Un’accusa frequente a chi si riconosce in una visione naturalistica dell’universo è che un approccio scientifico e razionale impoverisce la vita, privandola delle dimensioni delle emozioni e dei sentimenti. Non per sparare sulla Croce rossa, ma il primo esempio che viene in mente, qui e ora, è il Gramellini che se la prende con gli algoritmi:
La dittatura dell’algoritmo è l’ultimo rifugio di un certo tipo di persone, per lo più maschi intellettuali con il cuore a forma di granchio e gli occhi a forma di dollaro, che non riuscendo più a sentire niente si illudono di domare le loro insicurezze con una serie di algide formulette attinte dalla marea di dati personali che le nuove tecnologie mettono a disposizione. [Massimo Gramellini, “Abbasso gli algoritmi“, La Stampa del 6 novembre 2013; lo stesso Gramellini ha poi fatto una parziale marcia indietro]
Invece, a me pare che le emozioni più profonde vengano da quella comprensione dei fenomeni che (a parer mio, va da sé) soltanto la scienza sa offrire.
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