Penicillina

Molti anni fa, quando Roberto Benigni era un comico, mi capitò di assistere a un suo spettacolo (gratuito: those were the days, my friend, we thought they’d never end) alla festa dell’unità del paesello avito, tra nugoli di zanzare.

Nel suo monologo, Benigni immaginava che dio avesse maliziosamente nascosto gli antibiotici nella muffa e si chiedesse, ridendo sotto i baffi: “Adesso voglio vedere quanto ci mettono a scoprirlo.”

forces.si.edu

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Sappiamo tutti come andò a finire: dopo innumerevoli morti d’infezione, nel 1928 Alexander Fleming notò che una sostanza in una muffa (le spore del Penicillum notatum) inibiva la crescita di una coltura di stafilococchi. Retrospettivamente, ci sembra ovvio.

Ma quello che non tutti sanno (non lo sapevo neppure io fino a stamattina) è che già John Tyndall nel 1876 e André Gracia negli anni Venti avevano notato lo stesso fenomeno, senza che gli passasse per la mente la possibilità di un impiego medico. Perché loro no e Fleming sì? Pare che la risposta sia questa: Fleming aveva vissuto la Grande Guerra ed era rimasto agghiacciato dal tributo di morte pagato dalle infezioni conseguenti alle ferite. La sua mente era aperta a cogliere le implicazioni di un effetto che ai suoi predecessori era apparso spurio.

Ci vollero comunque 13 anni per passare dall’osservazione di Fleming all’uso della penicillina come medicamento (come tecnologia medica).

Traggo questa notazione dal bellissimo libro The Nature of Technology di W. Brian Arthur (su cui tornerò con una recensione).

Tirate sul pianista

Tirate sul pianista (Tirez sur le pianiste), 1960, di François Truffaut, con Charles Aznavour, Marie Dubois, Nicole Berger e Michèle Mercier.

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Il secondo film di Truffaut, dopo I 400 colpi. Un film completamente diverso: quello era autobiografico, intimistico, francese; questo è l’adattamento di un noir, d’azione, americano. Truffaut stesso dice che voleva pagare i suoi debiti con il cinema americano che tanto amava. La critica invece scrisse che i registi della nouvelle vague erano tutti uguali, giravano una bella opera prima, autobiografica, e cadevano sul secondo film, per mancanza di professionismo e di mestiere.

Naturalmente non è così, e la materia si trasforma nelle mani di Truffaut che realizza (quanto meno, visto con gli occhi di adesso e il senno di poi) un film che più truffautiano non si può. La chiave (e il fascino) del film mi sembra stare nello scarto tra immagini e dialogo: al dialogo viene affidato il compito di continuare la riflessione, così pervasiva in tutta l’opera di Truffaut, sul rapporto tra i sessi e sull’amore. Delicatamente, intensamente, con delicatezza e ironia, anche qui.

Nel clip che segue, verso il quarto minuto e mezzo, c’è un divertente dialogo sulla fascinazione femminile esercitata sugli uomini, che anticipa film più tardi.

E qui una delicatissima scena d’amore (fatemi un piacere, guardatela due volte, la prima per intenerirvi, la seconda per ammirare la maestria del montaggio):

Ah, i baci di Truffaut. Ma qualcuno su YouTube ha avuto l’idea prima di me…

La storia di gangster – affidata alle immagini – è prevalentemente notturna, urbana, cupa e invernale, per poi concludersi nel bianco abbacinante della campagna innevata all’alba. Notate la morte di Léna verso la fine del settimo minuto, e la macchina che si muove nel silenzio assoluto.

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Cimici rossonere

Quest’estate, i muri esterni della vecchia casa di famiglia in campagna erano letteralmente infestati da piccoli insetti dalla curiosa livrea.

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Questo curioso insetto porta il nome scientifico Pyrrhocoris apterus e si chiama in italiano “cimice rossonera” (immagino che i motivi siano ovvi) e in inglese “firebug”. Si nutre della linfa delle piante, facendo anche danni seri, ma è innocua per l’uomo. Come dice il suo nome latino, è priva di ali.

Quella che vedete qui è la forma adulta. Da piccolo ha una forma diversa (e meno vistosa), detta neanide, tutta rossa con un’unica macchia nera vicino alla testa. Non è raro (come sui muri di casa mia) vederne grandi concentrazioni.

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Una peculiarità della cimice rossonera è l’accoppiamento, che dura dalle 12 ore ai 7 giorni. Insomma, sarebbero insetti tantrici, come disse di esserlo qualche anno fa Sting (ma poi mi pare abbia smentito). Poiché i due restano attaccati coda a coda (per così dire), uno dei due è il capo e l’altro è costretto ad andare all’indietro per tutto il tempo: non so onestamente se sia il maschio o la femmina o se facciano i turni. Ma questi tandem sono abbastanza curiosi …

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Naturalmente non posso resistere alla tentazione di chiamare cimici rossonere, d’ora in poi,  anche gli odiati cugini calcistici: cui auguro, a proposito, che Ibrahimović dia un apporto comparabile a quello che, in un frangente simile, diede alla squadra Ronaldo.