Luigi Siciliani – Di sera

Per anni sono stato perseguitato da una falsa memoria, o da una memoria imprecisa. Sia come sia, non cambiano i risultati.

Dovevo aver letto, su una qualche antologia della letteratura italiana del ginnasio o del liceo, una poesia che mi piaceva molto.

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Forse l’avevo anche imparata a memoria come compito a casa: alle medie l’indimenticabile e indimenticato professor Brivio e, al ginnasio, l’altrettanto indimenticabile e indimenticato Padre Egidio Edini ci facevano studiare le poesie a memoria. E, con il senno di poi naturalmente, sono loro molto grato. Il primo dei due, una volta che mi ero giustificato per non aver saputo recitare l’inno alla carità della 1ª lettera di Paolo ai Corinzi raccontando che avevo dovuto studiare il pianoforte (ma come si fa a far studiare una cosa così, mi dicevo, che non ha né rime né ritmo?), mi ammonì: «Sì, continua così, studia pure piano», provocando le risate di scherno di tutta la classe. Me l’ero cercata.

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