A volte l’amore non è soltanto trasporto. A volte è impeto e impulso, a volte è ritmo. Ovviamente: l’amore è (anche ) fisico.
Qui Sviatoslav Richter suona questo preludio di Rachmaninov (Alla marcia!) come se facesse l’amore con il pianoforte e attraverso il pianoforte. E c’è anche il trasporto.
Mi piace l’idea di far scorrere la partitura durante l’esecuzione: anche chi non sa leggere la musica, penso, riesce a farsi un’idea del movimento e della densità del brano. Che ne pensate? Io la musica la so leggere, anche se rudimentalmente, e quindi forse mi sono fatto un’idea sbagliata.
Se volete facciamo anche un esperimento. Proviamo a sentire come interpretano lo stesso preludio altri due pianisti (tutt’e due russi, ma è quasi un caso). Prima Evgeny Kissin, con un’interpretazione veloce ed estremamente virtuosistica. Nella sua interpretazione, secondo me, le emozioni che emergono non fanno certo pensare all’amore, ma piuttosto a una frenesia prossima al panico.
E adesso Emil Gilels.
Possiamo dire che la versione più autentica è quella che suonava Rachmaninov stesso (qui ricostruita da rulli per piano automatico, penso)? Io direi di no, ma è un discorso lungo e complicato. Magari ne parliamo un’altra volta…
venerdì, 25 luglio 2008 alle 14:16
“Possiamo dire che la versione più autentica è quella che suonava Rachmaninov stesso? Io direi di no”
Sono d’accordo: la musica di Rachmaninov parla d’amore, ma di un amore-nostalgia verso la propria terra. Verso il proprio passato prerivoluzione. Basti pensare ai secondi movimenti dei conc. 2 e 3, perfetti per rilassarsi (o concentrarsi), riflettere, pensare ad un amore lontano ma decisamente meno adatti come colonna sonora dell’incontro amoroso.