Mi sembra abbastanza curioso che nessuno abbia commentato, sulla stampa italiana, l’importante anniversario di ieri. Eppure, ricorreva il sessantesimo anniversario della firma del presidente americano Harry Truman alla legge che – con l’istituzione dell’ECA (Economic Cooperation Administration) – dava il via ufficiale al programma d’aiuti. Sempre nel 1948, i 17 paesi coinvolti (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia, Svizzera e Turchia) diedero vita all’Organisation for the European Economic Cooperation, che diventerà poi l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
Il silenzio è curioso, soprattutto in questa campagna elettorale, dal momento che molte volte Berlusconi ha parlato (in genere a sproposito) della necessità di un’iniziativa simile… forse perché una vulgata storiografica collega la vittoria di De Gasperi nelle elezioni del 1948 alla firma da parte del governo italiano di un trattato di amicizia, commercio e navigazione con gli Stati Uniti (2 febbraio 1948) che dava via libera, in sostanza, all’applicazione del piano Marshall in Italia.

L’idea del piano era stata lanciata da Marshall (ministro degli esteri statunitense) in un discorso tenuto ad Harvard il 5 giugno 1947:
It is logical that the United States should do whatever it is able to do to assist in the return of normal economic health to the world, without which there can be no political stability and no assured peace. Our policy is not directed against any country, but against hunger, poverty, desperation and chaos. Any government that is willing to assist in recovery will find full co-operation on the part of the U.S.A.
Il piano, bocciato dai sovietici (che in alternativa approvarono il piano Molotov per i loro satelliti), era molto generoso. Il 90% degli aiuti era erogato a fondo perduto e il restante 10% in prestiti a lunghissima scadenza (30-40 anni) e a basso tasso d’interesse (2,5%). Si trattava però, pressoché esclusivamente, di merci d’origine statunitense. I 22 miliardi di dollari originariamente stimati, a seguito della forte opposizione repubblicana in Congresso, furono ridotti a poco meno di 13 miliardi in 4 anni: 3,4 spesi per l’importazione di materie prime e semi-lavorati; 3,2 in aiuti alimentari, prodotti agricoli e fertilizzanti; 1,9 in mezzi di trasporto, macchinari e altri beni d’investimento e 1,6 in carburanti.
L’Italia non fu uno dei beneficiari più importanti, né in termini assoluti, né in termini pro capite.
Per me, il piano Marshall è un solo ricordo, la serie dei francobolli che finì nella mia collezione agli inizi degli anni Sessanta.
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