Contro gli emblemi

Readwise mi ripropone un passaggio di Consider Phlebas di Iain M. Banks che mi sembra interessante e tuttora attuale:

It would have helped if the Culture had used some sort of emblem or logo; but, pointlessly unhelpful and unrealistic to the last, the Culture refused to place its trust in symbols. It maintained that it was what it was and had no need for such outward representation. The Culture was every single individual human and machine in it, not one thing. Just as it could not imprison itself with laws, impoverish itself with money or misguide itself with leaders, so it would not misrepresent itself with signs.

Sarebbe stato utile se la Cultura si fosse avvalsa di un qualche tipo di emblema o logo. Ma – rigida fino all’ultimo – si rifiutava di avere fiducia nei simboli. Sosteneva di essere ciò che era, e di non aver bisogno di una rappresentazione esteriore. La Cultura non era una cosa, ma ogni singolo individuo che ne faceva parte, uomo o macchina che fosse. Allo stesso modo in cui non poteva vincolarsi con le leggi, impoverirsi con il denaro o mettersi fuori strada con i leader, così non poteva ammettere di essere mal rappresentata da un segno. [libera traduzione mia]

Il punto è radicalmente libertario (o forse anarchico). Gli emblemi riducono la complessità, e come tali sono utili, alla stregua dei modelli che adoperiamo continuamente, nel metodo scientifico e nella vita quotidiana. Ma quando sono applicati alla individualità dei soggetti e alla molteplicità dei comportamenti – come accade nelle imprese, nelle istituzioni e nelle società – ne impoveriscono la ricchezza e ne banalizzano la rappresentazione.

Notre-Dame, la bibbia di pietra e lo stormo d’uccelli

Dopo l’incendio della cattedrale di Notre-Dame a Parigi sono state dette e scritte molte cose, spesso irrilevanti o stupide. Non voglio aggiungermi al coro.

Però vorrei dire che – nella mia modesta opinione – un punto centrale delle riflessioni che la distruzione della cattedrale già sta suscitando è quello dell’identità. Non tanto del rapporto tra il monumento e l’identità francese, che pure esiste ed è rilevante, ma della stessa identità della cattedrale stessa. L’identità di cui parliamo qui non è l’identità nella sua accezione logico-matematica di perfetta eguaglianza, ma in quella propria del linguaggio comune quando si fa riferimento all’identità di una persona come “entità distinta dalle altre e continua nel tempo”, come la definisce il Vocabolario Treccani. Non c’è dubbio che ognuno di noi ha il senso della propria identità, “il senso e la consapevolezza di sé” (è sempre i Vocabolario Treccani che ci soccorre), anche se in “un essere umano adulto ogni giorno muoiono dai 50 ai 100 miliardi di cellule” e in “un anno la massa delle cellule ricambiate è pari alla massa del corpo stesso” (lo afferma qui il prof. Paolo Pinton). E anche a fronte di un evento traumatico, come l’amputazione di un arto, non smettiamo neppure per un secondo di pensare che, nonostante quella perdita, siamo rimasti noi stessi.

Lo stesso – è quello che voglio dire – accade per le città e per gli edifici. L’identità di una città, nel senso che ho cercato di argomentare, non cambia al mutare delle vicende demografiche o dell’estensione dell’abitato. L’identità di una cattedrale non cambia per effetto dei periodici interventi di manutenzione cui è sottoposta. E, secondo me, non cambia neppure quali che siano le travagliate vicende che attraversa nella sua vita: dalla fantasia neogotica di Viollet-le-Duc nella seconda metà del XIX secolo a quella che sarà la ricostruzione da intraprendere ora.

Leggi il seguito di questo post »

«L’amore non esiste», la canzonetta più ruffiana del 2014

L’avete certamente sentita anche se, come me, non siete assidui ascoltatori della radio.

Si chiama L’amore non esiste e la cantano (avendola anche scritta, penso) Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri.

Perché dico che è ruffiana?  Leggi il seguito di questo post »

Forse non tutti sanno che …

… nella città di Roma il personale dell’Istat è sparpagliato in 8 (otto) sedi, con disagi e diseconomie che non è difficile immaginare.

GreenIstat

Ecco perché questa iniziativa, per quanto lodevole e benintenzionata, ha uno spiccato retrogusto di presa per i fondelli.

Religione, opinione, espulsione, Costituzione

Chi mi conosce anche superficialmente, sia pure soltanto per essere un lettore di questo blog, sa che sono ateo e anticlericale, contrario a ogni fanatismo, apprendista praticante delle fatiche del pensiero razionale. Non penso, perciò, di potere essere accusato di simpatia per il predicatore che ha invitato il suo dio a sterminare tutti i credenti in una religione diversa.

gstatic.com/images

La pratica di invocare l’aiuto divino nello sterminio dei nemici è antica e diffusa, soprattutto nelle religioni “del libro”: i credenti delle tre grandi religioni monoteistiche convergono nel figurarsi una divinità personale modellata sull’archetipo del patriarca mediorientale, una sorta di grande vecchio irascibile e geloso, pronto a intervenire a favore del “suo” popolo. La Bibbia – come sa chi l’ha letta (pochissimi, in Italia, dove tutti però fingono di saperla lunga) – pullula di episodi terrificanti e cruenti, con tutti i maschi nemici passati a fil di spada, mamme bambini e vecchi sterminati con una meticolosità degna delle SS e le giovani vergini rapite e deportate come prede di guerra. Un elenco parziale (ancorché dichiaratamente di parte) lo trovate qui. Ma vi assicuro (io la Bibbia l’ho letta davvero, dalla prima all’ultima pagina) che basta aprire l’Antico testamento a caso, soprattutto nei libri che raccontano la “storia” del popolo ebraico (piuttosto che quelli poetici, profetici o sapienziali) per trovare questi massacri.

Stando così le cose, non è stupefacente che fedeli e sacerdoti invochino l’aiuto di dio per lo sterminio dei nemici, come ha fatto l’imam di San Donà di Piave.

Questo, ad esempio, è Isaia – non l’ultimo dei predicatori di campagna, ma un profeta tra i sommi, accreditato tra i cristiani per aver previsto l’avvento di Gesù. È dio in persona che sta parlando al profeta:

Io avverserò i tuoi avversari;
io salverò i tuoi figli.
Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori,
si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto.
Allora ogni uomo saprà
che io sono il Signore, tuo salvatore,
io il tuo redentore e il Forte di Giacobbe. [Isaia 49: 25-26. La traduzione è quella ufficiale della CEI-Conferenza episcopale italiana]

Ricordiamo anche che l’appellativo tradizionale del dio dell’Antico testamento era “dio degli eserciti” – che nei testi liturgici viene tradotto pudicamente (e cosmologicamente) “dio dell’universo” – e che di conseguenza il segno che gli viene richiesto più di frequente è un segno di potenza militare.

Di qui anche, prevedibilmente, una lunga sequenza di affermazioni a sostegno della tesi che dio è dalla parte tua, che gli sei fedele e che lo stai invocando: dal “deus lo volt” con cui Pietro l’eremita predicava la prima crociata, la crociata dei pezzenti; all’agghiacciante “Gott mit uns” sulla fibbia dei cinturoni degli eserciti tedeschi della prima e della seconda guerra mondiale (ma era già il motto dei cavaliere teutonici e fu adottato anche dall’impero russo, Съ нами богъ!), a “In God We Trust” motto nazionale degli Stati Uniti d’America (fino al 1956 era E pluribus unum che a me, per quel che conta, piace molto di più), fino alla nota canzone di Bob Dylan, With God on our Side. Ma non crediate che noi italiani ci possiamo chiamare fuori: basterebbe forse il “dio stramaledica gli inglesi” di mussoliniana memoria.

Alla luce di queste tradizionali invocazioni al proprio dio affinché stermini i propri nemici, quella di Abd Al-Barr Al-Rawdhi, imam marocchino di una comunità islamica di San Donà di Piave, non mi sembrano particolarmente originali o particolarmente cruente. Secondo l’Avvenire (quotidiano della CEI) avrebbe detto:

«O​h Allah, contali uno a uno e uccidili fino all’ultimo». O, secondo un’altra traduzione, «A morte tutti gli ebrei», tutti, «fino all’ultimo, senza risparmiare uno solo di loro», perché questo renderebbe «felici» i musulmani. E ancora: «Allah, trasforma il loro cibo in veleno». [Francesco Dal Mas, Espulso imam di San Donà: «Incita all’odio». L’Avvenire. 5 agosto 2014]

* * *

Qui arrivo alla domanda che mi interessa: sono giusti i provvedimenti di fermo e di espulsione?

Intanto: lo si può espellere perché è un cittadino straniero. Se fosse italiano non lo si potrebbe fare: non legalmente, quanto meno.

Il ministro Alfano – che pure è laureato in giurisprudenza – non ha dubbi:

[…] il titolare del Viminale ha disposto l’espulsione dell’imam marocchino, per grave turbamento dell’ordine pubblico e pericolo per la sicurezza nazionale e discriminazione per motivi religiosi. «Non è accettabile che venga pronunciata un’orazione di chiaro tenore antisemita, contenente espliciti incitamenti alla violenza e all’odio religioso», ha spiegato Alfano. «Per questo ne ho disposto l’immediata espulsione dal territorio nazionale. La mia decisione valga da monito per tutti coloro che pensano che in Italia si possa predicare odio». [è sempre l’articolo de l’Avvenire]

In un’intervista a Libero del 6 agosto 2014, ripresa sul sito del ministro, Alfano dichiara (tra l’altro):

Il comportamento dell`imam era inaccettabile. Il fatto che Libero lo abbia rilanciato in questo modo ha reso ancora più eclatante quello che già era noto ai nostri uffici tramite le attività di analisi e di indagine. Ho provato un sentimento di indignazione e di preoccupazione, che si è tradotto nella necessità di assumere un provvedimento immediato che desse la certezza agli italiani che nel nostro paese c’è la libertà di professione dei culti, ma non la libertà di professione degli odi.

Mi dispiace, signor ministro, non sono d’accordo. E mi piacerebbe che il presidente della Repubblica intervenisse – anche se mi rendo conto che sarebbe un intervento impopolare – come garante della Costituzione a ricordare che la libertà di religione e quella di opinione sono fondanti della nostra convivenza civile e sono valori democratici e liberali per cui ci si batte dal secolo dei lumi.

Se non lo fa nessun altro, lo faccio io, invitandovi a leggere le parole semplici e chiare della Costituzione.

Articolo 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Articolo 21. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Invece non trovo nella Costituzione, per quanti sforzi faccia, una clausola che limita la libertà di opinione nel caso della “professione degli odi”.

Il presidente dell’Istat

Di un personaggio di secondo piano de I Miserabili, Victor Hugo scrive che «aveva, come tutti, la sua desinenza in -ista, senza la quale nessuno avrebbe potuto vivere a quel tempo, ma non era né realista, né bonapartista, né cartista, né orleanista, né individualista, era collezionista.»

Ecco, se potessi scegliere per me, direi che l’-ista che mi caratterizza meglio è: illuminista. Ho una grande fiducia nella ragione. Anzi, penso che ragione, ragionamento e ragionevolezza siano contagiosi: condizioni mentalmente trasmissibili.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Questo è il principale motivo, anche se non il solo, per cui mi preme molto la statistica ufficiale. La statistica – a condizione di essere indipendente e di buona qualità – è uno strumento importante per l’affermazione della ragione: consente ai cittadini (mamma mia, tra un po’ non si potrà nemmeno scrivere “cittadini” senza esser tacciati di grillismo) di prendere decisioni o di esprimere valutazioni sulla base di informazioni quantitative, invece che di (o in aggiunta alle) sensazioni istintive. In inglese si direbbe che la statistica è empowering: il cittadino che ha buone informazioni statistiche dispone di uno strumento in più per operare e decidere razionalmente, in politica, ma anche nella vita quotidiana.

Leggi il seguito di questo post »

Pubblicato su Opinioni. 2 Comments »

Ancora su Milano violenta e sul framing

La vicenda cui avevamo accennato in un post del 26 febbraio 2013 (Il framing spiegato al popolo) ha avuto ulteriori, e in parte sorprendenti sviluppi.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Proviamo a seguirla su uno dei quotidiani più colpevolisti, Il giorno, per vedere come i fatti (e fattoidi) vengono via via inquadrati. Presenterò il testo degli articoli (tagliando qui e là – lo so, anche questo è framing) e mi permetterò qualche commento (tra parentesi quadra e in corsivo) per attirare la vostra attenzione su alcuni punti.

Tassista aggredito a bottigliate in testa: finisce in coma per la precedenza

Un pedone ha colpito a bottigliate il tassista Alfredo F., 68 anni. Il diverbio è nato per questioni di precedenza all’incrocio fra via Morgagni e piazzale Bacone. L’anziano ha battuto la testa su un’altra automobile parcheggiata. Aggressori in fuga.

Milano, 23 febbraio 2014 – Tassista aggredito in via Morgagni con una bottigliata, è finito in coma al Niguarda. E’ il drammatico epilogo di un litigio avvenuto in serata in zona Lima. L’uomo, 62 anni, cadendo  ha subito un forte trauma al capo, riportando una ferita tanto grave da ridurlo in coma. Alfredo F., questo il suo nome, era sceso dal veicolo per un diverbio con una coppia di passaggio.
[Vi faccio notare che fino a qui non si dice che la coppia era a piedi]

Il motivo che ha fatto scattare il litigio con un uomo e la sua compagna, incinta, riguarderebbe una questione di precedenza. [Parlare di questione di precedenza è più neutro che parlare di mancato rispetto delle strisce pedonali] Qualche parola di troppo ed ecco che l’uomo avrebbe iniziato a colpire la carrozzeria del taxi con dei pugni. A quel punto Alfredo P. sarebbe sceso dall’auto bianca. A quel punto il passante avrebbe lanciato una confezione di bottiglie di acqua sul capo del tassista.

Alfredo F. avrebbe quindi perso l’equilibrio, rovinando su un’automobile parcheggiata lì accanto. L’urto è stato così forte da mandarlo in coma. Alla scena hanno assistito diversi testimoni, ma i due pedoni sono riusciti a dileguarsi. Sul posto sono arrivati la polizia e un’ambulanza che ha trasportato il 62enne in coma all’ospedale Niguarda. […]

[Attenzione: in questa ricostruzione non si dice che Alfredo è stato colpito dalle bottiglie, ma soltanto che l’aggressore le ha lanciate; si dice inoltre che Alfredo ha perso l’equilibrio, e che è stato l’urto nella caduta a mandarlo in coma]

* * *

Il lunedì Il giorno ha 2 articoli sulla vicenda. Il primo, firmato da Daniele Monaco, racconta la veglia dei colleghi a Niguarda. Evidentemente “l’aggressore” – ancora senza nome – non era ancora stato fermato. È soprattutto un pezzo di colore, ma dei passaggi meritano attenzione.

Tassista in coma, rabbia e preghiere: “Coraggio Aquila, devi farcela”

Veglia in ospedale di amici e parenti di Alfredo Famoso, tassista aggredito a bottigliate in via Morgagni. “Ogni volta il turno di notte mette ansia a noi e ai nostri familiari” “Sono incinta di nove mesi, sto male”, avrebbe detto la compagna dell’uomo prima di fuggire
di Daniele Monaco

Milano, 24 febbraio 2014 – Aquila 7: è la sigla con cui Alfredo Famoso, il tassista di 68 anni aggredito a bottigliate la scorsa notte in via Morgagni angolo Bacone, è conosciuto fra i colleghi del Radio Taxi. Dopo 30 anni di servizio Aquila 7 ha incrociato le persone sbagliate […]
[3 cose. 1. Dimenticavo di dirvi che tutti i grassetti sono negli articoli originali e, tecnicamente, urlano le parole su cui il giornale vuole che fermiamo la nostra attenzione. 2. Adesso Il Giorno, a differenza del giorno prima, non ha più dubbi: il tassista è stato “aggredito a bottigliate”. 3. “Aquila 7 ha incrociato le persone sbagliate”: il giornalista sognava di scriverlo da quando l’ha sentito dire da Clint Eastwood].

[…] «Se tirano dei pugni sulla carrozzeria quanto meno scendi per vedere se te l’hanno danneggiata, non certo per raccogliere la provocazione». [Questa è la frase di un collega, non di un testimone]

[…] c’è stato subito dopo l’incrocio fatale con la coppia a piedi. A quel punto il diverbio, le bottigliate e la fuga.«Sono incinta di nove mesi, sto male», avrebbe detto la compagna dell’uomo, prima che i due si dileguassero. Famoso, colpito da una confezione di quattro bottigliette di plastica piene lanciate dall’uomo, ha perso l’equilibrio, sbattendo prima il volto contro la jeep e poi rovinando malamente a terra.
[Anche qui, vi prego di notare 2 cose: 1. gli aggressori che si dileguano, verbo non certo neutro, forse con una scusa; 2. Famoso adesso viene colpito certamente, e non da 1, ma da 4 bottiglie].

«[…]  una persona rischia di morire solo per la reazione spropositata di un pedone a causa di una piccolissima questione».
[la dichiarazione è  di Pietro Pinto, vicepresidente del Radio Taxi, ma il giudizio di valore che l’articolo trasmette al lettore è chiarissima: la questione è piccolissima, la reazione spropositata]

* * *

Ma l’aggressore viene alla fine catturato. Per Il Giorno non è ancora il mostro, ma siamo sulla strada giusta. Come vedremo, gli dà un mano anche il Sindaco Pisapia.

Tassista in coma dopo lite per la precedenza, l’aggressore accusato di tentato omicidio: “Sono dispiaciuto”

La vita di Alfredo Famoso, operato al Niguarda, è appesa a un filo. Il figlio: “Papà è morto, pregate per lui”. L’aggressore: “Sono dispiaciuto”. Gli inquirenti: “Ma non è Hannibal Lecter”. Pisapia in visita: “Aggressione tremenda e vergognosa”.

Milano, 24 febbraio 2014 – […] “Sono dispiaciuto”: così ha detto D.G.R., l’uomo sottoposto a fermo dalla polizia con l’accusa di tentato omicidio per aver colpito Famoso a bottigliate. D.G.R., 48 anni, nel primo pomeriggio è stato condotto in Questura dove è stato interrogato. […]. In ospedale si è presentato il sindaco Giuliano Pisapia che ha parlato di “aggressione tremenda e vergognosa”.
[Per il momento l’aggressore è protetto dall’anonimato…].

L’AGGRESSORE – “Sono dispiaciuto”: ha detto cosi’ D.G.R., 48 anni, l’uomo fermato per il litigio che domenica sera ha spedito in coma il tassista Alfredo Famoso, quando gli agenti della Questura lo hanno individuato nel pomeriggio. Gli agenti lo hanno prelevato dal suo appartamento di via Plinio. Abita in zona e domenica sera era in compagnia della compagna (incinta all’ottavo mese). È un consulente informatico e già padre di due figli avuti con donne diverse da quella, incinta, con la quale si trovava. Ha precedenti per lesioni. “Non si tratta di un Hannibal Lecter, questa è una vicenda drammatica che nasce da motivi futili” dicono gli investigatori, sottolineando come l’uomo sia un individuo ordinario, che sul momento potrebbe non avere colto appieno la gravità dell’accaduto.
[…protetto dall’anonimato, ma forse un poco di buono? 3 figli con 3 donne diverse? precedenti per lesioni?].

LA RICOSTRUZIONE – Le indagini sono condotte dalla polizia e coordinate dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dal pm Maria Teresa Latella. La lite sarebbe nata per una precedenza data in ritardo: la coppia stava attraversando la strada dopo aver fatto la spesa e si sarebbe lamentata della brusca frenata del tassista. L’uomo che stava per attraversare la strada in via Morgagni assieme alla nuova compagna incinta ha scagliato una confezione con quattro o sei bottiglie d’acqua contro il taxi che, a suo dire, non aveva rispettato la precedenza delle strisce pedonali. La confezione ha colpito lo specchietto del taxi e il tassista è sceso per controllare i danni. C’è stato poi uno scambio di invettive.
[Quindi, niente più pugni sulla carrozzeria? La confezione ha colpito lo specchietto durante il quasi-incidente sulle strisce o è stata scagliata dall’aggressore? 4 o 6 bottiglie? fa differenza, perché la forza necessaria a scagliare 9 kg è tanta: il peso della disciplina atletica del getto del peso è una sfera di 7,260 kg].

A quel punto, l’aggressore ha scagliato la confezione contro il volto del tassista e poi, ma questo è ancora da accertare, probabilmente avrebbe colpito ancora alla testa il tassista con una bottiglia. Famoso, cadendo, ha battuto la testa prima su una ruota di scorta di un suv e poi a terra. Dopo l’aggressione D.G.R. avrebbe fornito domicilio e numero di telefono a un maresciallo della Finanza che ha assistito per caso alla scena.
[«…ma questo è ancora da accertare, probabilmente…»: difficile abbandonare una versione cui ci si è affezionati].

L’uomo si sarebbe allontanato dopo diversi minuti – e dopo aver consegnato le proprie generalità ai testimoni – su pressione della donna: pare che entrambi fossero convinti che il tassista non fosse in condizioni così gravi. “Accompagno mia moglie e torno”, avrebbe detto l’uomo. Ma in un secondo momento sarebbe emerso però che cellulare e domicilio forniti non corrispondevano ai suoi e in questo modo si sarebbe reso irreperibile.

In seguito D.G.R. è stato rintracciato grazie al maresciallo della Finanza che lo ha riconosciuto da una foto.
[Lo stesso maresciallo cui aveva fornito domicilio e numero di telefono?]

[…]

IL SINDACO – Al Niguarda si è presentato per una visita anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che è rimasto alcuni minuti con i parenti, in particolare con un fratello di Famoso, a cui ha chiesto notizie. “Sono stato a fare visita al tassista che ha subito questa aggressione tremenda e vergognosa – ha detto Pisapia – per esprimere la vicinanza anche a nome dei cittadini alla famiglia della vittima”. Il sindaco ha spiegato “che questo è il momento di dimostrare la solidarietà e la partecipazione al dolore dei cittadini“. […].

* * *

Siamo a martedì 25. Agnese Pini ci racconta «la dura caccia all’aggressore»: in tutta serietà, apparentemente.

Tassista in coma, la dura caccia all’aggressore: porta a porta con un fotogramma in mano

Corso Buenos Aires, via Morgagni, piazzale Bacone e Lavater al setaccio: case, bar, negozi. L’uomo trovato ancora insieme alla donna sul luogo in cui aveva colpito il tassista Alfredo Famoso.

Milano, 25 febbraio 2014 – Ci hanno messo diciotto ore per trovarlo. In mano i fotogrammi delle telecamere di sorveglianza di via Morgagni, il racconto dei testimoni, un biglietto con un numero di telefono che lui stesso aveva lasciato a chi gli chiedeva di restare, promettendo: «Torno subito». Col risultato che nessuno l’aveva più visto e che a quel numero lui non aveva mai risposto.
[Ma come? Non l’aveva trovato il maresciallo della finanza?]

Davide Girolamo Righi, 48 anni e origini siciliane,abitava a un paio di isolati di distanza dalla strada in cui la sera di domenica il tassista Alfredo Famoso ha chiuso gli occhi un’ultima volta: in coma, con la nuca spaccata dopo aver urtato violentemente la ruota di scorta di un suv e infine l’asfalto. Un istante prima, Righi lo aveva colpito in faccia con un cartone da quattro bottiglie di acqua minerale.
[Eccolo qui, nome e cognome. Il mostro ha perso il diritto all’anonimato. Più sotto ci stampano anche l’indirizzo, via Plinio 16. Di origini siciliane: lo sapevo che non poteva essere un meneghino autentico! La confezione delle bottiglie è scesa alle più maneggevoli 4].

[…].

Diciotto ore: dalle 20,30 di domenica alle 14,30 di ieri. Fin dalla mattina, i poliziotti hanno passato al setaccio il quartiere alle spalle di corso Buenos Aires: via Morgagni, piazzale Bacone, piazzale Lavater. Di bottega in bottega, di bar in bar, di chiosco in chiosco. In mano i fotogrammi delle telecamere di sorveglianza su via Morgagni, all’altezza del civico 40, lì dove si è consumato il dramma.

Nelle immagini, anche il volto di un uomo che i testimoni riconoscono come lo stesso delle bottigliate, della lite assurdamente violenta. Domenica sera c’era anche una donna con lui, la sua compagna di una decina d’anni più giovane, in grembo un bambino in attesa di nascereRighi, di professione consulente informatico e una denuncia per lesioni che risale al 1985, ha altri due figli avuti da precedenti relazioni.
[Un altro secchiello di fango: la donna, la compagna ha una decina d’anni meno di lui, il padre seriale al terzo figlio con la terza donna diversa… e anche un violento, con una denuncia per lesioni nel 1985. Un momento, una denuncia o una condanna? Perché sono passati 29 anni da quando il 19nne Righi è stato denunciato; forse persina la lenta giustizia italiana ha emesso una sentenza definitiva].

[…] Righi e la sua convivente vengono trovati pochi minuti dopo, ancora una volta insieme e ancora una volta in via Morgagni, a pochi metri di distanza dall’incrocio della tragedia, sulle strisce pedonali davanti al ristorante Alba d’Oro: lì dove Famoso non aveva dato la precedenza alla coppia di ritorno dal supermercato, lì dove Righi in uno scatto di nervosismo aveva scagliato sullo specchietto della Toyota Prius del tassista il cartone con le bottiglie d’acqua. Famoso era sceso, voleva chiarire. E la fine di quel litigio quasi banale è ormai cronaca.
[Ennesima ricostruzione, con qualche piccola differenza].

Quando le volanti della polizia hanno affiancato la coppia, lui non ha fatto una piega. È salito sulla macchina degli agenti con la compagna, da lì sono andati nel loro appartamento, dove in cucina c’erano ancora le bottiglie ammaccate. Un’ora dopo era già in questura, interrogato. «Mi dispiace, mi dispiace», ha ripetuto mentre la pm Maria Teresa Latella e il procuratore aggiunto Alberto Nobili formalizzavano il fermo per tentato omicidio.
[«lui non ha fatto una piega»: come un criminale incallito o come il palo della banda dell’Ortica? E il dettaglio delle bottiglie ammaccate in cucina? da Pulitzer]

* * *

Più tardi, sempre il martedì 25, viene dichiarata la morte cerebrale del tassista e l’accusa a Righi passa dal tentato omicidio all’omicidio.

Tassista morto, a Milano sarà lutto cittadino. Il figlio di Alfredo Famoso: “Mi sento in colpa, non l’ho protetto”

Il tassista aggredito a bottigliate è morto. Cambia l’accusa per l’aggressore, ora è di omicidio volontario con dolo eventuale. I testimoni: “Prima dell’aggressione lite verbale tra Famoso e Righi”

Milano, 25 febbraio 2014 – Tassista aggredito a Milano, è stata dichiarata alle 20 di martedì la morte cerebrale di Alfredo Famoso, al termine delle sei ore di osservazione. Il sindaco Pisapia ha annunciato che verrà istituito il lutto cittadino. L’uomo era stato aggredito due giorni prima in via Morgagni in seguito a un diverbio con un pedone per una questione di precedenza. Cambia così anche l’ipotesi di reato contestata a Davide Guglielmo Righi, che da tentato omicidio diventa di omicidio volontario con dolo eventuale. Il dolo eventuale è una formula giuridica per indicare, ad avviso degli inquirenti, il fatto che Righi, consulente informatico di 48 anni, abbia accettato il rischio di uccidere Famoso colpendolo al volto con le bottiglie, e quindi ha commesso un fatto da qualificare come un omicidio volontario e non come omicidio preterintenzionale.

[…]

IL SINDACO PISAPIA – Cordoglio del primo cittadino: “Purtroppo è successo quello che fino all’ultimo, anche quando le speranze erano minime, speravamo non accadesse. La morte di Alfredo Famoso è stata provocata da un gesto assurdo e terribile. Nessuna ragione può spiegare tale comportamento”. Lo afferma il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. ”Ora è il momento di stringerci attorno alla famiglia di Alfredo. Milano oggi prova un immenso dolore e come sindaco ho deciso che nella nostra città ci sarà lutto cittadino, concorderemo la data insieme alla famiglia”.
[Solo per commentare che Pisapia ha perso una bella occasione per tacere: non spetta a lui ma alla magistratura stabilire se «la morte di Alfredo Famoso è stata provocata da un gesto assurdo e terribile» e se qualche «ragione può spiegare tale comportamento». E pensare che stiamo parlando di un avvocato penalista figlio del padre del codice di procedura penale del 1989].

PM: AGGRESSORE ACCETTATO POSSIBILITA’ DI UCCIDERE – Secondo quanto sostenuto dalla Procura di Milano, Davide Guglielmo Righi (l’uomo fermato ieri con l’accusa di tentato omicidio per aver aggredito il tassista milanese Alfredo Famoso) avrebbe accettato il rischio e la possibilità di uccidere quando ha scagliato la confezione di bottiglie d’acqua contro il volto di Famoso. In sostanza, stando a quanto si è saputo in relazione all’imputazione formulata dalla Procura di Milano, i pm contestano a Righi la volontarietà dell’aggressione nella forma giuridica del cosiddetto dolo eventuale, ossia l’accettazione del rischio e della possibilità ‘’che l’evento si verifichi’’. Righi dovrebbe essere interrogato domani dal gip di Milano che dovrà decidere sulla convalida del fermo e sulla misura cautelare.

TESTIMONI: LITE PRIMA DELL’AGGRESSIONE – Alcuni testimoni (la zona è molto frequentata e l’episodio è avvenuto davanti a un ristorante) sentiti dagli investigatori, e che si trovavano in macchina in via Morgagni, hanno raccontato di aver sentito una lite verbale tra Righi e Famoso con uno scambio di invettive prima dell’aggressione. I primi testimoni ascoltati dagli investigatori hanno spiegato che dopo che l’uomo ha lanciato la confezione di bottiglie d’acqua contro il taxi, che, a suo dire, non aveva rispettato la precedenza delle strisce pedonali, il tassista è sceso e ne è nata una lite tra i due. Poi l’aggressione culminata nel lancio della confezione contro il volto di Famoso.

IL NUMERO DI TELEFONO – Secondo i pm l’uomo, dopo l’aggressione, si è reso irreperibile e non rintracciabile perché è vero che ha fornito un numero di telefono a un maresciallo della Gdf presente sul luogo dell’aggressione, ma a quel numero non ha mai risposto e l’utenza del cellulare dava come indicazione un’abitazione dove lui non risiedeva più. La difesa del fermato è rappresentata dall’avvocato del Foro di Milano, Margherita Rossi, la quale contattata al telefono ha risposto: “non ho nulla da dire”.
[Neppure io ho molto da dire: aspettiamo di vedere]

* * *

Il Giorno invece dubbi non ne ha più, incoraggiato anche da Pisapia: Righi è un mostro. L’autrice è Anna Giorgi.

Tassista morto a Milano: “Era a terra, ma lui se ne è andato come nulla fosse”

A parlare è uno dei testimoni. Non era lì nell’istante esatto dell’aggressione, ma è uscito dal ristorante «Alba d’Oro», al 40 di via Morgagni, qualche secondo dopo, quando Righi e la compagna se ne stavano andando: “Colpito dalla sua freddezza”. Depositati fiori sul luogo della morte del tassista.

Milano, 26 febbraio 2014 – «C’è una cosa che mi ha colpito di quel giovane che aveva appena litigato con il tassista e lo aveva aggredito con violenza, in uno scatto d’ira. Quando la vittima era già a terra, priva di sensi, ed era chiaro che le sue condizioni fossero gravi, lui e la compagna se ne sono andati con i sacchetti della spesa. Come se nulla fosse successo. Si sono allontanati ostentando quasi tranquillità. Quella freddezza mi ha sorpreso». A parlare è uno dei testimoni. Non era lì nell’istante esatto dell’aggressione, ma è uscito dal ristorante «Alba d’Oro», al 40 di via Morgagni, qualche secondo dopo, quando Righi e la compagna se ne stavano andando.
[Se non c’era, non è un testimone!]

«Ho sentito gridare, scambi di insulti pesanti, io e altri abbiamo guardato dalle vetrate del ristorante e siamo usciti. Proprio qui, a pochi metri, davanti alla porta c’era il tassista già a terra. E c’era un ragazzo molto giovane con la fidanzata, il principale testimone che aveva appena chiamato i soccorsi. Avevano assistito a tutta la lite e aspettavano i poliziotti. Da quel momento il piazzale si è riempito di gente e le volanti si sono messe subito alla ricerca dell’aggressore con il pizzetto, che non doveva abitare lontano». Da quella sera, cinque testimoni si sono presentati spontaneamente in questura a raccontare quanto avevano visto; determinante una signora, un medico che stava dietro il taxi di Famoso e ha potuto aiutare gli investigatori a ricostruire nei particolari l’accaduto, dall’inizio della lite. Tutte le versioni dei testimoni concordano sullo scambio di insulti e poi sullo scatto di Righi contro Famoso. Anche se i dettagli ormai, a questo punto della storia, non cambiano di una virgola la tragedia. Alfredo Famoso è morto. Era clinicamente morto già nella notte tra domenica e lunedì. Cambia solo il peso della responsabilità di Davide Guglielmo Righi, 48 anni e un figlio, il terzo, in arrivo dalla compagna 37enne.
[I dettagli, invece, cambiano tutto della tragedia, come vedremo].

Consulente per grosse aziende informatiche, banche e assicurazioni e un passato in Olivetti e Ibm. Righi, dopo l’incidente, invece di restare lì, aiutare il tassista e chiamare i soccorsi, è tornato a casa, ha dato un numero di cellulare sbagliato e ha fornito l’indirizzo di una casa in cui non abita più da anni. Ha cercato di depistare. Pensando forse a una normalità possibile dopo una tragedia simile. Se lunedì è stato fermato con l’accusa di tentato omicidio, la sua posizione si è aggravata con le ore. Ieri sera l’ipotesi di reato era: omicidio volontario con dolo eventuale, «perché – dice il pm – lui ha accettato il rischio di uccidere». Stamattina, assistito dall’avvocato Margherita Rossi, sarà interrogato a San Vittore dal gip Gianfranco Criscione che dovrà decidere sulla convalida del fermo, disposto dal pm Maria Teresa Latella e dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e sull’eventuale misura cautelare da adottare nei suoi confronti. I pm hanno chiesto che rimanga in carcere.

* * *

Giovedì 27 Righi viene interrogato a San Vittore dal GIP Gianfranco Criscione, e cerca di discolparsi. Ma per Marinella Rossi de Il Giorno è facile rintuzzare punto per punto.

Tassista morto, la difesa di Righi: “Io non ho colpito il taxi. Famoso era ostile, aggressivo”

Si aspetta la decisione del gip sulla lite di via Morgagni in cui ha trovato la morte il tassista Alfredo Famoso. Per la Procura è omicidio. L’avvocato dell’informatico chiede il preterintenzionale.

Milano, 27 febbraio 2014 – Era aggressivo, era ostile. E lui sarà pure scattato, lui ha certo fatto una sciocchezza, ma non lo voleva uccidere. E quell’arma ridicola e letale, quella confezione di quattro bottiglie d’acqua minerale, tirata in facciaad Aquila 7, al tassista Alfredo Famoso, anni 68, diventa, quasi, il centro dei distinguo: «Non ho colpito io il taxi con le bottiglie, è lui che, correndo e inchiodando sulle strisce pedonali, le ha urtate».
[A me non sembra un distinguo: a me sembra una bella differenza]

Solo che poi, quando Aquila 7 scende, «aggressivo, ostile», le bottiglie tornano utili, per colpirlo in piena faccia, e farlo finire, con uno squarcio irrimediabile e netto alla nuca, contro la ruota di scorta di un suv parcheggiato. Ed è la fine dell’Aquila, macchine staccate alle 14 dell’altro ieri, morte cerebrale dichiarata da protocollo 6 ore dopo.

Questioni di precedenza, isterie metropolitane, crescendo di intolleranze. Cose di tutti i giorni. Fino a un destino che fino a qualche attimo prima era impensabile e che d’un tratto un dio realizza, e fissa il cambio di rotta: la morte di un uomo, il carcere a un altro.
[Mmmhh, «un destino che … d’un tratto un dio realizza». Lotta all’ultimo sangue per il Pulitzer nella redazione milanese de Il Giorno]

Ieri il consulente informatico Davide Righi, 48 anni, si è difeso così, davanti al giudice delle indagini preliminari Gianfranco Criscione, che lo ha sentito a San Vittore per valutare se convalidare il fermo, disposto dalla Procura (il procuratore aggiunto Alberto Nobili e il sostituto Maria Teresa Latella), e se confermare lo stato di detenzione in carcere.

Righi racconta di quel momento, domenica sera, intorno alle otto e mezzo, in cui in via Morgagni attraversa le strisce pedonali, borse della spesa da una parte, la compagna incinta all’ottavo mese dall’altra. E racconta del passaggio incurante del tassista, sulle strisce.

La precedenza negata, l’auto che inchioda, le bottiglie d’acqua che urtano (o tirate rabbiosamente contro l’auto?). Famoso scende, la lite, il tremendo colpo. Basterà per scrollarsi di dosso l’accusa dura che la Procura gli rivolge? Omicidio volontario, dolo eventuale: Righi ha accettato, con la sua aggressione, il rischio di uccidere. E l’evento si è avverato. E poi c’è il carcere, su cui i pm non fanno sconti.

La scelta è nelle mani del giudice Criscione, che ieri si è preso la giornata per riflettere. Depositerà il provvedimento oggi, da cui potrà scaturire una conferma secca della ricostruzione della Procura, o un avallo al fermo, ma con la modifica del titolo di reato, da più, a meno grave. E poi il giudice dovrà decidere sul carcere, se Righi là deve stare, dati i magheggi per non farsi rintracciare, dato che ha abbandonato il campo dove scorreva il sangue di Aquila 7, e con una certa freddezza.

Il suo avvocato, Margherita Rossi, chiede la scarcerazione, dice che l’accusa va derubricata, da omicidio volontario a preterintenzionale. E il giudice non sarà aiutato nella sua decisione da esiti netti di un’autopsia (importanti per capire se la lesione più significativa sia stata causata dal colpo dato con le bottiglie), perché l’incarico sarà conferito dai pm solo domani. Domani, che è anche il giorno in cui in via Morgagni la gente del quartiere, e amici e colleghi di Famoso si raduneranno, in silenzio, per ricordarlo.

* * *

E invece arrivano sia la derubricazione del reato a omicidio preterintenzionale, sia la scarcerazione. Il Giorno si rassegna, ma non rinuncia a lanciare qualche residuo schizzo di fango sullo sventurato Righi. Firmano insieme Anna Giorgi e Agnese Pini.

Tassista morto, l’aggressore diventa papà. Accusato di omicidio, pensa alla bambina: “Come sta mia figlia?”

Davide Guglielmo Righi è stato scarcerato dopo 3 giorni: l’imputazione è di omicidio preterintenzionale e non di omicidio volontario.

Milano, 28 febbraio 2014 – L’uscita dal carcere, la consapevolezza più piena di quanto accaduto e delle sue conseguenze. E poi la nascita della sua bambina, venuta al mondo ieri mattina nella clinica San Giuseppe. E adesso una vita da ricostruire per Davide Guglielmo Righi. Così ieri pomeriggio,appena tornato nella sua casa al 16 di via Plinio dopo tre giorni passati in carcere, le parole gli escono a stento. «Sono molto provato e costernato. Sto pensando a mia figlia, alla mia compagna Francesca. E poi penso molto anche a quei minuti, alla tragedia e alla famiglia Famoso». Righi, il consulente informatico di 48 anni finito in carcere dopo l’aggressione mortale al tassista Alfredo Famoso avvenuta domenica sera in via Morgagni, da ieri è ai domiciliari nella casa in cui abita la madre della sua compagna. Non ha ricevuto visite, se non quella del suo avvocato Isabella Giuffrida, uscita dall’appartamento intorno alle 19.30 dopo un lungo colloquio. Mercoledì, prima che cominciasse l’interrogatorio davanti al gip Gianfranco Criscione, Righi aveva chiesto subito della sua compagna: «Come sta Francesca, come sta la bambina?».
[Ma se non ha ricevuto visite, come possono sapere le nostre valorose giornaliste che le parole gli uscivano a stento? E come giustificano la dichiarazione tra virgolette?]

La piccola, la sua terza figlia, era nata proprio nel momento in cui lui si presentava davanti ai giudici. Giornata di emozioni intense, quella di ieri. Trascorsa a ripercorrere istante dopo istante la tragedia di via Morgagni con un occhio diverso dalla sera in cui la rabbia gli aveva impedito di ragionare, di tornare indietro come aveva promesso subito dopo aver colpito con un cartone di acqua minerale la faccia di Famoso. Sentimenti di angoscia misti alla gioia per la nascita della piccola. Una felicità soffocata dalla tragedia. Il gip Criscione ha stabilito ieri che l’imputazione per l’aggressore è omicidio preterintenzionale e non omicidio volontario con formula del dolo eventuale come richiesto dal pm Maria Grazia Latella. Oggi ci sarà l’incarico per l’autopsia al corpo del tassista. I risultati saranno importanti per confermare i dettagli della morte e ricostruire la dinamica. A ripercorrere i vecchi guai con la giustizia di Righi ci sono due denunce. Una che risale al 1985 per lesioni e un’altra del 7 maggio 2008. In quell’occasione gli era stata applicata la pena, poi sospesa, di 10 mesi e 20 giorni di reclusione per furto, ingiuria e molestia-disturbo alle persone. Colpe frutto dei forti dissidi che avevano caratterizzato la separazione dalla ex moglie.
[Tra le righe: quindi, come avevamo sospettato, per la denuncia del 1985 non era stato condannato. Naturalmente, Maria Grazia Latella si chiama in realtà Maria Teresa: e dire che ci si sono messe in due, per fare fact checking, evidentemente]

Il Giorno, tra l’altro, riesce a non informare i suoi lettori che il GIP, oltre a stabilire che l’imputazione per l’aggressore è omicidio preterintenzionale e non omicidio volontario con formula del dolo eventuale, gli ha anche riconosciuto l’attenuante della provocazione. Per fortuna c’è l’ANSA a riportare la notizia correttamente.

Tassista ucciso: scarcerato aggressore, ai domiciliari

Va ai domiciliari. Gip, omicidio preterintenzionale, attenuante provocazione

27 febbraio. 11:13. MILANO – Davide Guglielmo Righi, l’ aggressore del tassista Alfredo Famoso, morto martedì scorso dopo due giorni di coma, passa dal carcere ai domiciliari. Lo ha deciso il gip di Milano Gianfranco Criscione che ha derubricato il reato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, riconoscendo a Righi l’attenuante della provocazione.
La Procura di Milano aveva chiesto che Righi, consulente informatico di 48 anni, rimanesse in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ossia l’accettazione della possibilità e del rischio di uccidere. La difesa, invece, rappresentata dall’avvocato Margherita Rossi, aveva chiesto la derubricazione in omicidio preterintenzionale e la scarcerazione, tesi accolta dal giudice.
Nell’interrogatorio di ieri davanti al gip, Righi ha sostenuto, tra le altre cose, che quando il tassista è sceso dalla macchina dopo non aver rispettato la precedenza delle strisce pedonali, ha avuto un atteggiamento aggressivo nei suoi confronti. Il giudice ha riconosciuto all’indagato l’attenuante della provocazione.

Il framing spiegato al popolo

Premessa

Come molti di voi, sono rimasto molto impressionato da una recente tragedia avvenuta a Milano: durante una lite per una questione di precedenza tra un automobilista e un pedone, l’automobilista è stato colpito dal pedone ed è morto. La dinamica dell’accaduto non è stata chiara fin dall’inizio e forse non lo è neppure ora. Fatto sta che l’automobilista è morto, e a questo non c’è rimedio né giustificazione. Quale sia la responsabilità penale del pedone lo decideranno i giudici; sotto il profilo morale, l’opinione pubblica lo ha già condannato. Resta la circostanza che – in caso di contrasto tra i due – in genere è l’automobilista (più veloce e potente, all’interno di un involucro di metallo pesante parecchie centinaia di kg) il soggetto forte e il pedone il soccombente predestinato. È proprio questo capovolgimento delle aspettative a definire la tragedia.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Mi sono chiesto però quanto del giudizio morale che traiamo da questa vicenda sia funzione del modo in cui la vicenda stessa è raccontata. Per questo ho deciso di fare un piccolo esperimento, cui vi invito a partecipare, se volete.

Leggi il seguito di questo post »

Pubblicato su Opinioni. Tag: , . 1 Comment »

Gli elastici degli astici

Quando l’ho letto su facebook, ho pensato a uno scherzo (non sono riuscito a ritrovare il post e me ne scuso con voi).

wikimedia.org/wikipedia/commons

Esiste, all’interno dei tanti movimenti animalisti e anti-specisti (che rispetto nelle opinioni dei loro aderenti e simpatizzanti, come rispetto le opinioni di tutti; chiedo loro, però, di rispettare le mie senza coprirmi di insulti e senza augurarmi una morte lenta e dolorosa perché non disdegno la carne), un movimento che si preoccupa del benessere dei crostacei. E che chiede, quando sono tenuti negli acquari, che siano liberati dagli elastici che impediscono loro di aprire e chiudere le chele. Leggi il seguito di questo post »

No, per favore, il vilipendio no

Ai tempi dell’Università si discuteva vivacemente dell’attuazione dei principi costituzionali: se ne discuteva tra studenti, ma l’argomento era anche oggetto di studio nell’ambito del diritto costituzionale. Un punto dolente era la contraddizione tra i principi di libertà enunciati nel Titolo I della Costituzione (Diritti e doveri dei cittadino) e il nostro Codice penale, che risaliva al ventennio fascista (Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398) ed era profondamente intriso di quella ideologia, fondata sul carattere etico dello Stato e fortemente repressiva. Il codice penale era universalmente noto come Codice Rocco, dal nome del ministro Guardasigilli dell’epoca, Alfredo Rocco.

wikimedia.org/wikipedia

C’era, allora e adesso, un vasto consenso sull’incompatibilità tra Costituzione repubblicana e Codice penale fascista. Non lo dicevamo mica solo noi ultrasinistri gruppettari (mi pare di ricordare un mandato di cattura contro Mario Capanna per vilipendio del Presidente della Repubblica), ma anche la sinistra borghese moderata e integerrima di Giorgio Bocca e di Camilla Cederna. Sulla necessità di correggere profondamente e diffusamente il Codice penale, o addirittura di predisporne uno nuovo, c’era vasto consenso nel mondo accademico e tra gli operatori del diritto (si veda ad esempio la voce Codice penale su Wikipedia).

Tra le parti che apparivano in più stridente contrasto con la Costituzione c’erano quelle che contraddicevano il principio della libertà di manifestazione del pensiero (Art. 21, comma 1: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.»). Nacque un’etichetta per mettere insieme questo tipo di reati, che – come vedremo – nel Codice Rocco sono sparpagliati qua e là: reati d’opinione.

Leggi il seguito di questo post »