Il governo secondo il Financial Times

Dell’articolo di Wolfgang Münchau pubblicato sul Financial Times del 16 febbraio 2013 (Renzi will not revive Italy with reforms alone) hanno già parlato e scritto in molti. Se lo faccio anch’io, è per avere la libertà di attirare la vostra attenzione su quelli che per me sono i passaggi essenziali del ragionamento di Münchau e di commentare intercalando le mie riflessioni all’articolo del Financial Times.

Allora cominciamo, e cominciamo con questa bella foto tribunizia di Matteo Renzi, da cui si intuisce anche (a voler prestar fede alla fisiognomica) quanto il nostro si senta superiore a tutti noi.

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Ecco la mia traduzione (con qualche libertà):

Matteo Renzi sta per coronare la sua grande ambizione. E adesso?

Il presidente del consiglio italiano avrà il lavoro più difficile d’Europa. Se confermato, governerà un Paese con 3 problemi economici fondamentali: (1) un enorme debito, (2) nessuna crescita (3) all’interno di un’unione monetaria che funziona male.

È una situazione economicamente insostenibile. Se l’Italia non ricomincia a crescere, il suo debito diventerà ancora più paralizzante e alla fine renderà impossibile la permanenza nell’eurozona. Il lavoro del presidente del consiglio italiano è difficile, ma può essere descritto in modo molto semplice: cambia una o più di quelle tre cose, senza lasciarti dietro un mucchio di macerie.

Naturalmente, su quello che è necessario fare ci sono diverse opinioni. Tutti d’accordo che il precedente governo non abbia fatto abbastanza. Non ho mai smesso di stupirmi dell’approccio flemmatico di Enrico Letta alle riforme. È passato un anno dalle elezioni, 10 mesi dalla formazione del Governo Letta. In questo lasso di tempo è successo ben poco. Renzi ha detto più volte che l’amministrazione Letta non funzionava a dovere. Ma adesso la questione è: Renzi ha sufficientemente chiaro che cosa si deve fare? e ha una maggioranza parlamentare per sostenerlo nell’attraversamento della palude delle politiche di riforma economica? Sul primo punto sono moderatamente ottimista. Sul secondo, no. La risposta standard alla domanda su che cosa si debba fare in Italia è: una combinazione di riforme economiche e consolidamento fiscale.

Un paio di commenti. Il primo è che la frase «Enrico Letta’s phlegmatic attitude to reform» è un piccolo capolavoro di umorismo. Che anche i tedeschi, quando scrivono per quotidiani inglesi, diventino spiritosi?

Il secondo punto su cui voglio attirare la vostra attenzione che l’editorialista del FT (mi pare ne sia anche vice-direttore) è «moderatamente ottimista» che Renzi sappia che cosa deve fare. Che cosa deve fare – e scusatemi se sento il dovere di attirare la vostra attenzione su questo punto – che cosa deve fare secondo le ricette della vulgata liberista di cui FT è un autorevole e rispettato rappresentante. Come dire: nonostante le dichiarazioni di Renzi stesso e i timori dell’ineffabile Angelino Alfano, non aspettatevi che il suo governo sia più di sinistra di quello di Letta.

Non è del tutto sbagliato. In Italia – riprende Münchau – fare le riforme strutturali è necessario, ma forse non sufficiente. Per capirlo, basta guardare alla dimensione della deludente performance italiana: secondo i miei calcoli il PIL è del 15% al di sotto della linea di tendenza seguita dall’economia italiana negli anni Novanta. Non è stata la crisi finanziaria a fare danno. È stato proprio l’euro. Sei hai perso il 15% di qualcosa, devi poi crescere del 18% soltanto per tornare al punto di partenza. È come prendere un treno in corsa. Ecco, questo numero dà un ordine di grandezza al compito che aspetta Renzi. Non sto dicendo che dovrebbe far crescere il PIL di quella cifra in 4 anni. È del tutto impossibile. Ma dovrebbe provare a rimettere il paese su una traiettoria che prima o poi chiuda il divario, del tutto o in buona parte. Anche questo è tutt’altro che facile. È un aggiustamento più grande di quello che la Germania ha realizzato e che la Francia si accinge ad affrontare.

Quali risultati si possono conseguire con le riforme strutturali? Un ottimista potrebbe fare riferimento a studi come quelli di Lusine Lusinyan e Dirk Muir del Fondo Monetario Internazionale. Immaginatevi un universo parallelo in cui l’Italia mette in atto in questo preciso istante un vasto programma di riforme strutturali e del mercato del lavoro . Secondo i due autori, questo farebbe conseguire un PIL del 13% maggiore di quello che si sarebbe conseguito in assenza di interventi. Interessante notare che, contrariamente all’opinione più diffusa, la riforma del lavoro pesa più di interventi di riforma del mercato come la liberalizzazione dei servizi. Aggiungici una riforma fiscale e puoi arrivare al 20%. Fatto!

No. Io non penso siano traguardi raggiungibili. Tanto per cominciare, le riforme non sono mai attuate nella loro interezza – figurarsi da un governo di coalizione italiano. Persino in Germania, 10 anni fa, le riforme non furono attuate nel modo in cui erano state progettate.

Inoltre, le previsioni a lungo termine sono sempre un esercizio teorico. Non sappiamo se l’economia si comporterà in futuro allo stesso modo che nel passato, ora che i tassi d’interesse sono prossimi a zero e il sistema bancario funziona male. Alcune correlazioni tra grandezze economiche che hanno retto per molto tempo potrebbero smettere di essere valide.

Le riforme, per quanto necessarie, non possono portare da sole tutto il peso del cambiamento necessario. Per tenere l’Italia nell’eurozona, Renzi avrà bisogno anche dell’aiuto della Banca centrale europea. In altre parole, avrà bisogno di portare il dibattito macroeconomico all’interno dell’Unione europea.

Sarà necessario che si verifichino 4 condizioni, tutte al di fuori del controllo di Renzi:

  1. Si deve evitare che l’inflazione europea si tenga a lungo al di sotto del valore obiettivo, come invece è accaduto di recente.
  2. L’Italia ha bisogno di tassi d’interesse di mercato più bassi, è questo richiede a sua volta altre misure di policy non convenzionali.
  3. Occorre ristrutturare le banche periclitanti, chiudere quelle che cascano a pezzi e creare una “bad bank” per metterci tutte le macerie.
  4. Gli enormi surplus delle partite correnti di Germania e Paesi Bassi devono sgonfiarsi. Quei surplus rendono estrememente difficile e doloroso l’aggiustamento della periferia dell’eurozona. Renzi dovrebbe contenere i suoi bollenti spiriti e perorare la sua causa con i vicini del nord.

Affinché l’economia italiana torni su un sentiero di crescita sostenibile all’interno dell’eurozona, Renzi deve dunque mettere ordine nel sistema bancario e affrontare i partner europei. Forse i suoi predecessori gli hanno ceduto il passo troppo tardi. Adesso, le difficoltà cui Renzi va incontro potrebbero essere diventate insormontabili. Per farcela, Renzi ha bisogno di abilità, idee chiare, determinazione e – più di ogni altra cosa – fortuna.

Insomma, dàgli e dàgli, si torna sempre allo stellone.

Per l’originale: Renzi will not revive Italy with reforms alone – FT.com.

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