Anemofilo

Secondo il Vocabolario Treccani online, anemòfilo si dice «[d]i piante in cui l’impollinazione avviene per opera del vento.»

Impollinazione

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E ci potremmo anche fermare qui. Ma l’etimo della parola rimanda a 2 termini greci, anemo- (“vento”) e -filo (“amico”), che ci fanno intravvedere un significato più ampio di quello botanico: amico del vento, amante del vento.

E infatti, per pura serendipità, trovo su La Stampa del 14 luglio 2012 la recensione di Fabio Pozzo a un libro di Fabio Fiori (un altro caso di nomen omen) in cui l’aggettivo anemofilo viene esteso a tutti coloro che «hanno bisogno del vento, ne ricevono vitalità, sicurezza, serenità, slancio e buon umore».

I venti, dichiarazione d’amore di un anemofilo

Sono un anemofilo. L’ho scoperto leggendo “Anemos” di Fabio Fiori, un libro che è un inno ai venti del Mediterraneo. Gli anemofili – scrive l’autore – “hanno bisogno del vento, ne ricevono vitalità, sicurezza, serenità, slancio e buon umore”. Ho riscoperto in queste pagine anche il significato di ànemos, vento: cosa, se non anima? E psychein, soffiare, cosa, se non pische? “Per il vento, solo il vento aumenta, il pneuma, l’indispensabile soffio vitale”.
Già così, alle prime battute, il libro convince. Ci si riconosce in una categoria di persone, è un moto di appartenenza. Poi, proseguendo a leggere, il soffio diventa sinfonia di rumori, odori, sapori. Perché ciascun vento ha un suo Dna. Fiori si limita a raccontare dei principali: Tramontana, Grecale, Levante, Scirocco, Ostro, Libeccio, Ponente, Maestrale e Bora. E delle loro declinazioni. Così la Bora è chiara e scura, Borin, Boròn e Boraza. Ma anche delle loro influenze: chi non ha mai usato il termine “sciroccato”? Il respiro africano è unico tra i venti “ad aver generato un aggettivo psicologico”. Perché “scuote anche la salute psichica, rischiando di far derivare parole e gesti, pensieri ed atteggiamenti”. Non a caso nelle ville dei “Gattopardi” siciliani c’era una stanza apposita, a prova di scirocco, ove trovare rifugio e pace.
Il libro di Fiori prosegue il viaggio tra storia e letteratura, detti popolari e pratici locali, passato e presente, strumenti e rose dei venti che si perdono nel più profondo dell’uomo, e non giunge ad alcun porto. Perché i venti del Mediterraneo non sono solo nove, perché le loro storie “sono mutevoli come i cieli e le acque, numerose come le isole e i porti, necessarie come le navi e i remi”. E noi, come dice l’autore, continuiamo ad alzare le vele per sentirle raccontare.

Io, dal canto mio, mi immagino che gli anemofili siano leggeri, pronti a essere portati via dal minimo refolo, in tutte le cose della vita. Non solo «vitalità, sicurezza, serenità, slancio e buon umore», come dice Fiori, non solo «insostenibile leggerezza dell’essere», ma anche incoerenza, prontezza a seguire le mode, a voltare gabbana, ad appiattirsi sulle opinioni e le posizioni di chi comanda.

Quanti ne conosco, di anemofili in questa seconda accezione. Purtroppo non basta un soffio a farli sparire.

Tarassaco

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Blue Moon

Oggi c’è la seconda luna piena del mese di agosto. Poiché il ciclo lunare è più breve del mese solare (29,53 giorni contro 30,44), succede ogni tanto (ogni 2,7 anni circa) che in un mese ci sia 2 volte la luna piena. L’ultima volta è successo nel dicembre del 2009 e la prossima volta sarà nel luglio del 2015.

Blue Moon 2009.12

The last “blue moon,” seen during a partial lunar eclipse in December 2009. Image via Wikimedia Commons/Codybird

Negli Stati Uniti (e in generale nei paesi di lingua inglese) si usa dire «Once in a blue moon» come noi diciamo «Una volta ogni morte di papa», anche se i papi muoiono meno di frequente e a intervalli meno regolari – se questo sia un bene o un male è questione di opinioni. La circostanza che la frase sia diventata proverbiale ci induce a ritenere, quasi automaticamente, che faccia riferimento a tradizioni e modi di dire antichissimi. Invece, la locuzione fu introdotta agli inizi del XX secolo dal Maine Farmer’s Almanac per con riferimento a un fenomeno connesso ma differente (la 4ª luna piena in una stagione) ed erroneamente traslato al significato attuale dall’astronomo dilettante James High Pruett nel 1946. La storia la racconta in un bell’articolo il professor Philip Hiscock, docente di folklore alla Memorial University in Canada, pubblicato su Space & Telescope (che è poi la rivista su cui comparve l’articolo di James High Pruett).

Ma questo lo troverete scritto, oggi, su tutti i quotidiani (e probabilmente con qualche novella imprecisione). D’altronde io stesso ho già parlato ampiamente della luna in un post dello scorso maggio (Una luna piena enorme). Quello di oggi è soltanto un pretesto per (ri)ascoltare la bella canzone composta da Richard Rodgers e Lorenz Hart a metà degli anni Trenta e presto diventata un standard. Cominciamo da Billie Holiday.

Restando nel classico, Nat King Cole:

A proposito di classico, ma lo sapevate che la melodia di Blue Moon è “derivata” (forse inconsapevolmente) dal 1° tema del 2° movimento (Adagio piuttosto largo) del Quartetto per pianoforte e archi in mi maggiore, opera 20, di Sergei Taneyev, scritto nel 1906? Sono le primissime note, non farete fatica a riconoscere il tema.