L’ultima parola all’esperto, se dice quello che vogliamo noi

È successo in un grosso comune della bassa mantovana, ma sarebbe potuto succedere in qualsiasi altro luogo, perché è abbastanza rappresentativo dell’atteggiamento che la maggioranza degli italiani ha nei confronti della scienza.

Il processo è più o meno sempre lo stesso. Si parte da una notizia trasmessa in televisione (il TG1 di Minzolini era specializzato nell’irrilevante e nell’aneddotico, ma anche il leggendario Kazzenger di Giacobbo non scherza mica) o comparsa sui quotidiani e sui periodici (che in genere si avvalgono della collaborazione di free-lance che gratis o per due soldi spulciano la stampa estera). Deve essere una notizia di contenuto scientifico, ma questa è condizione necessaria ma non sufficiente; deve essere anche una notizia “appetibile” al vasto pubblico (“notiziabile”, dicono loro, traducendo alla bell’e meglio, anzi alla brutt’e peggio l’inglese newsworthy), a insindacabile giudizio del responsabile della pagina o della sezione, che ha il polso dei gusti e degli appetiti del vasto pubblico (non è un caso che il primo esame a Scienze della comunicazione sia Cialtronaggine 101). Dev’essere parte di quella che Laura (ma mi corregga l’interessata, se deve) chiama scienza pacioccona.

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