Il presidente dell’Istat

Di un personaggio di secondo piano de I Miserabili, Victor Hugo scrive che «aveva, come tutti, la sua desinenza in -ista, senza la quale nessuno avrebbe potuto vivere a quel tempo, ma non era né realista, né bonapartista, né cartista, né orleanista, né individualista, era collezionista.»

Ecco, se potessi scegliere per me, direi che l’-ista che mi caratterizza meglio è: illuminista. Ho una grande fiducia nella ragione. Anzi, penso che ragione, ragionamento e ragionevolezza siano contagiosi: condizioni mentalmente trasmissibili.

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Questo è il principale motivo, anche se non il solo, per cui mi preme molto la statistica ufficiale. La statistica – a condizione di essere indipendente e di buona qualità – è uno strumento importante per l’affermazione della ragione: consente ai cittadini (mamma mia, tra un po’ non si potrà nemmeno scrivere “cittadini” senza esser tacciati di grillismo) di prendere decisioni o di esprimere valutazioni sulla base di informazioni quantitative, invece che di (o in aggiunta alle) sensazioni istintive. In inglese si direbbe che la statistica è empowering: il cittadino che ha buone informazioni statistiche dispone di uno strumento in più per operare e decidere razionalmente, in politica, ma anche nella vita quotidiana.

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Le tavole rotonde sono noiose: aboliamo il moderatore

Non lo dico io. Lo sostiene  Jody Avirgan in un articolo comparso su The Atlantic il 12 marzo 2014 sotto il titolo How to fix boring conference panels: Get rid of the moderator.

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Il ragionamento di Avirgan è piuttosto lineare: le tavole rotonde sono noiose perché sono prevedibili, e sono prevedibili perché c’è il moderatore. Il moderatore fornisce una stampella strutturata su cui tutti i partecipanti possono appoggiare le proprie argomentazioni più trite. Ergo: meglio abolire il moderatore.

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Zan zan zan, le belle rane

Questa non è una ranocchia (grazie a Jerry Coyne: Ceci n’est pas une grenouille).

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Ed ecco spiegato l’arcano:

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Ma vi mancava poi così tanto, il morbillo?

Di tutte le cose dei bei tempi andati che rimpiangete, era proprio il morbillo quella che vi mancava di più?

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Se è così siete fortunati, perché a New York è tornato. Leggi il seguito di questo post »

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L’apocalisse dei droni

Su Quartz dell’11 marzo 2014 è apparso un articolo inquietante di Noah Smith, un professore associato di finanza alla Stony Brook University.

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La tesi di Smith è abbastanza semplice. Per 700 anni – scrive Smith – abbiamo vissuto nell’era del fucile o, se volete, nell’era della fanteria. Immaginate di tornare nel 1400. A quell’epoca, e per molti secoli prima, il campo di battaglia era stato dominato dal cavaliere, un guerriero nobile che aveva dedicato tutta la sua vita a esercitarsi nell’arte della guerra. Immaginatevi la sorpresa di quel cavaliere quando si trovò disarcionato o ferito a morte da un ex-contadino armato di un lungo tubo di metallo e con un addestramento militare di un paio di settimane. Leggi il seguito di questo post »

L’anima della «Bestia mod. 3»

È la seconda volta che mi imbatto in questo testo, abbastanza noto negli Stati Uniti e (per quanto ne so) del tutto sconosciuto da noi. La prima volta è stato quando ho letto The Mind’s I di Douglas R. Hofstadter e Daniel C. Dennett, di cui ho parlato fuggevolmente poco tempo fa, qui. La seconda è stata qualche giorno fa, in un libro che sto ancora leggendo: Wetware di Dennis Bray.

È tratto da un romanzo di Terrel Miedaner, The Soul of Anna Klane. Non è mai stato tradotto in italiano, e non è facilissimo da trovare neppure in originale. Ma The Mind’s I è stato tradotto (L’Io della mente) e, quindi, una traduzione di questo brano esiste ed è dovuta a Giuseppe Longo, traduttore di The Mind’s I per Adelphi.

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Io però ho deciso di non utilizzare quella traduzione e cimentarmi nell’impresa in proprio.

* * *

I personaggi e interpreti sono: Dirksen, una donna; Hunt, un avvocato; Klane, nella cui casa si svolgono i fatti ma che non compare nell’episodio.

* * *

Mezz’ora dopo Dirksen entrava nella casa di Klane in compagnia dell’avvocato. Il cancello si era aperto automaticamente all’avvicinarsi della macchina, così come s’era aperta la porta, senza bisogno della chiave.

Seguì nel laboratorio del seminterrato Hunt, che aprì uno dei tanti armadietti e ne estrasse un grosso coleottero d’alluminio, con alcune spie luminose e qualche protuberanza su una superficie per il resto assolutamente liscia. Lo girò e Dirksen vide tre ruote di gomma sul lato inferiore, che era piatto e riportava incisa la scritta «BESTIA MOD. 3».

Hunt appoggiò l’aggeggio sulle piastrelle del pavimento e fece scattare il piccolo interruttore sulla pancia. Con un lieve ronzio il giocattolo cominciò a muoversi avanti e indietro sul pavimento, come se cercasse qualcosa. Esitò un attimo davanti a una grossa struttura, poi si fermò davanti a una presa di corrente, fece uscire una spina da una piccola apertura del suo corpo metallico e la infilò nella presa. Alcune delle spie si accesero sul verde e dall’interno si produsse un suono simile alle fusa di un gatto.

Dirksen guardò con interesse il congegno: “Un animale meccanico. Carino: a che serve?”

Hunt prese un martello dal bancone e glielo porse. “Vorrei che lo ammazzassi.”

“Ma che dici?” disse Dirksen un po’ allarmata. “Perché dovrei ammazzare… rompere… quella macchina?” E fece un passo indietro senza prendere in mano il martello.

“È solo un esperimento,” rispose Hunt. “L’ho fatto anch’io qualche anno fa su richiesta di Klane e l’ho trovato istruttivo.”

“E che cos’hai imparato?”

“Qualcosa sul significato della vita e della morte.”

Dirksen guardò Hunt perplessa.

“La ‘bestia’ non ha difese che ti possano fare del male,” la rassicurò. “Devi solo stare attenta a non andare a sbattere contro qualcosa mentre l’insegui.” E le porse di nuovo il martello.

Esitò, fece un passo in avanti, prese l’arma, guardò di sottecchi la strana macchina che ronfava beatamente e succhiava corrente elettrica. Si avvicinò, si chinò e alzò il martello. “Ma… sta mangiando,” disse, girandosi verso Hunt.

Hunt si mise a ridere. Allora Dirksen, punta nel vivo, sollevò il martello con entrambe le mani e lo calò con forza.

Ma con un rumore acuto come un grido di paura la bestia aveva ritratto le mandibola dalla presa ed era scappata. Il martello si abbatte sul pavimento dove poco prima c’era il corpo della macchina. La piastrella si scheggiò.

Dirksen alzò lo sguardo. Hunt rideva di nuovo. La macchina si era spostata di un paio metri e poi s’era fermata, tenendola d’occhio. Ma no, si disse Dirksen , non mi sta tenendo d’occhio.

Irritata con sé stessa, Dirksen riprese in mano il martello e avanzò cauta. La macchina indietreggiava, e un paio di spie rosse lampeggiavano, a volte più intense e a volte meno, all’incirca al ritmo delle onde alfa dell’elettroencefalogramma umano. Dirksen prese lo slancio, martello in mano, e fece cilecca …

Dopo dieci minuti tornò da Hunt, accaldata e affannata. Era dolorante dove era andata a sbattere contro qualche oggetto del laboratorio e le faceva male la testa dove aveva sbattuto contro un bancone. “È come cercare di prendere un topone! Quando si scaricano quelle stupide batterie?”

Hunt guardò l’orologio: “Un’altra mezzoretta, direi. Sempre che tu lo faccia correre.” Indicò sotto un bancone, dove la bestia aveva trovato un’altra presa elettrica. “Ma c’è un modo più facile di prenderlo.”

“Dimmelo.”

“Posa il martello e prendilo con le mani.”

“Tutto qui… con le mani?”

“Sì. Riconosce il pericolo soltanto nei suoi simili: in questo caso nel martello perché è di metallo. Ma non è programmato per percepire il protoplasma disarmato come una minaccia.”

Dirksen allora appoggiò il martello sul bancone e si avvicinò piano piano. La macchina non si mosse. Aveva smesso di fare le fusa e gli indicatori emanavano una pallida luce ambrata. Dirksen si chinò e provò a toccarlo: sentì una leggera vibrazione. Allora lo prese cautamente con tutte e due le mani. Le luci virarono al verde brillante e attraverso il confortevole tepore della pelle metallica si sentiva il quieto ronzio dei motori.

“E adesso che me ne faccio di questa stupida cosa?” chiese con un pizzico d’irritazione.

“Mettilo sul bancone a pancia all’aria. In quella posizione non può fare niente e lo puoi colpire con tutto comodo.”

“Uffa, ne ho abbastanza di antropomorfismi,” borbotto Dirksen, ma seguì i consigli di Hunt, decisa a farla finita una volta per tutte con quella storia.

Quando capovolse la macchina e l’appoggiò, le spie tornarono sul rosso. Le ruote girarono brevemente e poi si fermarono. Dirksen riprese il martello, gli fece percorrere un arco di cerchio e colpì la macchina indifesa: però di lato, danneggiando una delle ruote ma facendola ritornare nella posizione giusta. Si sentì il raschiare metallico della ruota rotta e la bestia, a scatti, cominciò a muoversi  in tondo. Poi si senti che qualche cosa all’interno si schiantava  e la macchina si fermò di nuovo. Le spie emanavano un chiarore triste.

Dirksen serrò le labbra e calò il martello per il colpo finale. In quel momento la bestia emise un suono, un grido tenue e lamentoso come un bambino piagnucoloso. Dirksen lasciò cadere il martello dalle mani e fece un balzo indietro, gli occhi fissi sulla pozza rosso sangue di lubrificante che si spandeva sul tavolo sotto la creatura. Guardò Hunt con orrore: “Ma è… è…”

“È soltanto una macchina,” disse Hunt, ora tutto serio. “Come queste, quelle che l’hanno preceduta nella sua storia evolutiva,” disse indicando le macchine appoggiate sugli scaffali del laboratorio, che sembravano osservarli mute e minacciose. “Ma a differenza di loro, può sentire l’avvicinarsi del suo fato e chiamare aiuto.”

“Spegnilo,” disse con voce sorda.

Hunt si avvicinò al bancone e trafficò intorno al piccolo interruttore. “Mi sa che l’hai incastrato.” Raccolse il martello dal pavimento, dove era caduto. “Ti va di dargli il colpo di grazia?”

Dirksen fece un passo indietro, scuotendo la testa. Hunt calò il martello. “Non potresti provare ad aggiustar…” Ci fu un breve schianto metallico. Dirksen sobbalzò e distolse lo sguardo. Il lamento cessò. Risalirono le scale in silenzio.

* * *

Non siamo di fronte a un capolavoro, direi. Però, c’è molta abilità artigianale nella costruzione del testo. Questo è il motivo per cui ho voluto tradurlo da solo (non che Longo abbia fatto un cattivo lavoro, ma è certo stato meno severo e meno attento di me nel seguire gli equilibrismi sottilmente calcolati da Miedaner). Tutto l’episodio è giocato sull’ambiguità della BESTIA MOD. 3. Sulla continua ambiguità di parlarne, a volte nella stessa frase, come di un macchina o come di un animale.

Per me il gioco è abbastanza trasparente: assumere la prospettiva intenzionale, attribuire cioè a qualcosa che c’è là fuori – e ha determinati comportamenti e le caratteristiche di un essere senziente dotato di credenze e obiettivi – è razionale e comporta un vantaggio evolutivo. Ne va letteralmente della pelle: meglio scambiare una roccia macchiettata per un leopardo nascosto (e prendersi una grande paura senza altre conseguenze), che scambiare un leopardo nascosto per una roccia macchiettata (#pitecantropostaisereno, ma non lo racconterai ai tuoi nipoti). Bersani docet.

Mi è più facile pensare che io sono una macchina come BESTIA MOD. 3 o come un astice, che non pensare che BESTIA MOD. 3 e l’astice siano esseri senzienti.

Ma questo lo sospettavate, no? E voi, che ne pensate?

Stanislaw Lem – La voce del padrone

Lem, Stanislaw (1968-2009). La voce del padrone (trad. Vera Verdiani). Torino: Bollati-Boringhieri. 2010. ISBN 9788833970301. Pagine 243. 11,99 €

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Non penso avrei letto questo romanzo di Stanislaw Lem – soprattutto dopo la delusione di L’indagine del tenente Gregory, che ho recensito qui – se non fosse stato per quel che ne ha scritto .mau. qui. Non che .mau. si debba ritenere responsabile di alcunché al riguardo, ma la sua recensione mi aveva incuriosito e non poco. Però proprio la frase che mi aveva convinto di più («Lem è etichettato come scrittore di fantascienza. Non sono mai riuscito a capire bene il perché: per quello che mi riguarda è uno scrittore, punto.») è quella che alla fine si è dimostrata meno vera, o comunque più deludente.

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Neil Gaiman – Don’t Panic

Gaiman, Neil (1988-2009). Don’t Panic. Douglas Adams & the Hitchhiker’s Guide to the Galaxy. London: Titan Books. 2009. ISBN: 9781848564961. Pagine 275. 11,49 €

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Non mi aspettavo che questa guida, più volte rimaneggiata, fosse da annoverare tra le opere meglio riuscite di Neil Gaiman, di cui ho parlato più volte su questo blog (soprattutto recensendo suoi romanzi, come qui, qui e qui). Mi aspettavo che fosse una guida, informata e piena di curiosità, con qualche chicca introvabile altrove e con qualche zampata qui e là del Gaiman grande scrittore.

Il libro è tutto questo e perciò non può mancare nella biblioteca di ogni fan serio di The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy (non mi dite, per favore, che qualcuno di voi non conosce almeno i libri).

Il libro l’ho letto su carta, e mi è anche caduto nella vasca da bagno perché mi sono abbioccato mentre lo leggevo (sono abbastanza previdente da non portare il Kindle o l’iPad nella vasca). Quindi, niente citazioni.

Una sola, anzi, perché sono buono:

The book has been written by Eoin* Colfer, an Irish writer […]
* Pronounced “Owen”, so stop making that noise like cars flashing past you at a Grand Prix.

Ancora su Milano violenta e sul framing

La vicenda cui avevamo accennato in un post del 26 febbraio 2013 (Il framing spiegato al popolo) ha avuto ulteriori, e in parte sorprendenti sviluppi.

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Proviamo a seguirla su uno dei quotidiani più colpevolisti, Il giorno, per vedere come i fatti (e fattoidi) vengono via via inquadrati. Presenterò il testo degli articoli (tagliando qui e là – lo so, anche questo è framing) e mi permetterò qualche commento (tra parentesi quadra e in corsivo) per attirare la vostra attenzione su alcuni punti.

Tassista aggredito a bottigliate in testa: finisce in coma per la precedenza

Un pedone ha colpito a bottigliate il tassista Alfredo F., 68 anni. Il diverbio è nato per questioni di precedenza all’incrocio fra via Morgagni e piazzale Bacone. L’anziano ha battuto la testa su un’altra automobile parcheggiata. Aggressori in fuga.

Milano, 23 febbraio 2014 – Tassista aggredito in via Morgagni con una bottigliata, è finito in coma al Niguarda. E’ il drammatico epilogo di un litigio avvenuto in serata in zona Lima. L’uomo, 62 anni, cadendo  ha subito un forte trauma al capo, riportando una ferita tanto grave da ridurlo in coma. Alfredo F., questo il suo nome, era sceso dal veicolo per un diverbio con una coppia di passaggio.
[Vi faccio notare che fino a qui non si dice che la coppia era a piedi]

Il motivo che ha fatto scattare il litigio con un uomo e la sua compagna, incinta, riguarderebbe una questione di precedenza. [Parlare di questione di precedenza è più neutro che parlare di mancato rispetto delle strisce pedonali] Qualche parola di troppo ed ecco che l’uomo avrebbe iniziato a colpire la carrozzeria del taxi con dei pugni. A quel punto Alfredo P. sarebbe sceso dall’auto bianca. A quel punto il passante avrebbe lanciato una confezione di bottiglie di acqua sul capo del tassista.

Alfredo F. avrebbe quindi perso l’equilibrio, rovinando su un’automobile parcheggiata lì accanto. L’urto è stato così forte da mandarlo in coma. Alla scena hanno assistito diversi testimoni, ma i due pedoni sono riusciti a dileguarsi. Sul posto sono arrivati la polizia e un’ambulanza che ha trasportato il 62enne in coma all’ospedale Niguarda. […]

[Attenzione: in questa ricostruzione non si dice che Alfredo è stato colpito dalle bottiglie, ma soltanto che l’aggressore le ha lanciate; si dice inoltre che Alfredo ha perso l’equilibrio, e che è stato l’urto nella caduta a mandarlo in coma]

* * *

Il lunedì Il giorno ha 2 articoli sulla vicenda. Il primo, firmato da Daniele Monaco, racconta la veglia dei colleghi a Niguarda. Evidentemente “l’aggressore” – ancora senza nome – non era ancora stato fermato. È soprattutto un pezzo di colore, ma dei passaggi meritano attenzione.

Tassista in coma, rabbia e preghiere: “Coraggio Aquila, devi farcela”

Veglia in ospedale di amici e parenti di Alfredo Famoso, tassista aggredito a bottigliate in via Morgagni. “Ogni volta il turno di notte mette ansia a noi e ai nostri familiari” “Sono incinta di nove mesi, sto male”, avrebbe detto la compagna dell’uomo prima di fuggire
di Daniele Monaco

Milano, 24 febbraio 2014 – Aquila 7: è la sigla con cui Alfredo Famoso, il tassista di 68 anni aggredito a bottigliate la scorsa notte in via Morgagni angolo Bacone, è conosciuto fra i colleghi del Radio Taxi. Dopo 30 anni di servizio Aquila 7 ha incrociato le persone sbagliate […]
[3 cose. 1. Dimenticavo di dirvi che tutti i grassetti sono negli articoli originali e, tecnicamente, urlano le parole su cui il giornale vuole che fermiamo la nostra attenzione. 2. Adesso Il Giorno, a differenza del giorno prima, non ha più dubbi: il tassista è stato “aggredito a bottigliate”. 3. “Aquila 7 ha incrociato le persone sbagliate”: il giornalista sognava di scriverlo da quando l’ha sentito dire da Clint Eastwood].

[…] «Se tirano dei pugni sulla carrozzeria quanto meno scendi per vedere se te l’hanno danneggiata, non certo per raccogliere la provocazione». [Questa è la frase di un collega, non di un testimone]

[…] c’è stato subito dopo l’incrocio fatale con la coppia a piedi. A quel punto il diverbio, le bottigliate e la fuga.«Sono incinta di nove mesi, sto male», avrebbe detto la compagna dell’uomo, prima che i due si dileguassero. Famoso, colpito da una confezione di quattro bottigliette di plastica piene lanciate dall’uomo, ha perso l’equilibrio, sbattendo prima il volto contro la jeep e poi rovinando malamente a terra.
[Anche qui, vi prego di notare 2 cose: 1. gli aggressori che si dileguano, verbo non certo neutro, forse con una scusa; 2. Famoso adesso viene colpito certamente, e non da 1, ma da 4 bottiglie].

«[…]  una persona rischia di morire solo per la reazione spropositata di un pedone a causa di una piccolissima questione».
[la dichiarazione è  di Pietro Pinto, vicepresidente del Radio Taxi, ma il giudizio di valore che l’articolo trasmette al lettore è chiarissima: la questione è piccolissima, la reazione spropositata]

* * *

Ma l’aggressore viene alla fine catturato. Per Il Giorno non è ancora il mostro, ma siamo sulla strada giusta. Come vedremo, gli dà un mano anche il Sindaco Pisapia.

Tassista in coma dopo lite per la precedenza, l’aggressore accusato di tentato omicidio: “Sono dispiaciuto”

La vita di Alfredo Famoso, operato al Niguarda, è appesa a un filo. Il figlio: “Papà è morto, pregate per lui”. L’aggressore: “Sono dispiaciuto”. Gli inquirenti: “Ma non è Hannibal Lecter”. Pisapia in visita: “Aggressione tremenda e vergognosa”.

Milano, 24 febbraio 2014 – […] “Sono dispiaciuto”: così ha detto D.G.R., l’uomo sottoposto a fermo dalla polizia con l’accusa di tentato omicidio per aver colpito Famoso a bottigliate. D.G.R., 48 anni, nel primo pomeriggio è stato condotto in Questura dove è stato interrogato. […]. In ospedale si è presentato il sindaco Giuliano Pisapia che ha parlato di “aggressione tremenda e vergognosa”.
[Per il momento l’aggressore è protetto dall’anonimato…].

L’AGGRESSORE – “Sono dispiaciuto”: ha detto cosi’ D.G.R., 48 anni, l’uomo fermato per il litigio che domenica sera ha spedito in coma il tassista Alfredo Famoso, quando gli agenti della Questura lo hanno individuato nel pomeriggio. Gli agenti lo hanno prelevato dal suo appartamento di via Plinio. Abita in zona e domenica sera era in compagnia della compagna (incinta all’ottavo mese). È un consulente informatico e già padre di due figli avuti con donne diverse da quella, incinta, con la quale si trovava. Ha precedenti per lesioni. “Non si tratta di un Hannibal Lecter, questa è una vicenda drammatica che nasce da motivi futili” dicono gli investigatori, sottolineando come l’uomo sia un individuo ordinario, che sul momento potrebbe non avere colto appieno la gravità dell’accaduto.
[…protetto dall’anonimato, ma forse un poco di buono? 3 figli con 3 donne diverse? precedenti per lesioni?].

LA RICOSTRUZIONE – Le indagini sono condotte dalla polizia e coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dal pm Maria Teresa Latella. La lite sarebbe nata per una precedenza data in ritardo: la coppia stava attraversando la strada dopo aver fatto la spesa e si sarebbe lamentata della brusca frenata del tassista. L’uomo che stava per attraversare la strada in via Morgagni assieme alla nuova compagna incinta ha scagliato una confezione con quattro o sei bottiglie d’acqua contro il taxi che, a suo dire, non aveva rispettato la precedenza delle strisce pedonali. La confezione ha colpito lo specchietto del taxi e il tassista è sceso per controllare i danni. C’è stato poi uno scambio di invettive.
[Quindi, niente più pugni sulla carrozzeria? La confezione ha colpito lo specchietto durante il quasi-incidente sulle strisce o è stata scagliata dall’aggressore? 4 o 6 bottiglie? fa differenza, perché la forza necessaria a scagliare 9 kg è tanta: il peso della disciplina atletica del getto del peso è una sfera di 7,260 kg].

A quel punto, l’aggressore ha scagliato la confezione contro il volto del tassista e poi, ma questo è ancora da accertare, probabilmente avrebbe colpito ancora alla testa il tassista con una bottiglia. Famoso, cadendo, ha battuto la testa prima su una ruota di scorta di un suv e poi a terra. Dopo l’aggressione D.G.R. avrebbe fornito domicilio e numero di telefono a un maresciallo della Finanza che ha assistito per caso alla scena.
[«…ma questo è ancora da accertare, probabilmente…»: difficile abbandonare una versione cui ci si è affezionati].

L’uomo si sarebbe allontanato dopo diversi minuti – e dopo aver consegnato le proprie generalità ai testimoni – su pressione della donna: pare che entrambi fossero convinti che il tassista non fosse in condizioni così gravi. “Accompagno mia moglie e torno”, avrebbe detto l’uomo. Ma in un secondo momento sarebbe emerso però che cellulare e domicilio forniti non corrispondevano ai suoi e in questo modo si sarebbe reso irreperibile.

In seguito D.G.R. è stato rintracciato grazie al maresciallo della Finanza che lo ha riconosciuto da una foto.
[Lo stesso maresciallo cui aveva fornito domicilio e numero di telefono?]

[…]

IL SINDACO – Al Niguarda si è presentato per una visita anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che è rimasto alcuni minuti con i parenti, in particolare con un fratello di Famoso, a cui ha chiesto notizie. “Sono stato a fare visita al tassista che ha subito questa aggressione tremenda e vergognosa – ha detto Pisapia – per esprimere la vicinanza anche a nome dei cittadini alla famiglia della vittima”. Il sindaco ha spiegato “che questo è il momento di dimostrare la solidarietà e la partecipazione al dolore dei cittadini“. […].

* * *

Siamo a martedì 25. Agnese Pini ci racconta «la dura caccia all’aggressore»: in tutta serietà, apparentemente.

Tassista in coma, la dura caccia all’aggressore: porta a porta con un fotogramma in mano

Corso Buenos Aires, via Morgagni, piazzale Bacone e Lavater al setaccio: case, bar, negozi. L’uomo trovato ancora insieme alla donna sul luogo in cui aveva colpito il tassista Alfredo Famoso.

Milano, 25 febbraio 2014 – Ci hanno messo diciotto ore per trovarlo. In mano i fotogrammi delle telecamere di sorveglianza di via Morgagni, il racconto dei testimoni, un biglietto con un numero di telefono che lui stesso aveva lasciato a chi gli chiedeva di restare, promettendo: «Torno subito». Col risultato che nessuno l’aveva più visto e che a quel numero lui non aveva mai risposto.
[Ma come? Non l’aveva trovato il maresciallo della finanza?]

Davide Girolamo Righi, 48 anni e origini siciliane,abitava a un paio di isolati di distanza dalla strada in cui la sera di domenica il tassista Alfredo Famoso ha chiuso gli occhi un’ultima volta: in coma, con la nuca spaccata dopo aver urtato violentemente la ruota di scorta di un suv e infine l’asfalto. Un istante prima, Righi lo aveva colpito in faccia con un cartone da quattro bottiglie di acqua minerale.
[Eccolo qui, nome e cognome. Il mostro ha perso il diritto all’anonimato. Più sotto ci stampano anche l’indirizzo, via Plinio 16. Di origini siciliane: lo sapevo che non poteva essere un meneghino autentico! La confezione delle bottiglie è scesa alle più maneggevoli 4].

[…].

Diciotto ore: dalle 20,30 di domenica alle 14,30 di ieri. Fin dalla mattina, i poliziotti hanno passato al setaccio il quartiere alle spalle di corso Buenos Aires: via Morgagni, piazzale Bacone, piazzale Lavater. Di bottega in bottega, di bar in bar, di chiosco in chiosco. In mano i fotogrammi delle telecamere di sorveglianza su via Morgagni, all’altezza del civico 40, lì dove si è consumato il dramma.

Nelle immagini, anche il volto di un uomo che i testimoni riconoscono come lo stesso delle bottigliate, della lite assurdamente violenta. Domenica sera c’era anche una donna con lui, la sua compagna di una decina d’anni più giovane, in grembo un bambino in attesa di nascereRighi, di professione consulente informatico e una denuncia per lesioni che risale al 1985, ha altri due figli avuti da precedenti relazioni.
[Un altro secchiello di fango: la donna, la compagna ha una decina d’anni meno di lui, il padre seriale al terzo figlio con la terza donna diversa… e anche un violento, con una denuncia per lesioni nel 1985. Un momento, una denuncia o una condanna? Perché sono passati 29 anni da quando il 19nne Righi è stato denunciato; forse persina la lenta giustizia italiana ha emesso una sentenza definitiva].

[…] Righi e la sua convivente vengono trovati pochi minuti dopo, ancora una volta insieme e ancora una volta in via Morgagni, a pochi metri di distanza dall’incrocio della tragedia, sulle strisce pedonali davanti al ristorante Alba d’Oro: lì dove Famoso non aveva dato la precedenza alla coppia di ritorno dal supermercato, lì dove Righi in uno scatto di nervosismo aveva scagliato sullo specchietto della Toyota Prius del tassista il cartone con le bottiglie d’acqua. Famoso era sceso, voleva chiarire. E la fine di quel litigio quasi banale è ormai cronaca.
[Ennesima ricostruzione, con qualche piccola differenza].

Quando le volanti della polizia hanno affiancato la coppia, lui non ha fatto una piega. È salito sulla macchina degli agenti con la compagna, da lì sono andati nel loro appartamento, dove in cucina c’erano ancora le bottiglie ammaccate. Un’ora dopo era già in questura, interrogato. «Mi dispiace, mi dispiace», ha ripetuto mentre la pm Maria Teresa Latella e il procuratore aggiunto Alberto Nobili formalizzavano il fermo per tentato omicidio.
[«lui non ha fatto una piega»: come un criminale incallito o come il palo della banda dell’Ortica? E il dettaglio delle bottiglie ammaccate in cucina? da Pulitzer]

* * *

Più tardi, sempre il martedì 25, viene dichiarata la morte cerebrale del tassista e l’accusa a Righi passa dal tentato omicidio all’omicidio.

Tassista morto, a Milano sarà lutto cittadino. Il figlio di Alfredo Famoso: “Mi sento in colpa, non l’ho protetto”

Il tassista aggredito a bottigliate è morto. Cambia l’accusa per l’aggressore, ora è di omicidio volontario con dolo eventuale. I testimoni: “Prima dell’aggressione lite verbale tra Famoso e Righi”

Milano, 25 febbraio 2014 – Tassista aggredito a Milano, è stata dichiarata alle 20 di martedì la morte cerebrale di Alfredo Famoso, al termine delle sei ore di osservazione. Il sindaco Pisapia ha annunciato che verrà istituito il lutto cittadino. L’uomo era stato aggredito due giorni prima in via Morgagni in seguito a un diverbio con un pedone per una questione di precedenza. Cambia così anche l’ipotesi di reato contestata a Davide Guglielmo Righi, che da tentato omicidio diventa di omicidio volontario con dolo eventuale. Il dolo eventuale è una formula giuridica per indicare, ad avviso degli inquirenti, il fatto che Righi, consulente informatico di 48 anni, abbia accettato il rischio di uccidere Famoso colpendolo al volto con le bottiglie, e quindi ha commesso un fatto da qualificare come un omicidio volontario e non come omicidio preterintenzionale.

[…]

IL SINDACO PISAPIA – Cordoglio del primo cittadino: “Purtroppo è successo quello che fino all’ultimo, anche quando le speranze erano minime, speravamo non accadesse. La morte di Alfredo Famoso è stata provocata da un gesto assurdo e terribile. Nessuna ragione può spiegare tale comportamento”. Lo afferma il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. ”Ora è il momento di stringerci attorno alla famiglia di Alfredo. Milano oggi prova un immenso dolore e come sindaco ho deciso che nella nostra città ci sarà lutto cittadino, concorderemo la data insieme alla famiglia”.
[Solo per commentare che Pisapia ha perso una bella occasione per tacere: non spetta a lui ma alla magistratura stabilire se «la morte di Alfredo Famoso è stata provocata da un gesto assurdo e terribile» e se qualche «ragione può spiegare tale comportamento». E pensare che stiamo parlando di un avvocato penalista figlio del padre del codice di procedura penale del 1989].

PM: AGGRESSORE ACCETTATO POSSIBILITA’ DI UCCIDERE – Secondo quanto sostenuto dalla Procura di Milano, Davide Guglielmo Righi (l’uomo fermato ieri con l’accusa di tentato omicidio per aver aggredito il tassista milanese Alfredo Famoso) avrebbe accettato il rischio e la possibilità di uccidere quando ha scagliato la confezione di bottiglie d’acqua contro il volto di Famoso. In sostanza, stando a quanto si è saputo in relazione all’imputazione formulata dalla Procura di Milano, i pm contestano a Righi la volontarietà dell’aggressione nella forma giuridica del cosiddetto dolo eventuale, ossia l’accettazione del rischio e della possibilità ‘’che l’evento si verifichi’’. Righi dovrebbe essere interrogato domani dal gip di Milano che dovrà decidere sulla convalida del fermo e sulla misura cautelare.

TESTIMONI: LITE PRIMA DELL’AGGRESSIONE – Alcuni testimoni (la zona è molto frequentata e l’episodio è avvenuto davanti a un ristorante) sentiti dagli investigatori, e che si trovavano in macchina in via Morgagni, hanno raccontato di aver sentito una lite verbale tra Righi e Famoso con uno scambio di invettive prima dell’aggressione. I primi testimoni ascoltati dagli investigatori hanno spiegato che dopo che l’uomo ha lanciato la confezione di bottiglie d’acqua contro il taxi, che, a suo dire, non aveva rispettato la precedenza delle strisce pedonali, il tassista è sceso e ne è nata una lite tra i due. Poi l’aggressione culminata nel lancio della confezione contro il volto di Famoso.

IL NUMERO DI TELEFONO – Secondo i pm l’uomo, dopo l’aggressione, si è reso irreperibile e non rintracciabile perché è vero che ha fornito un numero di telefono a un maresciallo della Gdf presente sul luogo dell’aggressione, ma a quel numero non ha mai risposto e l’utenza del cellulare dava come indicazione un’abitazione dove lui non risiedeva più. La difesa del fermato è rappresentata dall’avvocato del Foro di Milano, Margherita Rossi, la quale contattata al telefono ha risposto: “non ho nulla da dire”.
[Neppure io ho molto da dire: aspettiamo di vedere]

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Il Giorno invece dubbi non ne ha più, incoraggiato anche da Pisapia: Righi è un mostro. L’autrice è Anna Giorgi.

Tassista morto a Milano: “Era a terra, ma lui se ne è andato come nulla fosse”

A parlare è uno dei testimoni. Non era lì nell’istante esatto dell’aggressione, ma è uscito dal ristorante «Alba d’Oro», al 40 di via Morgagni, qualche secondo dopo, quando Righi e la compagna se ne stavano andando: “Colpito dalla sua freddezza”. Depositati fiori sul luogo della morte del tassista.

Milano, 26 febbraio 2014 – «C’è una cosa che mi ha colpito di quel giovane che aveva appena litigato con il tassista e lo aveva aggredito con violenza, in uno scatto d’ira. Quando la vittima era già a terra, priva di sensi, ed era chiaro che le sue condizioni fossero gravi, lui e la compagna se ne sono andati con i sacchetti della spesa. Come se nulla fosse successo. Si sono allontanati ostentando quasi tranquillità. Quella freddezza mi ha sorpreso». A parlare è uno dei testimoni. Non era lì nell’istante esatto dell’aggressione, ma è uscito dal ristorante «Alba d’Oro», al 40 di via Morgagni, qualche secondo dopo, quando Righi e la compagna se ne stavano andando.
[Se non c’era, non è un testimone!]

«Ho sentito gridare, scambi di insulti pesanti, io e altri abbiamo guardato dalle vetrate del ristorante e siamo usciti. Proprio qui, a pochi metri, davanti alla porta c’era il tassista già a terra. E c’era un ragazzo molto giovane con la fidanzata, il principale testimone che aveva appena chiamato i soccorsi. Avevano assistito a tutta la lite e aspettavano i poliziotti. Da quel momento il piazzale si è riempito di gente e le volanti si sono messe subito alla ricerca dell’aggressore con il pizzetto, che non doveva abitare lontano». Da quella sera, cinque testimoni si sono presentati spontaneamente in questura a raccontare quanto avevano visto; determinante una signora, un medico che stava dietro il taxi di Famoso e ha potuto aiutare gli investigatori a ricostruire nei particolari l’accaduto, dall’inizio della lite. Tutte le versioni dei testimoni concordano sullo scambio di insulti e poi sullo scatto di Righi contro Famoso. Anche se i dettagli ormai, a questo punto della storia, non cambiano di una virgola la tragedia. Alfredo Famoso è morto. Era clinicamente morto già nella notte tra domenica e lunedì. Cambia solo il peso della responsabilità di Davide Guglielmo Righi, 48 anni e un figlio, il terzo, in arrivo dalla compagna 37enne.
[I dettagli, invece, cambiano tutto della tragedia, come vedremo].

Consulente per grosse aziende informatiche, banche e assicurazioni e un passato in Olivetti e Ibm. Righi, dopo l’incidente, invece di restare lì, aiutare il tassista e chiamare i soccorsi, è tornato a casa, ha dato un numero di cellulare sbagliato e ha fornito l’indirizzo di una casa in cui non abita più da anni. Ha cercato di depistare. Pensando forse a una normalità possibile dopo una tragedia simile. Se lunedì è stato fermato con l’accusa di tentato omicidio, la sua posizione si è aggravata con le ore. Ieri sera l’ipotesi di reato era: omicidio volontario con dolo eventuale, «perché – dice il pm – lui ha accettato il rischio di uccidere». Stamattina, assistito dall’avvocato Margherita Rossi, sarà interrogato a San Vittore dal gip Gianfranco Criscione che dovrà decidere sulla convalida del fermo, disposto dal pm Maria Teresa Latella e dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e sull’eventuale misura cautelare da adottare nei suoi confronti. I pm hanno chiesto che rimanga in carcere.

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Giovedì 27 Righi viene interrogato a San Vittore dal GIP Gianfranco Criscione, e cerca di discolparsi. Ma per Marinella Rossi de Il Giorno è facile rintuzzare punto per punto.

Tassista morto, la difesa di Righi: “Io non ho colpito il taxi. Famoso era ostile, aggressivo”

Si aspetta la decisione del gip sulla lite di via Morgagni in cui ha trovato la morte il tassista Alfredo Famoso. Per la Procura è omicidio. L’avvocato dell’informatico chiede il preterintenzionale.

Milano, 27 febbraio 2014 – Era aggressivo, era ostile. E lui sarà pure scattato, lui ha certo fatto una sciocchezza, ma non lo voleva uccidere. E quell’arma ridicola e letale, quella confezione di quattro bottiglie d’acqua minerale, tirata in facciaad Aquila 7, al tassista Alfredo Famoso, anni 68, diventa, quasi, il centro dei distinguo: «Non ho colpito io il taxi con le bottiglie, è lui che, correndo e inchiodando sulle strisce pedonali, le ha urtate».
[A me non sembra un distinguo: a me sembra una bella differenza]

Solo che poi, quando Aquila 7 scende, «aggressivo, ostile», le bottiglie tornano utili, per colpirlo in piena faccia, e farlo finire, con uno squarcio irrimediabile e netto alla nuca, contro la ruota di scorta di un suv parcheggiato. Ed è la fine dell’Aquila, macchine staccate alle 14 dell’altro ieri, morte cerebrale dichiarata da protocollo 6 ore dopo.

Questioni di precedenza, isterie metropolitane, crescendo di intolleranze. Cose di tutti i giorni. Fino a un destino che fino a qualche attimo prima era impensabile e che d’un tratto un dio realizza, e fissa il cambio di rotta: la morte di un uomo, il carcere a un altro.
[Mmmhh, «un destino che … d’un tratto un dio realizza». Lotta all’ultimo sangue per il Pulitzer nella redazione milanese de Il Giorno]

Ieri il consulente informatico Davide Righi, 48 anni, si è difeso così, davanti al giudice delle indagini preliminari Gianfranco Criscione, che lo ha sentito a San Vittore per valutare se convalidare il fermo, disposto dalla Procura (il procuratore aggiunto Alberto Nobili e il sostituto Maria Teresa Latella), e se confermare lo stato di detenzione in carcere.

Righi racconta di quel momento, domenica sera, intorno alle otto e mezzo, in cui in via Morgagni attraversa le strisce pedonali, borse della spesa da una parte, la compagna incinta all’ottavo mese dall’altra. E racconta del passaggio incurante del tassista, sulle strisce.

La precedenza negata, l’auto che inchioda, le bottiglie d’acqua che urtano (o tirate rabbiosamente contro l’auto?). Famoso scende, la lite, il tremendo colpo. Basterà per scrollarsi di dosso l’accusa dura che la Procura gli rivolge? Omicidio volontario, dolo eventuale: Righi ha accettato, con la sua aggressione, il rischio di uccidere. E l’evento si è avverato. E poi c’è il carcere, su cui i pm non fanno sconti.

La scelta è nelle mani del giudice Criscione, che ieri si è preso la giornata per riflettere. Depositerà il provvedimento oggi, da cui potrà scaturire una conferma secca della ricostruzione della Procura, o un avallo al fermo, ma con la modifica del titolo di reato, da più, a meno grave. E poi il giudice dovrà decidere sul carcere, se Righi là deve stare, dati i magheggi per non farsi rintracciare, dato che ha abbandonato il campo dove scorreva il sangue di Aquila 7, e con una certa freddezza.

Il suo avvocato, Margherita Rossi, chiede la scarcerazione, dice che l’accusa va derubricata, da omicidio volontario a preterintenzionale. E il giudice non sarà aiutato nella sua decisione da esiti netti di un’autopsia (importanti per capire se la lesione più significativa sia stata causata dal colpo dato con le bottiglie), perché l’incarico sarà conferito dai pm solo domani. Domani, che è anche il giorno in cui in via Morgagni la gente del quartiere, e amici e colleghi di Famoso si raduneranno, in silenzio, per ricordarlo.

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E invece arrivano sia la derubricazione del reato a omicidio preterintenzionale, sia la scarcerazione. Il Giorno si rassegna, ma non rinuncia a lanciare qualche residuo schizzo di fango sullo sventurato Righi. Firmano insieme Anna Giorgi e Agnese Pini.

Tassista morto, l’aggressore diventa papà. Accusato di omicidio, pensa alla bambina: “Come sta mia figlia?”

Davide Guglielmo Righi è stato scarcerato dopo 3 giorni: l’imputazione è di omicidio preterintenzionale e non di omicidio volontario.

Milano, 28 febbraio 2014 – L’uscita dal carcere, la consapevolezza più piena di quanto accaduto e delle sue conseguenze. E poi la nascita della sua bambina, venuta al mondo ieri mattina nella clinica San Giuseppe. E adesso una vita da ricostruire per Davide Guglielmo Righi. Così ieri pomeriggio,appena tornato nella sua casa al 16 di via Plinio dopo tre giorni passati in carcere, le parole gli escono a stento. «Sono molto provato e costernato. Sto pensando a mia figlia, alla mia compagna Francesca. E poi penso molto anche a quei minuti, alla tragedia e alla famiglia Famoso». Righi, il consulente informatico di 48 anni finito in carcere dopo l’aggressione mortale al tassista Alfredo Famoso avvenuta domenica sera in via Morgagni, da ieri è ai domiciliari nella casa in cui abita la madre della sua compagna. Non ha ricevuto visite, se non quella del suo avvocato Isabella Giuffrida, uscita dall’appartamento intorno alle 19.30 dopo un lungo colloquio. Mercoledì, prima che cominciasse l’interrogatorio davanti al gip Gianfranco Criscione, Righi aveva chiesto subito della sua compagna: «Come sta Francesca, come sta la bambina?».
[Ma se non ha ricevuto visite, come possono sapere le nostre valorose giornaliste che le parole gli uscivano a stento? E come giustificano la dichiarazione tra virgolette?]

La piccola, la sua terza figlia, era nata proprio nel momento in cui lui si presentava davanti ai giudici. Giornata di emozioni intense, quella di ieri. Trascorsa a ripercorrere istante dopo istante la tragedia di via Morgagni con un occhio diverso dalla sera in cui la rabbia gli aveva impedito di ragionare, di tornare indietro come aveva promesso subito dopo aver colpito con un cartone di acqua minerale la faccia di Famoso. Sentimenti di angoscia misti alla gioia per la nascita della piccola. Una felicità soffocata dalla tragedia. Il gip Criscione ha stabilito ieri che l’imputazione per l’aggressore è omicidio preterintenzionale e non omicidio volontario con formula del dolo eventuale come richiesto dal pm Maria Grazia Latella. Oggi ci sarà l’incarico per l’autopsia al corpo del tassista. I risultati saranno importanti per confermare i dettagli della morte e ricostruire la dinamica. A ripercorrere i vecchi guai con la giustizia di Righi ci sono due denunce. Una che risale al 1985 per lesioni e un’altra del 7 maggio 2008. In quell’occasione gli era stata applicata la pena, poi sospesa, di 10 mesi e 20 giorni di reclusione per furto, ingiuria e molestia-disturbo alle persone. Colpe frutto dei forti dissidi che avevano caratterizzato la separazione dalla ex moglie.
[Tra le righe: quindi, come avevamo sospettato, per la denuncia del 1985 non era stato condannato. Naturalmente, Maria Grazia Latella si chiama in realtà Maria Teresa: e dire che ci si sono messe in due, per fare fact checking, evidentemente]

Il Giorno, tra l’altro, riesce a non informare i suoi lettori che il GIP, oltre a stabilire che l’imputazione per l’aggressore è omicidio preterintenzionale e non omicidio volontario con formula del dolo eventuale, gli ha anche riconosciuto l’attenuante della provocazione. Per fortuna c’è l’ANSA a riportare la notizia correttamente.

Tassista ucciso: scarcerato aggressore, ai domiciliari

Va ai domiciliari. Gip, omicidio preterintenzionale, attenuante provocazione

27 febbraio. 11:13. MILANO – Davide Guglielmo Righi, l’ aggressore del tassista Alfredo Famoso, morto martedì scorso dopo due giorni di coma, passa dal carcere ai domiciliari. Lo ha deciso il gip di Milano Gianfranco Criscione che ha derubricato il reato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, riconoscendo a Righi l’attenuante della provocazione.
La Procura di Milano aveva chiesto che Righi, consulente informatico di 48 anni, rimanesse in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ossia l’accettazione della possibilità e del rischio di uccidere. La difesa, invece, rappresentata dall’avvocato Margherita Rossi, aveva chiesto la derubricazione in omicidio preterintenzionale e la scarcerazione, tesi accolta dal giudice.
Nell’interrogatorio di ieri davanti al gip, Righi ha sostenuto, tra le altre cose, che quando il tassista è sceso dalla macchina dopo non aver rispettato la precedenza delle strisce pedonali, ha avuto un atteggiamento aggressivo nei suoi confronti. Il giudice ha riconosciuto all’indagato l’attenuante della provocazione.