Magone

In questi giorni, sono in molti, anche qui a Roma (non i romanisti, penso, ma quelli che non volevano la Polverini), a dirmi di avere il magone.  E io, da vecchio milanese emigrato, mi domando: ma lo sapranno che cosa vuol dire, “magone”, fuor di metafora?

Temo di no. Il termine è di origine germanica, e diffuso soltanto nei dialetti del Nord. Ma temo che anche nella ferace (e feroce) Padania, fortemente urbanizzata, e dove ormai i polli non pullulano, si ignori il significato originario e principale del termine.

Il problema è questo: i polli, e gli uccelli in generale, non hanno denti, essendo dotati di becco. Poco male: niente carie, niente malattie delle gengive, meno spese dal dentista eccetera. Ma come masticare il duro becchime? Niente paura, basta avere due stomaci. O meglio, la parte terminale dello stomaco come l’abbiamo anche noi, il piloro (la valvola muscolare che mette lo stomaco in comunicazione con l’intestino), negli uccelli è trasformato nel ventriglio (dal latino ventriculus) o stomaco trituratore: “molto sviluppato nei granivori, con pareti provviste di una muscolatura assai sviluppata e ricoperte all’interno da un rivestimento cuticolare corneo, talora con papille e tubercoli, adatto alla triturazione dell’alimento, che può essere anche favorita dalla presenza di pietruzze che gli stessi uccelli ingeriscono.” [Vocabolario Treccani online].

In tedesco lo stomaco si chiama Magen, e il mistero è svelato. Basta ricordarsi che la tristezza ti stringe lo stomaco, ed ecco il magone.

magóne s. m. [dal germ. mago], regionale.
1. Il ventriglio del pollo.
2.
Accoramento, dispiacere (come di peso che resti sullo stomaco): avere il magone; provare un magone; E già premedito l’inevitabile magone. di cui Potrò dirmi che è la mia parte migliore (Maurizio Cucchi). [Vocabolario Treccani online]

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