Morirò di attacco cardiaco, temo

Alcuni ricercatori dell’Harvard Medical School (tra i quali uno, Andrea Farioli, che a giudicare dal nome è italiano o di origine italiana) hanno pubblicato l’ennesimo articolo che associa forma fisica e rischio di attacco cardiaco (Yang J, Christophi CA, Farioli A, et al. “Association Between Push-up Exercise Capacity and Future Cardiovascular Events Among Active Adult Men.” JAMA Netw Open. 2019;2(2): e188341. doi:10.1001/jamanetworkopen.2018.8341). Quello che è interessante è che propongono un test molto semplice per valutare il rischio di attacco cardiaco fondato su un “semplice” esercizio. Semplice da realizzare per fare uno screening di massa della popolazione, e anche facile da fare a casa somministrandoselo da soli, ma per nulla semplice per chi lo deve fare (almeno nel mio caso).

Three men doing plank pushups on each other.
REUTERS/EDGAR SU, via qz.com

Il test è questo: si prende un metronomo (lo so, non ce lo abbiamo tutti, ma è facile simularlo con uno smartphone) e lo si mette a 80 toc al minuto. Poi si fa una flessione (push-up) a ogni toc fino a raggiungere le 80, oppure fino a quando se ne mancano 3 o più, o più semplicemente non ce la si fa più.

I ricercatori lo hanno fatto seguendo per dieci anni (dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010) 1.102 pompieri dell’Indiana, e seguendone la storia medica durante l’esperimento. Quelli che ce la facevano sistematicamente a completare almeno 40 flessioni – rispetto a quelli che ne completavano meno di 10 – hanno avuto una riduzione (statisticamente significativa) del 96% dell’incidenza di eventi cardiovascolari gravi.

I pompieri dell’Indiana sono più giovani e più in forma di me. Ma guardo con molta preoccupazione al futuro…