Lili Marleen, 1981, di Rainer Werner Fassbinder, con Hanna Schygulla e Giancarlo Giannini.

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Sostanzialmente un polpettone melodrammatico, ma un bel polpettone, che mi è piaciuto. Secondo alcuni il peggior film di Fassbinder, secondo Mereghetti uno dei peggiori. Non so e non mi interessa: servono queste classifiche? È comunque filmato e fotografato splendidamente.
Non farò una vera recensione, ma mi soffermerò su 3 cose che mi hanno fatto pensare:
- Fassbinder stesso compare come Weissenborn, il capo della resistenza. Volutamente ambiguo e untuoso, sembra piuttosto il tipico esibizionista da giardinetto.
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- Catturato dalla Gestapo sotto falso nome, Robert Mendelsson (Giannini), il fidanzato di Willie (Schygulla), in cella è costretto ad ascoltare all’infinito un frammento della canzone (“Wie einst Lili Marleen”). Resiste, come può. Ma pensate se fosse stato fidanzato con Emanuele Filiberto…
Qui la versione originale di Lale Andersen (dalla cui autobiografia è liberamente tratto il film).
- Nella scena finale del film, Robert – finalmente divenuto un grande direttore d’orchestra – dirige l’8ª sinfonia di Mahler (a partire da 3’15” nel filmato qui sotto).
Il testo in tedesco, tratto dal Faust di Goethe, dice:
Alles Vergängliche
Ist nur ein Gleichnis;
Das Unzulängliche,
Hier wird’s Ereignis;
Das Unbeschreibliche,
Hier ist’s getan;
Das Ewig-Weibliche
Zieht uns hinan.
Cioè (Nella traduzione di Andrea Casalegno):
Tutto il peribile
è solo un simbolo;
l’inattingibile,
qui si fa evento;
l’indescrivibile,
qui ha compimento;
l’Eterno Femminile
ci fa salire.
Un avatar dell’Eterno Femminile è chiaramente il volto diafano di Hanna Schygulla che guarda dallo spioncino…
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