E poi sfottono i nostri carabinieri …

È successo nel Sussex, nell’Inghilterra meridionale. Un’area della città è colpita da una serie di furti in appartamenti. La polizia invia sul campo un suo uomo in abiti civili, un novellino particolarmente zelante, collegato via radio alla centrale, dove un collega lo guida utilizzando le immagini che vengono da diverse telecamere a circuito chiuso.

TV a circuito chiuso

telegraph.co.uk / Photo: ALAMY

A un tratto la centrale nota un tale che si muove in modo circospetto, e gli mette alle calcagna il poliziotto in borghese. Niente da fare: ogni volta che dalla centrale gli dicono che il sospetto è entrato in un vicolo o è girato in una strada laterale, per quanto l’uomo sul campo si affretti e scruti nella notte, non riesce mai a vedere niente. Nessuna traccia. Come il palo della banda dell’Ortica (la canzone è di Walter Valdi, non di Enzo Jannacci, ma su YouTube non l’ho trovata interpretata dall’autore).

Soltanto dopo 20 minuti nella sala di controllo della centrale entra il sergente, diretto superiore del poliziotto in borghese, che scoppia a ridere accorgendosi che il sospetto ripreso dalle telecamere è proprio il collega in abiti civili.

L’autenticità della storia – raccontata dal Daily Telegraph (CCTV police officer ‘chased himself’ after being mistaken for burglar) e ripresa da Cory Doctorow su boingboing (English plainclothes police officer follows himself for 20 minutes) – è garantita dalla circostanza di essere stata pubblicata originariamente dal settimanale di un sindacato di polizia.

E ci dà comunque un motivo in più per riflettere sull’utilità di mezzi di sorveglianza di efficacia dubbia (come questo caso dimostra) ma certamente invasivi della nostra privacy.

Orwell e CCTV

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