebbero attenersi invece ai propri bisogni. In un mondo in cui la hybris del desiderio verrà imbavagliata potrà nascere un’organizzazione sociale nuova, purificata dalle lotte, dalle oppressioni e dalle gerarchie deleterie.
“Chi semina desiderio raccoglie oppressione” sono sul punto di mormorare […]
mercoledì, 2 luglio 2008 alle 11:17
ho appena finito di leggere questo libro che ha investito come un’onda il mio mare calmo da un po’. da kafka sulla spiaggia, per intenderci, qualche mese fa.
bello, m’è piaciuto, molto, ma anch’io l’ho trovato un esercizio di stile dell’autrice, insegnante di filosofia. me la sono immaginata mettere nero su bianco per gallimard le parole delle sue lezioni agli studenti. lezioni originali. ma pur sempre di filosofia.
mi colpisce quando dici che
“In un romanzo riuscito, in un romanzo vero, i personaggi assumono vita propria, si muovono e parlano mossi da una loro necessità interiore. In un racconto filosofico sono mossi, piuttosto, dalle necessità di un’argomentazione dell’autore.”
e mi riporta proprio al “Diario del movimento del mondo n 1”: l’autrice va verso, e non sta in sé. da qui si perde un po’ della forza e del carisma.
ma lo sto già rileggendo, perchè è scritto, meglio, tradotto sopraffinamente (visto che l’ho letto in italiano!)
venerdì, 4 luglio 2008 alle 10:47
Grazie del commento. Una curiosità: quando dici “e mi riporta proprio al Diario del movimento del mondo n 1″, ti stai riferendo a un libro? Se sì, qual è il titolo esatto? consigli di leggerlo?
martedì, 30 settembre 2008 alle 21:36
Ho da poco finito il libro. Concordo sul fatto che è un esercizio di stile, soprattutto quando si parla di filosofia. Sono le parti che, lo ammetto, ho più faticato a leggere, a causa della mia scarsa istruzione in materia. Nel complesso devo dire che mi è piaciuto molto, mi ha fatto sorridere e pensare.
Mi ha fatto molto riflettere la riflessione finale di Paloma, che scopre improvvisamente cosa vuol dire “mai più”.
mercoledì, 20 gennaio 2010 alle 17:30
Sono appena all’inizio di questo libro che mi hanno dipinto come il capolavoro degli ultimi anni. E sinceramente trovo già insopportabile la ricercatezza e lo sfoggio di nozioni dell’autrice. Sembra quasi che il suo scopo sia far sentire il lettore un ignorante. E poi questo tono polemico è snervante. Oltretutto una portinaia colta, una bambina acuta, non sconvolgono più nessuno. Tutti gli schemi che vuole smontare non esistono più da tempo…
mah…
I bei libri sono altri.
mercoledì, 9 ottobre 2019 alle 19:45
[…] fortunato romanzo di una decina d’anni fa (di cui ho parlato qui e qui) non c’entra […]
domenica, 24 Maggio 2020 alle 23:09
L’avevo letto quando era uscito e l’avevo trovato noioso, irritante e saccente . Allora però tutti lo eleggevano capolavoro assoluto! Sono soddisfatta che alla distanza venga valutato per quello che è: il compitino di filosofia di una prof che ha creato la portinaia piú odiosa e la bambina più finta della narrativa😊