Caso Meredith: la prospettiva di un nuovo processo scatena la stampa americana contro il nostro sistema giudiziario

salon.com

Salon, in un articolo del 27 marzo 2013 a firma di Victor L. Simpson, intitolato Knox case means more scrutiny for Italian justice system. A decision by the country’s highest criminal appeals court raises questions about how justice works in Italy, esordisce così:

Roma (AP) – Quando il finanziere americano Bernie Madoff fu condannato a New York, il Corriere della sera (il più autorevole quotidiano italiano) pubblicò una vignetta che prendeva in giro il sistema giudiziario.

In una corte americana, un giudice condannava l’imputato a 150 di galera dopo 6 mesi di processo. In una corte italiana, il giudice condannava a 6 mesi di reclusione dopo un processo durato 150 anni. In questo modo il più importante quotidiano del Paese metteva alla berlina il lentissimo, e a volte inconcludente, sistema giudiziario italiano.

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Adesso, la decisione della Corte di cassazione – annullamento delle assoluzioni di Amanda Knox e del suo ex-fidanzato italiano e conseguente necessità di celebrare un nuovo processo per l’omicidio della sua compagna di stanza accaduto nel 2007 – suscita all’estero e all’interno nuove preoccupazioni sul funzionamento della giustizia in Italia.

È un sistema in cui le persone assolte dall’accusa di aver commesso reati gravi vivono per anni sotto la minaccia della reclusione [nel caso in cui vi sia un nuovo processo che si chiude con una sentenza di condanna – nota mia], mentre potenti politici come l’ex-premier Silvio Berlusconi possono evitare di essere condannati a una pena detentiva ricorrendo in appello quasi indefinitamente, fino allo scattare della prescrizione.

Potete leggere integralmente l’articolo in originale qui: Knox case means more scrutiny for Italian justice system – Salon.com.

Soltanto un commento: vi irrita, o peggio, un giudizio così sbrigativo sul nostro sistema giudiziario? Ritenete arrogante e affetta da complesso di superiorità la stampa statunitense? Considerereste un affronto alla nostra magistratura e al nostro Paese una campagna per sottrarre Amanda Knox a un nuovo processo in Italia, come stabilito dalla Cassazione?

Benissimo: rispetto qualsiasi opinione. Però, per favore, adesso andate a rileggere che cosa hanno scritto i nostri giornalisti sull’eventualità che sia la magistratura indiana a celebrare il processo ai 2 marò.

Perché non ci sono molti economisti al governo? Perché tutti li odiano!

Il quotidiano online Salon si chiede, in un articolo pubblicato il 18 febbraio 2013 a firma di Alex Pareene (Why don’t people want to elect economists to run stuff? Because everyone hates them), perché non siano molti gli economisti che guidano o fanno parte di un esecutivo, soprattutto in tempi di crisi, e si dà la risposta che leggete nel titolo. E poi articola la sua analisi.

Because honestly? This job is kind of a pain.
Italian Prime Minister (and economist) Mario Monti.
AP / washingtonpost.com

L’analisi di Pareene prende le mosse da uno studio di Mark Hallerberg e Joachim Wehner, che hanno pubblicato i loro risultati su Vox il 14 febbraio 2013 (The technical competence of economic policymakers). Anche se a prima vista appare ragionevole incaricare del governo dell’economia, soprattutto in tempi di crisi, un economista di vaglia (come Monti in Italia e Papademos in Grecia), questa soluzione è tutt’altro che frequente, non solo con riferimento ai Capi di governo, ma anche ai ministri dell’economia e delle finanze e ai governatori delle banche centrali. Ecco l’abstract dell’articolo su Vox di Hallerberg e Wehner, se non vi va di leggerlo integralmente al link che ho riportato sopra:

The appointments of Papademos in Greece and Monti in Italy in 2011 are examples of leadership changes meant to bring more competent people into government. This column aims at understanding why governments sometimes appoint economic policymakers with economics training but often do not. It suggests that levels of economics education among finance ministers are substantially higher in new democracies than in old ones and that the appointment of an economics PhD as a central bank president is 22% more likely during a banking crisis.

L’articolo completo, pubblicato da SSRN, si può scaricare in .pdf a partire da qui: The Technical Competence of Economic Policy-Makers in Developed Democracies.

Comparison of the economic training of economic policymakers / voxeu.org

Sempre il 18 febbraio 2013, sull’argomento interviene anche Brad Plumer, reporter del Washington Post, su un blog del suo quotidiano (Wonkblog) per chiedersi:

«Why aren’t more countries run by economists?»
«Why governments sometimes appoint economic policymakers with economics training but often do not?»

Plumer non ha una risposta definitiva, ma sottolinea alcune conclusioni del paper di Hallerberg e Wehner:

  1. Sono le giovani democrazie dell’Europa dell’Est, più del club dei padri fondatori dell’Unione europea, ad avere una più elevata propensione a collocare degli economisti a capo dei governi, dei ministeri economici e delle banche centrali
  2. Gli Stati membri dell’Eurozona, al contrario, sono particolarmente restii a fare questa scelta («We had presumed that membership in an economic union, in particular the Eurozone, would increase the demand for more competent economic policymakers», scrivono i due).
  3. La probabilità di vedere un economista di professione alle leve del comando aumenta sensibilmente in tempi di crisi, e questo era abbastanza prevedibile.
  4. Ma anche quando hanno la maggioranza partiti o coalizioni di sinistra (per tranquillizzare i mercati, ipotizza Brad Plumer).

Sì, ma poi – ci chiediamo tutti, immagino – avere un economista al timone conduce a risultati migliori di quelli che si ottengono quando al timone c’è uno Schettino qualunque?

Hallerberg e Wehner rispondono in modo paludato e sibillino, come si confà a degli economisti accademici: «The truth of such assertions is – at least on average – an empirical question. After all, it is not a priori clear that technical competence in itself is a desirable trait.»

Brad Plumer è un po’ più coraggioso ed esplicito (ma la sua è una spiegazione che, sia pure in modo più cauto, avanzano anche Hallerberg e Wehner): i ranghi della tecno struttura dei ministeri economici e delle banche centrali sono già affollati di tecnici competenti. Potrebbe essere molto più importante per un leader essere un manager competente e dotato di saggezza politica che avere enormi capacità tecniche («It might be far more important for a leader to be a competent manager with political savvy than to have a lot of technical expertise»).  Le democrazie mature questo lo sanno, e preferiscono quelle vecchie volpi dei politici di professione…

Alex Pareene è più coraggioso e pensa di avere la risposta alla domanda: «Why aren’t more countries run by economists?«

Here’s why: Because everyone hates economists. Economists are the worst. They’re usually very convinced of their own genius, though. And they act like because they use math, their “science” is more sciencey than sociology or whatever, but it is still mostly just a bunch of made-up stuff. If a bunch of economists had been running the world prior to the 2008 financial crisis the 2008 financial crisis would not have been averted because almost no one predicted it.
But the most important reason there aren’t a ton of economist prime ministers is that economists disdain politics. Economists tend to get a great deal of pleasure out of loudly attacking very popular policies (higher minimum wage! tax code giveaways to the upper-middle-class!) and they generally talk about normal people as little mindless “economic units” or something awful and dehumanizing like that. Economists don’t want to “campaign” and convince people to vote for them, they just want to be appointed to positions of power by people who actually did shake a bunch of hands and tell people what they wanted to hear. An economist doesn’t want to be an elected official who answers to voters, because that sucks.
Conveniently, the researchers did not bother to answer the question of whether countries that put economists in charge of stuff actually have better economic outcomes. But the economist in charge of Europe’s central bank is currently purposefully imposing disastrous austerity on a bunch of countries that did not elect him, so really if you want to know why we don’t let economists run stuff look at Spain’s youth unemployment rate.

Eh sì, ce l’ha proprio con il nostro Mario Draghi…

salon.com

Le elezioni italiane comportano il rischio che i fascisti rialzino la testa?

Lo teme globalpost, un quotidiano online di Boston, che l’11 febbraio 2013 ha pubblicato un articolo di Paul Ames intitolato Fascism mounts a comeback in Italy, che afferma – tra l’altro – che un esito incerto delle elezioni e l’aggravarsi della situazione economica potrebbero spingere i gruppetti di estrema destra a compattarsi.

Berlusconi’s praise for Mussolini was widely seen as an attempt to draw votes from a plethora of small parties on the more radical right.

Other election contenders have reached out to the neo-Fascists. Anti-establishment comedian Beppe Grillo, who is running for prime minister and scores about 15 percent in polls, recently told members of the Fascist-inspired CasaPound organization that some of their ideas could be shared and that they’d be welcome to join his movement.

Named after the American poet Erza Pound, who spent much of World War II making anti-semitic and anti-allied propaganda broadcasts for Mussolini’s Radio Rome, CasaPound is one of several radical right-wing groups seeking to gain from the widespread dissatisfaction with established politics.

Divisions among the various far-right groups has weakened their influence. But some still see cause for concern, particularly if the economic situation deteriorates — a prospect many fear if the election results spook markets.

Fascisti fanno il saluto romano nella manifestazione del 28 ottobre 2012 in occasione dei 90 anni della marcia su Roma. (Tiziana Fabi/AFP/Getty Images)

L’articolo è stato ripreso anche dal popolarissimo Salon.

A me non pare che il Financial Times abbia fatto marcia indietro

Oggi, molti giornali italiani scrivono che – dopo la lettera al Financial Times di Mario Monti (che si firma in qualità di presidente del consiglio, e non di “candidato premier”, quale che sia il significato di quest’ultima espressione) – il quotidiano inglese avrebbe fatto marcia indietro (Italy’s crucial vote – FT.com).

123people.it

A me non pare, né nella forma né nella sostanza.

Non lo ha fatto nella forma, perché l’articolo di ieri era firmato da un editorialista (Wolfgang Münchau) mentre quello di oggi non è firmato e dunque attribuibile alla direzione (avendo avuto occasione di leggere in altre occasioni le opinioni di Münchau, non mi aspetto nessuna sua ritrattazione, né ora né mai).

Non nella sostanza, perché l’editoriale di oggi si limita a mettere in positivo ciò che ieri Münchau giudicava con scetticismo: che i due candidati credibili potenzialmente (Bersani e Monti, perché il giudizio su Berlusconi è negativo al limite dell’irrisione) hanno un mese di tempo per delineare una linea di politica economica credibile. Giudicate da soli:

Pier Luigi Bersani, candidate for the centre-left Democrats, and Mario Monti, who is heading a centrist coalition, both have personal credibility. […]
However, neither leader has yet to set out a convincing economic vision for the country. The Democrat leader has to prove he will not be taken hostage by the leftwing of his party, which opposes reforms to an inefficient labour market. Mr Monti is right to argue for tax cuts but must spell out where he will find the savings needed to deliver them.
With a strong, export-oriented manufacturing sector and a highly educated labour force, Italy has the potential to return to sustainable growth. Mr Monti and Mr Bersani should use next month’s vote to make the case for a fresh start. This will allow voters to make a real choice about Italy’s future.

Pier Luigi Bersani, candidato per i Democratici di centro-sinistra, e Mario Monti, che guida la coalizione centrista, hanno entrambi credibilità personale. […]
Tuttavia, nessuno dei due ha ancora delineato una visione economica convincente. Il leader democratico deve provare che non si darà prendere ostaggio dall’ala sinistra del partito, che si oppone alle riforme dell’inefficiente mercato del lavoro italiano. Monti ha ragione a proporre tagli delle tasse ma deve dire chiaramente dove intende operare i risparmi che li renderebbero possibili.
Con un settore manifatturiero forte e orientato alle esportazioni e una forza lavoro altamente istruita, l’Italia ha il potenziale per tornare a una crescita sostenibile. Monti e Bersani dovranno utilizzare il voto del mese prossimo per chiarire da dove intendono ripartire. Soltanto questo permetterà agli eklettori di operare una vera scelta sul futuro dell’Italia. [la traduzione è mia]

Quanto al giudizio su Berlusconi, mi sembra tutt’altro che compassato…

[…] Silvio Berlusconi, the plutocrat-cum-politician who is planning a comeback after taking his country to the edge of the fiscal precipice. Some elements of his election manifesto, such as steep cuts to government spending that would finance a reduction in business taxes, are sensible in principle. But we have heard it all before. In his nine years in power, Mr Berlusconi, the laughing cavalier, promised much but delivered nothing. Italians should not be beguiled again.

[…] Silvio Berlusconi, il plutocrate/politico che medita di tornare al potere dopo aver portato il suo paese sull’orla del precipizio fiscale. Alcuni elementi del suo manifesto elettorale – come la proposta di drastici tagli alla spesa pubblica per finanziare le tasse sulle imprese – sono condivisibili in linea di principio. Ma gliel’abbiamo già sentito dire. In nove anni al governo, Berlusconi, l’ilare cavaliere, ha promesso molto senza mantenere niente. Gli italiani non si devono far abbindolare di nuovo. [la traduzione è mia]

wikimedia.org/wikipedia/commons

Monti is not the right man to lead Italy – FT.com

Il Financial Times ha pubblicato ieri (20 gennaio 2013) un articolo del suo editorialista Wolfgang Münchau che ricorda molto la famosa presa di posizione di The Economist su Silvio Berlusconi nell’aprile del 2001 (Fit to run Italy?).

Monti is not the right man to lead Italy - FT.com

Al di là del “caso Monti”, quello di Wolfgang Münchau è un articolo amaro e pessimista sul nostro futuro. Merita di essere letto e meditato.

Monti is not the right man to lead Italy – FT.com

Like the other countries on the eurozone’s southern rim, Italy faces three options. The first is to stay in the euro and take on alone the burden of full adjustment. By this I mean both economic adjustment, in terms of unit labour costs and inflation; and fiscal adjustment. The second is to stay in the eurozone, contingent on shared adjustment between creditor and debtor nations. The third is to leave the euro. Successive Italian governments have tried a fourth option – stay in the euro, focus on short-term fiscal adjustment only and wait.

L’iconografia della nuova destra

Se ne occupa Imprint, la rivista online per la comunità dei designer, in un articolo del 17 dicembre 2012 intitolato Old Symbols for Italy’s New Ultra-Right Party e scritto da Steven Heller (che abbiamo incontrato qui, a proposito di una campagna per scoraggiare gli aspiranti suicidi della metropolitana di Londra).

Non tradurrò l’articolo in italiano per pura viltà (non vorrei fossero imputate a me le opinioni di Heller, visto l’intelligenza limitata e l’ancora più limitata tolleranza per le opinioni altrui dei simpatizzanti dei partiti e movimenti di cui parleremo. sono stato malmenato qualche volta da giovane e adesso non ho più l’età.

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Forza Nuova (New Force) is the latest fascist wannabe on Italy’s right wing. And although relatively new to the scene, its poster (below) borrows vintage imagery from a certain long-defeated German nationalist party. The FN’s logo, while looking a little Barbara Kruger, uses that same German nationalist party’s favorite colors.

Un manifesto (affisso abusivamente) di Forza Nuova

Un bassorilievo di Arno Breker

Forza Nuova belongs to a confederation of old and new European ultranationalist parties called the European Nationalist Front (FNE), whose President is Robert Fiore. Fiore is also the founder of Forza Nuova. The group includes as members the National Democratic Party of Germrany (NPD), the National Revival of Poland (NOP), the New Right (ND) of Romania, the Falange of Spain, and the Golden Dawn (XA) of Greece. Each organization has its own national nuances and idioms, but they share extreme anti-immigrant, anti-semitic, pro-nationalistic, racist, violent ideas and employ new media and crowdsourcing for outreach. (Members of the German Federal government have moved to constitutionally ban the NPD — more here.)

La falange spagnola

L’ala destra rumena

La rinascita nazionale polacca

Alba dorata

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wikimedia.org/wikipedia/commons

Su quest’ultimo simbolo però permettetemi di dire la mia: a parte una vaga reminiscenza di svastica nazista (non penso casuale) e di meandro decorativo greco (vedi sopra), a me ricorda irresistibilmente il logo dell’ISI, l’Istituto internazionale di statistica. Ditemi voi se sbaglio!

La valutazione della ricerca

  1. Anche all’estero si discute del nostro sistema di valutazione della ricerca. Ricostruisco la vicenda con Storify.
    Il primo articolo che ho trovato è stato quello di Dan Cossins pubblicato il 17 dicembre 2012 sulla rubrica The Nutshell della rivista online The Scientist.

  2. Quell’articolo a sua volta citava una nota di Laura Margottini pubblicata il 13 dicembre su ScienceInsider, una newsletter (Breaking news and analysis from the world of science policy) dell’autorevolissima Science, organo dell’American Association for the Advancement of Science.

  3. L’articolo cita l’ANVUR e i suoi critici (ROARS, scienzainrete.it, il cui link però non funziona) e il britannico Research Excellence Framework.
  4. Curioso, ma non casuale, che l’unico commento (peraltro anonimo) all’articolo di Laura Margottini rilevi sarcasticamente:

    Many protesters are sons and daughters of Italian university professors. And their parents are protesting too.