Balestrini, Nanni e Primo Moroni (1997). L’orda d’oro 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale. Milano: Feltrinelli. 2008.
Un libro facilissimo o difficilissimo da recensire.
Recensione facile: un’ampia e documentata storia, partigiana al punto giusto, di un decennio essenziale per capire l’Italia, anche quella melmosa di adesso.
Recensione difficile: il libro è interessante, plurale nelle voci e nei punti di vista che si susseguono, ma drammaticamente discontinuo. Non è costruito in modo lineare, come un libro di storia tradizionale, ma ovviamente da Balestrini non mi aspettavo questo. Però le voci che si susseguono sono troppo disomogenee: trovare mescolati (e senza nessuna indicazione che ci permetta di distinguere le fonti e gli autori, salvo che in pochissimi casi) testi di volantini, documenti e analisi dell’epoca, analisi più o meno di parte fatte 10 o 20 anni dopo rende la lettura molto difficile e faticosa al limite del fastidio. Mi sono chiesto più volte, leggendo: ma se qui non mi ci raccapezzo io, che pure li ho vissuti quegli anni (una parte consistente, quanto meno, e dal punto d’osservazione privilegiato di Milano), che cosa può capire un ragazzo contemporaneo, che vi si avvicini per capire che cosa sono poi stati quei mitici Sessantotto e Settantasette e gli anni in mezzo (non meno importanti!) o per farci una ricerca o una tesi di laurea? E forse sarebbe stato meglio, a questo punto, un’antologia dichiarata di testi e materiali in una prima parte del volume, e una serie di saggi di commento nella seconda. Tra questi ultimi brillano tra tutti, per la loro qualità, i contributi di Sandro Mancini (che dà un contributo importante all’analisi della nascita e della specificità operaista del Sessantotto italiano) e di Paolo Virno (all’estremo opposto, sulla sconfitta e la fine del movimento).
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