La psicologia della nudità

La mente umana vede altre menti dappertutto: è il motivo che ci induce ad attribuire comportamenti coscienti e volontà al nostro computer o al cellulare, per non parlare del gatto.

Questa capacità innata di attribuire ad altri “agenzia” (cioè la capacità di pianificare, agire, esercitare auto-controllo) passa attraverso il nostro sistema sensoriale. Se vediamo un altro essere strizzare gli occhi e muovere i muscoli della faccia in un certo modo, è immediato pensare che sta sorridendo e dunque è felice: da una percezione sensoriale alla nostra  “teoria della mente” in un batter di ciglia.

Il problema è che attraverso le percezioni sensoriali non passa soltanto questo, ma molto altro: ad esempio, gli stimoli sessuali. Un esperimento molto inquietante mostra che quando gli uomini vedono un’immagine di una donna “sessualizzata” attivano meno le aree del cervello coinvolte nell’attribuzione di stati mentali. Questo accade anche, tipicamente, quando vediamo l’immagine di qualcuno “diverso” da noi (di un altro gruppo etnico o semplicemente vestito in modo diverso): gli attribuiamo automaticamente meno umanità, cioè meno capacità di agire, pianificare, esercitare auto-controllo di quella che attribuiamo a noi stessi. Sembra che noi maschi, quando vediamo in una donna un potenziale ancorché remoto partner sessuale, le attribuiamo meno “agenzia”, cioè la percepiamo più come oggetto.

A questo risultato sono arrivati i ricercatori che hanno pubblicato l’articolo From Agents to Objects: Sexist Attitudes and Neural Responses to Sexualized Targets.

In un secondo affascinante esperimento (More Than a Body: Mind Perception and the Nature of Objectification), un altro gruppo di psicologi mostra che la mente umana attribuisce agli “altri” due differenti dimensioni di quella che abbiamo chiamato “teoria della mente”: quella della “agenzia” (capacità di agire, pianificare, esercitare auto-controllo) e dì quella della “esperienza” (cioè della capacità di avere percezioni sensoriali e di elaborarle). Queste dimensioni, sulla base dell’esperimento, sono effettivamente un dualismo, sono cioè legate da un trade-off, secondo il quale se attribuiamo a un “altro” molta “esperienza” (cioè ne facciamo oggetto di investimento emotivo) al tempo stesso gli attribuiamo anche meno “agenzia”, e viceversa. Un gioco a somma zero, insomma.

L’esperimento è consistito nel mostrare ai soggetti sperimentali fotografie delle stesse persone (Erin e Aaron) in primo piano o a mezzobusto, e poi interrogarli sulle qualità mentali percepite in Erin e Aaron. A questo punto, non dovreste essere sorpresi di sapere che è stata loro attribuita molta più “agenzia” quando era visibile soltanto il volto.

Erin e Aaron

wired.com

L’articolo di Wired da cui ho tratto queste informazioni, se volete leggerlo, è questo:

The Psychology of Nakedness | Wired Science | Wired.com

In general, people assess minds – and it doesn’t matter if it’s the “mind” of a pet, iPhone or deity – along two distinct dimensions. First, we grade these minds in terms of agency. (Human beings have lots of agency; goldfish less so.) But we also think of minds in terms of the ability to have experience, to feel and perceive. The psychologists suggest that these dual dimensions are actually a duality, and that there’s a direct tradeoff between the ability to have agency and experience. If we endow someone with lots of feeling, then they probably have less agency. And if someone has lots of agency, then they probably are less sensitive to experience. In other words, we automatically assume that the capacity to think and the capacity to feel are in opposition. It’s a zero sum game.

What does all this have to do with nakedness? The psychologists demonstrated it’s quite easy to shift our perceptions of other people from having a mind full of agency to having a mind interested in experience: all they have to do is take off their clothes.

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