Negazionismo Eurispes

Su molti quotidiani ha spicco la notizia che il 15,6% degli italiani (di almeno 18 anni, quasi 6 milioni di persone) ritiene che la Shoah (l’olocausto, lo sterminio degli ebrei per mano nazista) non sia mai avvenuta.

Sarebbe un dato preoccupante se fosse vero.Ma io non sono in grado di saperlo – e come me non sono in grado di saperlo neppure i ‘giornalisti’ che l’hanno riportata.

Spiego perché. La fonte della notizia è il 32° Rapporto Italia dell’Eurispes (un centro studi privato), presentato ieri per inviti nell’aula magna dell’università La Sapienza di Roma, che ha una capienza di poco più di 900 posti. Il Rapporto non è ancora disponibile sul sito di Eurispes. Quindi, chi ha dato la notizia ha riportato quanto ha sentito dire da chi ha presentato il Rapporto o, nella migliore delle ipotesi, quanto ha letto nella cartella stampa. Io, privato cittadino che non era presente all’evento, non sono nella condizione di poter verificare con esattezza né il modo in cui è presentata la notizia nel Rapporto, né la metodologia con cui è stata prodotta quella stima.

Però qualcosa so e lo posso dire. Alla base del Rapporto Eurispes c’è un’indagine campionaria. Le note metodologiche pubblicate dall’istituto per i precedenti Rapporti sono estremamente sintetiche (mezza paginetta, per capirci): si tratta di interviste ‘face to face’ (cioè con intervistatore) su quesiti a risposta chiusa (o semichiusa) su un campione rappresentativo per sesso, 5 classi d’età (18-24 25-34 35-44 45-64 65-oltre) e 5 ripartizioni geografiche (Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole). Per il 31° Rapporto, quello dell’anno scorso, i questionari analizzati erano stati 1.132.

Giusto per dare un’idea della dimensione del campione, le rilevazioni Istat dell’area sociale (quelle che affrontano temi analoghi a quelli trattati dall’Eurispes) hanno tipicamente un campione di 25-29.000 famiglie e circa 70.000 individui. Non occorre essere laureati in statistica per capire che l’affidabilità dei risultati è molto diversa!

Conclusioni che ne traggo (del tutto personali, s’intende, e basate su informazioni limitate):

  • il dato è preoccupante, ma forse non è attendibile (non c’è modo di valutarlo);
  • un istituto di ricerca privato riceve un sacco di pubblicità gratuita (nella meno sospettosa delle ipotesi);
  • i ‘giornalisti’ fanno il loro mestiere in modo dilettantistico e deontologicamente inadeguato (a dir poco);
  • l’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) non attua il Regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa (Delibera n. 256/10/CSP) che prevede “l’obbligo per il mezzo di comunicazione di massa di accompagnare la pubblicazione o diffusione di un sondaggio con la nota informativa indicante alcune informazioni essenziali, quali il soggetto realizzatore e quello committente, la consistenza numerica e l’estensione territoriale del campione utilizzato, il numero di coloro che non hanno risposto.” (ma è noto tra gli addetti ai lavori che questa norma prevede già al suo interno l’escamotage per disattenderla).
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Non ne posso più dei partitini

Una delle frasi di Marx citate più spesso e più a sproposito è l’affermazione che nella storia tutto accade due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa.

Una boutade, naturalmente, e nemmeno una delle migliori, perché Marx sapeva fare della satira esilarante, come sa chi ha letto qualcuna delle sue opere polemiche, come La sacra famiglia o L’ideologia tedesca. La frase compare proprio all’inizio de Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (che nel suo complesso non è una delle sue opere più illuminate o illuminanti) e il bersaglio è Napoleone III (la farsa) confrontato con Napoleone Bonaparte (la tragedia). Letteralmente:

Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa.

Dovrebbe essere chiaro a tutti che, al di là della verve polemica e della trovata letteraria, il valore di verità della frase è pressoché nullo (fa il paio con il tormentone gramsciano del pessimismo della ragione e dell’ottimismo della volontà, di cui ho già parlato su questo blog in una diversa occasione). Per di più, una nota e bellissima poesia di Wisława Szymborska ci ha ricordato una volta per tutte che nulla accade due volte (anche di questa ho già parlato, qui):

Nulla due volte accade
né accadrà. Per tal ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Eppure…

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Democracy Index 2018: l’Italia perde 12 posizioni

Ieri, 9 gennaio 2019, l’Economist (o meglio l’Economist Intelligence Unit, EIU, la divisione di ricerca e analisi del gruppo che pubblica il settimanale) ha pubblicato l’edizione 2018 dell’annuale Democracy Index (Political participation, protest and democracy).

Non sono un tifoso delle classifiche, e sono perfettamente consapevole dei limiti in cui si incorre nella costruzione di indicatori compositi e complessi, essendo stato un operatore della statistica pubblica per quasi 25 anni. Il lavoro dell’EIU, se non altro, ha il merito di rendere pubbliche le sue metodologie: il relativo capitolo occupa 17 pagine delle 62 di cui si compone il rapporto.

Un punto su cui vorrei si riflettesse è che – per quanto affetti da errore possano essere le singole valutazione e i procedimenti di sintesi – la caduta di 12 posizioni è troppo grande per essere sottovalutata o passata sotto silenzio. Un secondo punto riguarda l’autorevolezza e la visibilità della fonte: non ci si può permettere di liquidare con un’alzata di spalle il giudizio qui formulato. Siate pur sicuri che qualcuno là fuori (i famigerati mercati, Soros, Bilderberg, la Trilateral, la Spectre…) ne prenderà nota e prenderà le sue decisioni tenendo conto anche di questo elemento.

La classifica stilata dall’EIU anno dopo anno è piuttosto stabile. Le prime e le ultime posizioni non sono cambiate di molto rispetto allo scorso anno. Ma nella parte centrale della classifica c’è stato un certo movimento. I due paesi che hanno perso più posizioni (17) sono entrambi nell’America centro-meridionale, Nicaragua e Venezuela. Ma se ho ben capito, noi siamo al terzo posto per entità della caduta: siamo precipitati più della Turchia (dieci posti persi) e della Russia (nove). Insomma, non siamo in compagni di fulgidi esempi di democrazia.

Secondo gli analisti dell’EIU, in Italia nelle elezioni parlamentari di marzo il venir meno della fiducia nelle forze politiche tradizionali ha prodotto una clamorosa vittoria per il Movimento 5 Stelle (M5S) e la Lega – il primo definito forza anti-establishment e la seconda forza euroscettica. La coalizione di governo che ne è scaturita ha assunto una posizione dura contro l’immigrazione. Siamo classificati tra le “democrazie imperfette” (e non tra le “democrazie piene”), ma almeno tra queste siamo in buona compagnia in Europa (le altre sono Portogallo, Francia, Belgio, Cipro e Grecia). La spiegazione del declino – secondo il rapporto, che ci accomuna in questa spiegazione all’Austria – è che l’incapacità dei grandi partiti tradizionali di affrontare le preoccupazioni e le insicurezze di fasce importanti della popolazione ha premiato le forze anti-sistema e che, a loro volta, le misure adottate dai nuovi governi hanno trascinato verso il basso i punteggi relativi a cultura politica, funzionamento del governo e libertà civili.

All’Italia sono dedicati un capoverso e un focus. Li riporto qui (parafrasati) nella mia traduzione:

In Italia, le elezioni parlamentari di marzo hanno visto la clamorosa vittoria del Movimento 5 Stelle (M5S), che ha conquistato il 33% dei voti, e della Lega, che si è assicurata il 17%. Il Partito Democratico (PD) di centro-sinistra, che era al governo, ha riportato una bruciante sconfitta. Le elezioni hanno messo in evidenza il malcontento popolare legato alla situazione economica e alle preoccupazioni per l’immigrazione. Dopo lunghi negoziati, a fine maggio le due forze vincitrici si sono accordate per formare una coalizione. Fin dalla formazione del governo, Matteo Salvini, leader della Lega, ministro dell’Interno e vice primo ministro, ha dominato l’agenda politica con la sua posizione dura contro l’immigrazione.

 

Il focus è intitolato “Il governo anti-sistema e la minaccia alle libertà civili”.

L’Italia ha sperimentato una caduta importante della sua posizione nella classifica complessiva del Democracy Index, scendendo al 33° posto, dal 21° del 2017. La profonda sfiducia nelle istituzioni politiche, compresi parlamento e partiti, ha alimentato il crescente sostegno a “uomini forti” e l’indebolimento della componente di “cultura politica” dell’indice. Questa disillusione è culminata nella formazione di un governo anti-sistema che include la Lega, partito xenofobo di estrema destra.

Il ministro dell’interno, vice primo ministro e leader della Lega, Matteo Salvini, ha spesso usato una retorica anti-straniera, ampiamente criticata dalle associazioni per i diritti umani. In qualità di ministro dell’interno, Salvini ha sostenuto lo sfratto di membri della minoranza Rom da case “occupate” in città come Roma e Torino nel mese di luglio, nonostante l’ordine emanato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. A settembre l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni unite, Michelle Bachelet, ha dichiarato di voler inviare osservatori dell’ONU in Italia per indagare sul crescente numero di attacchi contro i richiedenti asilo e la popolazione Rom.

Anche in materia di immigrazione il nuovo governo italiano ha adottato una linea più dura rispetto al precedente. In giugno e luglio il governo ha rifiutato di far attraccare navi che trasportavano migranti salvati in mare durante il viaggio verso l’Europa. Alla fine di agosto ha minacciato di trattenere il contributo al bilancio comunitario a meno che tutti i 150 migranti su una nave della guardia costiera italiana, l’Ubaldo Diciotti, in attesa del permesso di attracco nel porto di Catania, non fossero accolti da altri paesi dell’UE. A settembre la signora Bachelet ha dichiarato che la decisione del governo di rifiutare l’ingresso per il salvataggio delle navi che trasportano migranti ha avuto “gravi conseguenze per le persone più vulnerabili”.

Tutti questi aspetti contribuiscono ad aumentare il rischio di deterioramento delle libertà civili. Oltre a considerare esplicitamente la tutela dei diritti umani e la discriminazione, il Democracy Index tiene conto del fatto che il governo invoca nuove minacce come alibi per limitare le libertà civili. Alla fine di novembre il Parlamento italiano ha approvato il cosiddetto Decreto Sicurezza del governo, che potrebbe porre fine alla protezione umanitaria per circa centomila migranti. Il governo ha anche minacciato di sospendere la sua partecipazione a una missione internazionale volta a sostenere la guardia costiera libica se altri paesi membri dell’UE non accetteranno un maggior numero dei migranti salvati dalla missione, per la maggior parte destinati a sbarcare in porti italiani. Infine, l’Italia si è unita al gruppo di paesi che si oppongono al Global Compact on Migration, un accordo non vincolante proposto dalle Nazioni Unite, segnalando la volontà di sfidare le istituzioni internazionali sulla politica migratoria.

 

 

Sciopero

Sono le 8:35 circa del 16 giugno 2017, venerdì. È in programma uno sciopero del trasporto pubblico locale. Fermata Termini della metropolitana di Roma. Gli altoparlanti annunciano il progresso delle ultime corse, che sono partite dai capolinea alle 8:30.

Termini, Wikipedia commons

Termini, Wikipedia commons

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I quaranta giorni del Mussa Dagh

I quaranta giorni del Mussa Dagh.

Per tenere viva la memoria

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Roma: anche il Festival delle scienze è farlocco

A Roma da qualche anno (siamo ormai alla decima edizione) si tiene un Festival delle scienze, forse meno famoso e meno importante di quello che si svolge a ottobre a Genova, ma comunque costruito attorno a una calendario fitto di eventi, che spaziano dagli incontri con scienziati (lectio magistralis e dialoghi) agli spettacoli, ai concerti, alle installazioni, ai laboratori per le scuole, alle presentazioni di libri. C’è persino una lezione di cucina.

Quest’anno il programma era interessante e il tema (La scienza e l’importanza di non sapere) piuttosto accattivante. È un periodo in cui sono molto impegnato su una ricerca mia e poiché non lavoro da Google (dove il 20% dell’orario di lavoro può essere dedicato ai propri progetti personali) questa attività tende ad assorbire tutto il mio tempo libero. Però uno degli incontri era per me imperdibile: quello con Daniel Dennett di cui – come i lettori di questo blog ben sanno – sono un appassionato lettore (ne ho parlato da ultimo qui, ma anche qui e qui e, anche se per inciso, molte altre volte).

Ecco come il sito dell’Auditorium di Renzo piano presentava l’evento (un dialogo, badate bene):

25/01/2015 Sala Petrassi ore 19:00

Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Codice. Idee per la Cultura presenta

Daniel Dennett, Erin Kelly
“(In)certezze su libertà e responsabilità”
Dialogo

Daniel Dennett, Erin Kelly

introduce Mario De Caro

Penetrare l’ignoto è da sempre la grande sfida del conoscere umano. La natura del procedere verso ciò che non sappiamo è però fondamentale. La scienza nel suo essere un sapere intrinsecamente provvisorio ci insegna a muoverci attraverso la porta dell’ignoto rispettando la nostra ignoranza e coltivando, e persino amando, i nostri dubbi e incer tezze. Il metodo scientifico stesso, si fonda infatti sul lasciare la porta aperta al dubbio. Ciò che ignoriamo diventa così spinta propulsiva a domande sempre nuove, sulla base di risposte che sono solidamente basate sulle nostre migliori evidenze ma che sono, al tempo stesso per loro natura potenzialmente errate. D’altronde, come dice il fisico Stephen Hawking, “il piu grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione di sapere.” Dobbiamo rispettare quindi ciò che non sappiamo e non solo, dobbiamo persino imparare a essere a nostro agio nell’incertezza. Il poeta John Keat la chiamava “negative capability”: l’essere capaci di restare nell’incertezza e nel dubbio, senza cercare frettolosamente fatti e ragioni e la indicava come strumento fondamentale per il progredire della conoscenza. Questa decima edizione del Festival delle Scienze di Roma vuole essere, dunque, una celebrazione del dubbio, dell’incertezza e dell’ignoto e del modo di penetrarlo che è proprio del metodo scientifico. Il programma del Festival si concentrerà attorno a domande tra fisica, biologia, psicologia e linguistica: che rapporto c’è tra incertezza e indeterminatezza? Tra incertezza e caso? Cosa si nasconde in ciò che chiamiamo materia oscura o nei buchi neri? Cosa nel concetto di infinito? E poi ancora come ci rapportiamo cognitivamente con l’incertezza e l’ignoto e quale linguaggio usiamo per parlarne? Come calcoliamo con precisione l’incertezza? Come usiamo la segretezza nella politica? Come sempre la prospettiva sarà quella della ricerca più avanzata, riunendo i grandi nomi della ricerca scientifica italiana e internazionale, ma anche filosofi e storici della scienza, giornalisti ed esperti per capire e discutere quali domande guidano oggi il nostro cammino verso la conoscenza, lasciando “socchiusa la porta verso l’ignoto”.

Biglietti: Posto unico 2.00€

Non mancava questa bella foto:

Quell’errore così marchiano (il riferimento al tema della negative capability nel poeta John Keat, scritto così, senza la s finale: e dire che è morto e sepolto qui a Roma!) mi avrebbe dovuto insospettire. Mi avrebbe anche dovuto insospettire che il testo si ripeteva tal quale per molti degli eventi in programma.

E invece no. Mi sono precipitato a comprare il biglietto: che cosa sono 2 euro di fronte alla possibilità di ascoltare dal vivo un filosofo che ti interessa molto discutere con un’altro (che purtroppo non conoscevo) temi così interessanti? Potere seguire dal vivo, da pochi metri, il suo modo di reagire agli stimoli di Erin Kelly e agli umori del pubblico? seguirne il modo di argomentare e di parlare, ma anche il linguaggio del corpo? E anche se poi si scopre che gli euro sono 3, perché Listicket si fa pagare un altro euro per una fantomatica “Commissione di servizio” (dev’essere per il privilegio di interagire con il suo sito web, peraltro piuttosto malfatto)?

E dunque la sera di domenica 25 gennaio 2015 ho attraversato Roma (l’Auditorium non è precisamente al centro della città), ho cercato un parcheggio, ho atteso che il dialogo iniziasse con 15-20 minuti di ritardo (siamo a Roma: le cose non cominciano alle sette, ma verso le sette, il che significa ben dopo le sette). Solo allora, spentesi le luci, Mario De Caro ci ha spiegato che era presente la sola Erin Kelly, e che Daniel Dennett si sarebbe collegato via skype.

Tutti sono rimasti. Io me ne sono andato, con la precisa sensazione di essere stato truffato (Dennett insegna a Boston e sono sicuro che giovedì 22, quando ho acquistato il biglietto, era noto agli organizzatori che non sarebbe venuto a Roma).

Forse non tutti troveranno calzante l’esempio, ma se Musica per Roma avesse venduto i biglietti per un concerto di St. Vincent e poi si fosse scoperto che la musicista era collegata via skype da New York si sarebbe alzato minaccioso e unanime il grido:

ARIDATECE LI SORDI!

Io mi sono rassegnato,  ma voglio almeno additare al pubblico ludibrio i nomi dei responsabili (che traggo da un articolo trionfalistico di Giulia Felici pubblicato da repubblica.it il 25 gennaio 2015: «Auditorium, in 20 mila al Festival della Scienza
Il tema dell’Ignoto porta il sold out per tutti gli appuntamenti della rassegna»):

“L’evento meritatamente più longevo dell’Auditorium” afferma l’amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, Carlo Fuortes. “Una volta di più – continua Fuortes – la sua formula ha conquistato il nostro pubblico che ha potuto condividere il piacere della conoscenza scientifica con grandi scienziati capaci di divulgare contenuti complessi in maniera semplice”. Questa celebrazione della Scienza è stata prodotta dalla Fondazione Musica per Roma in collaborazione con Codice, Idee per la Cultura, e la direzione scientifica di Vittorio Bo e Jacopo Romoli.

Piazza Fontana, 45 anni: c’è ancora tempo per la verità?

Piazza Fontana: quel gelido pomeriggio d’inverno, cupo e nebbioso come Milano sapeva essere soprattutto in quegli anni, ha cambiato per sempre la mia vita. Uno dei landmark che punteggiano un paesaggio di vita piuttosto normale.

wikimedia.org/wikipedia/it

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Cani a bordo

Che non mi piacciano particolarmente i cani, a questo punto dovreste averlo capito.

Che sia un vecchio hippy libertario, incanutito ma non domo, forse era un po’ più difficile da capire, ma confido sul vostro intuito. Eppure, a volte, si impossessa di me lo spirito che, qualche anno fa, indusse Gianfranco Fini a scandire le-ga-li-tà.

Sono sul treno Italo 9959, da Milano a Roma, 2 dicembre 2014, dalle 19:54 alle 23:09. Carrozza 2. Insieme a me sale una coppia, ragazzo e ragazza con la loro creatura, un volpino bianco.
Lo piazzano ai loro piedi, tra il posto 5 e il posto 6. Sta abbastanza buono, tranne qualche sortita.
Il conduttore li ammonisce: «Deve stare nel suo trasportino». I due, semplicemente, se ne stracatafottono.

Il conduttore non dice più niente. Italo è in difficoltà economiche, si parla di esuberi, il suo posto è tutt’altro che garantito.

Giusto per memoria, quello che Italo scrive sul sito:

Animali di piccola taglia
A bordo di Italo puoi trasportare – negli appositi contenitori da viaggio – animali domestici, quali cani di piccola taglia, gatti e altri piccoli animali da compagnia, purchè di peso non superiore ai 10 kg.

Modalità di trasporto
Gli animali devono essere trasportati negli appositi contenitori
(“trasportini”), che – nella misura di uno a Viaggiatore – possono essere alloggiati a bordo treno nelle bagagliere o nelle immediate vicinanze del tuo posto.
Per il trasporto dei cani dovrai essere in possesso del certificato di iscrizione all’anagrafe canina. Nel caso di Viaggiatori provenienti da paesi esteri, gli animali dovranno essere muniti dei sistemi di identificazione e del passaporto di cui al Reg. (CE) n. 998/2003, laddove applicabile.
Sono esclusi dal trasporto gli animali domestici pericolosi o affetti da patologie trasmissibili all’uomo.

«L’amore non esiste», la canzonetta più ruffiana del 2014

L’avete certamente sentita anche se, come me, non siete assidui ascoltatori della radio.

Si chiama L’amore non esiste e la cantano (avendola anche scritta, penso) Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri.

Perché dico che è ruffiana?  Leggi il seguito di questo post »

Forse non tutti sanno che …

… nella città di Roma il personale dell’Istat è sparpagliato in 8 (otto) sedi, con disagi e diseconomie che non è difficile immaginare.

GreenIstat

Ecco perché questa iniziativa, per quanto lodevole e benintenzionata, ha uno spiccato retrogusto di presa per i fondelli.