Ieri sera, tornando a casa, mi è caduta una lente a contatto in metropolitana. Porto lenti rigide e il modo di scalzarle dall’occhio è praticamente uno solo, il più stupido: infilarsi un dito nell’occhio. E così ho fatto io. Poche le speranze che si fosse spostata dalla cornea ma fosse ancora nell’occhio: non la sentivo (chi porta o ha portato le lenti sa di che cosa sto parlando). Mi sono toccato la faccia e le mani: a volte resta appiccicata sulla pelle. Niente. Ho guardato sui vestiti (per quello che ci vedevo con un occhio solo), aiutandomi anche con il tatto. Con poche speranze, anche perché in questo raro freddo romano sono imbacuccato, strati su strati di vestiario, come Totò e Peppino a Milano. Alla fine, con grande cautela, per evitare di schiacciare la lente con i piedi, nel caso fosse caduta a terra, mi sono chinato e messo a scrutare sul pavimento del vagone.
Con scarso successo e poche speranze, perché il pavimento del vagone è di quella classica gomma nera a bolloni. Se la lente a contatto si fosse evoluta per mimetizzarsi perfettamente sui pavimenti di gomma nera a bolloni, sarebbe esattamente così com’è. E vederci da un occhio solo ti priva del senso della profondità (visione stereoscopica) e rende difficoltosa la messa a fuoco.

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Provate a immaginare la scena: un signore di mezza età, canuto, vestito elegantemente (giacca cravatta e tutto quanto), leggermente sovrappeso, si accuccia precariamente sul pavimento della metropolitana in corsa, estrae un iPhone, accende una pila a LED (l’iPhone può fare anche questo), tiene l’occhio destro chiuso (quello senza lente) ed esamina il pavimento con il sinistro.
Pensate che abba suscitato, non dico la solidarietà, ma almeno la curiosità dei presenti? Macché. Tutti hanno continuato a fare quello che facevano, leggere o ascoltare la musica con le cuffiette, per lo più comodamente seduti. Il treno ha cominciato a rallentare avvicinandosi a una stazione. Una signora si è avvicinata alla porta per scendere e mi ha visto accucciato a terra.
– Ha perso una lentina?, mi fa.
– Sì, dico io.
– Eh, che brutta cosa. Ma perché nessuno l’aiuta?
Soltanto allora una delle due ragazze sedute davanti a me ha infilato un dito nel libro che stava leggendo per tenere il segno e ha abbassato lo sguardo. Immediatamente ha visto la lente per terra e me l’ha segnalata.
Vicenda a lieto fine, dunque, quando già pensavo alla seccatura di dovermene far fare una nuova e restare bloccato per 1-2 giorni. Tantissime grazie alla ragazza che me l’ha trovata (“Che Santa Lucia ti protegga la vista”, avrebbe detto mia nonna). Prontamente. Be’, proprio prontamente no, prontamente dopo l’imbeccata della signora che si accingeva a scendere. A lei sono ancora più grato.
Le considerazioni che potrei fare sono fin troppo facili, e quindi non le farò. Ma certo deve essere penetrata profondamente nei nostri automatismi la norma tacita, di ispirazione laqualunquista, “Fatti i fatti tuoi (specialmente se sei in luogo pubblico).”