Secondo il Vocabolario Treccani:
- Nel linguaggio filosofico, di ciò che appartiene all’esperienza, opposto a innato, razionale, sistematico, puro. In particolare:
a. In antitesi a razionale, che si riferisce alla metodologia di alcune scienze (per es. la fisica), le quali esigono il concorso attuale dell’esperienza (in questo senso è sinonimo di sperimentale).
b. Nella filosofia kantiana, in antitesi a puro, di ciò che nel complesso della conoscenza non deriva allo spirito dalle sue stesse forme, ma perviene ad esso dal di fuori (in questo senso è sinonimo di a posteriori).
c. In contrapposizione a sistematico, che risulta immediatamente dall’esperienza e non si deduce da altra legge o proprietà conosciuta: criterî empirici; norme empiriche; spiegazioni empiriche; con significato peggiorativo, che è il risultato di osservazione superficiale, priva di principî e norme metodiche: metodo empirico; medicina empirica; medico empirico (in questo senso anche sostantivo maschile: si è fatto curare da un empirico); rimedî empirici, tratti dalla comune esperienza, non scientifici. - In botanica, diagramma empirico, la rappresentazione grafica di un fiore costruita in base a quanto si osserva effettivamente (in contrapposizione a diagramma teorico).
- In fisica, detto di relazione o legge descrivente un certo fenomeno, la quale derivi dall’esperienza diretta e, almeno inizialmente, non trovi esatta giustificazione nell’ambito di una teoria generale del fenomeno in questione. Grandezze empiriche, grandezze il cui valore e le cui relazioni con altre grandezze non possono essere valutate altrimenti che con l’esperienza.
- Nella tecnica, formule empiriche, le relazioni dedotte dall’esperienza con le quali si riesce a dimensionare con una certa approssimazione elementi strutturali di cui risulterebbe difficile, se non impossibile, il calcolo esatto.
- In chimica, formula empirica, sinonimo meno comune di formula bruta.
Insomma, anche dal brevissimo excursus che un vocabolario può consentire si comprende che il termine empirico non ha sempre avuto la connotazione positiva che tendiamo ad attribuirgli ora. Ma questo lo dico per inciso, e del resto ne avevmo già parlato in un altro post.
Ci torno su perché vorrei diffondermi di più sugli strani percorsi e detour (sugli strani viaggi, come vedremo) che ci consente l’etimologia. La derivazione immediata è abbastanza lineare e comune a molte parole della nostra lingua: da latino dal empirĭcus, a sua volta ripreso dal greco ἐμπειρικός, che è l’aggettivo derivato dal sostantivo ἐμπειρία , “esperienza”. Qui le cose si fanno appena più interessanti, perché ἐμπειρία è una parola composta da ἐν, ἦν (“in, all’interno”) e πεῖρα (“prova”): come a dire che con l’esperienza siamo posti in grado di saggiare la realtà all’interno, dall’interno. La radice proto-indoeuropea di πεῖρα è apparentata con significati che ruotano intorno a “tentare, rischiare” e ci ha dato parole come perito e perizia, esperto ed esperire, sperimentare, pratico, prova. Fin qui tutto bene, siamo pur sempre nel medesimo ambito semantico. Ma poi, anche in italiano, ci ha dato anche pericolo, e persino pirata. In inglese abbiamo fear (paura, strettamente collegata al pericolo, quindi) e in tedesco fahren (viaggiare). Viaggiare era e resta un’attività pericolosa, ma consente di accumulare esperienza: e il cerchio si chiude.
Da Psycho di Alfred Hitchcock