Gianmaria Testa – 26 maggio 2012

Sapevo ben poco di Gianmaria Testa, soprattutto che era stato capostazione e che era un cantautore amato in Francia. Due buoni motivi per diffidarne:

  1. Se di un musicista i media riepetono ossessivamente per prima cosa che era stato un ferroviere, ti viene il sospetto che la sua musica sia poco rilevante.
  2. I francesi spesso amano di noi gli artisti più radical-chic (mi vengono in mente, in ordine sparso, Bernardo Bertolucci e Nanni Moretti, Paolo Conte e – appunto – Gianmaria Testa). Quelli che i francesi chiamano bobos.

Il CD Valzer di un giorno, venduto in edicola dalle edizioni de L’Unità, non mi aveva convinto del tutto. Alcune canzoni erano belle, ma l’operazione – che alternava canzoni scritte e cantate da Testa a poesie recitate, sempre da Testa, ma scritte da Pier Mario Giovannone – mi era sembrata al tempo stesso minimalista e ambiziosa. Un disco ascoltato qualche volta e presto dimenticato. Ero forse il solo a pensarla così: la sua musica la percepivo sì come minimale, ma spesso enfatica e non sempre ispirata. Quella che segue è la recensione di Gianni Sibilla su rockol.it del 18 novembre 2000:

Una buona occasione per scoprire un cantautore di cui si è parlato spesso a sproposito. Più noto in Francia che in patria, il cuneese Testa ha pubblicato oltralpe i suoi tre dischi, ricevendo attenzione soprattutto come “fenomeno” più che come musicista. Questo “Il valzer di un giorno” è il primo lavoro prodotto totalmente in Italia. E’ un disco “popolare”, come ama definirlo lo stesso Testa: distribuito nelle edicole dalla Elleu Multimedia al prezzo di 18.000 lire, è fatto di semplici canzoni per chitarra e voce.
Insieme a Piermario Giovannone, Testa rilegge il proprio repertorio, “denudando” con sola chitarra e voce canzoni come “Il viaggio”, “Un aeroplano a vela” (a suo tempo incisa anche dalla Mannoia) e “Polvere di gesso”. Completano la lista delle canzoni due inediti, quello che dà il titolo all’album e “Piccoli fiumi”, oltre a cinque poesie di Giovannone lette da Testa.
Quello che emerge è il ritratto di un musicista e della sua musica minimale, mai enfatica, ma sempre ispirata. Musica d’altri tempi, che giustamente si fa un vanto d’essere inattuale, e che merita attenzione, per il semplice fatto che è bella, al di là di ogni paragone temporale o personale.

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Qualche anno dopo, una persona mi chiese se conoscessi Gianmaria Testa e io risposi quello che vi ho appena raccontato: che avevo comprato un disco e che mi era piaciuto così così. Mi si spiegò dunque che quello era un disco sui generis nella produzione di Testa e che avrei dovuto ascoltare Lampo, il suo capolavoro. Lo ascoltai con attenzione, con altrettanta attenzione riascoltai Valzer di un giorno. Meglio, mi dissi, ma non sono convinto del tutto.

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Poi mi è capitato, quasi per caso, di sentire questo suo concerto in una piazza di Ravenna, a un festival organizzato dalla CGIL locale. Piazza Marsala. Una sera tiepida e serena, con qualche refolo di brezza. Un centinaio di persone, a occhio e croce. Gianmaria Testa suona per un paio d’ore, con un quartetto affiatato e composto (se interpreto bene quello che ho trovato sul web) da Philippe Garcia alla batteria, da Nicola Negrini al contrabbasso, dal polistrumentista Piero Ponzo, oltre che dallo stesso Testa alla chitarra e alla voce. Un bellissimo concerto, di gente che fa musica davvero e con passione.

Ascoltare per credere.

Chiesa e scienza: quando decretò che il castoro è un pesce

Lo racconta Scientific American in un articoletto gustoso (anche se sa un po’ di pesce) di Jason G. Goldman pubblicato il 23 maggio 2013: Once Upon A Time, The Catholic Church Decided That Beavers Were Fish | The Thoughtful Animal, Scientific American Blog Network.

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In addition to disease, the European settlers also brought Catholicism with them, and successfully converted a large proportion of the indigenous population. And the native Americans and Canadians loved their beaver meat.

So in the 17th century, the Bishop of Quebec approached his superiors in the Church and asked whether his flock would be permitted to eat beaver meat on Fridays during Lent, despite the fact that meat-eating was forbidden. Since the semi-aquatic rodent was a skilled swimmer, the Church declared that the beaver was a fish. Being a fish, beaver barbeques were permitted throughout Lent. Problem solved!

Ma non è un caso isolato: oltre a quelli raccontati nell’articolo di Scientific American (fate i bravi, leggetelo tutto), c’è anche quello famoso dell’oca artica (chiamata barnacle gooseBranta leucopsis), di cui si credeva che i barnacles, o percebes, o perceves fossero le uova e che dunque, in quanto di origine marina, era consentito mangiare nei giorni e nei periodi di magro (è una storia che ho raccontato qui).