Non certo perché juventine: per esserlo dovrebbero essere anche gobbe, e dunque un incrocio tra zebre e gnu. In questa foto si vede bene la differenza.

Attribution: Esculapio [CC BY-SA 3.0]
La risposta che viene sùbito in mente è che le strisce rendono più facile sfuggire ai predatori: un carattere di sopravvivenza differenziale che si consolida evoluzionisticamente. L’ha scritto lo stesso Darwin: “The zebra is conspicuously striped”. Osservazione acuta! E anche un po’ idiota: le strisce bianche e nere possono forse avere una funzione mimetica nella taiga artica o nei pioppeti in riva al Po, ma le zebre vivono nella savana o nel bush, dove di alberi ce ne sono pochini (si vede bene nella foto qui sopra). Quindi le strisce bianche e nere, in quell’ambiente, rendono le zebre particolarmente cospicue, ai turisti dei safari come ai predatori. D’altro canto, se dipingiamo le strisce pedonali in bianco e nero è perché sono ben visibili, no?
Inoltre, per fortuna delle zebre pare che leoni e iene le percepiscano essenzialmente come grigie, a meno che non siano molto vicine. Secondo Amanda Malin dell’Università di Calgary [Melin AD, Kline DW, Hiramatsu C, Caro T (2016) Zebra Stripes through the Eyes of Their Predators, Zebras, and Humans. PLoS ONE 11(1): e0145679. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0145679%5D, gli esseri umani con una acuità visiva perfetta (10 decimi) possono distinguere le strisce dei fianchi delle zebre da circa 180 metri di distanza. Al contrario, i leoni possono farlo solo a 80 metri e le iene a 48. Questo in pieno giorno e in condizioni di visibilità favorevole. La dimensione delle strisce influisce su questi risultati: le strisce più sottili (come quelle sulle zampe o quelle della zebra di Grevy) sono meno visibili. Quando c’è poca luce, all’alba e al tramonto, leoni e iene possono distinguere le striature solo a 46 metri e 26 metri, rispettivamente.
Un’altra ipotesi è che le zone nere si scaldino più rapidamente delle fasce bianche, e quindi creino una microcircolazione d’aria che rinfresca l’animale. Aria condizionata per zebre: mica male.

Però nemmeno questo è vero, secondo le ingegnose misurazioni sperimentali effettuate da Horváth e dai suoi colleghi [Horváth, Gábor, Ádám Pereszlényi, Dénes Száz, András Barta, Imre M Jánosi, Balázs Gerics, and Susanne Åkesson. 2018. “Experimental Evidence That Stripes Do Not Cool Zebras.” Scientific Reports8 (1): 9351. doi:10.1038/s41598-018-27637-1].
Avrete capito che ci siamo addentrati su un terreno scientifico poco noto ma affascinante e dibattuto. Secondo Horváth sono state proposte almeno 18 possibili spiegazioni del perché le zebre abbiano le strisce, che possono essere ricondotte a quattro gruppi:
- disorientare i predatori attraverso il mimetismo
- regolare la temperatura corporea
- facilitare le relazioni sociali
- ostacolare l’attacco degli insetti.
Scartate le prime due ipotesi, valeva la pena di esplorare la quarta, apparentemente la più bizzarra. Lo ha fatto Tim Caro (uno degli autori del primo articolo che abbiamo citato). Le zebre sono particolarmente esposte al morso dei tafani e delle mosche tse-tse: hanno il pelo corto – più corto di quello delle antilopi, ad esempio – il che le lascia esposte al morso degli insetti, che riescono a penetrarne la pelliccia per raggiungere la pelle e i vasi sanguigni sottostanti. Per di più, tafani e mosche tse-tse sono vettori di malattie gravi e potenzialmente mortali: la tripanosomiasi (o malattia del sonno, la peste equina africana e l’influenza equina.
Allora, Tim Caro è andato in Inghilterra, a Hill Livery, dove ci sono numerose cavalli e zebre in cattività. Osservando e filmando questi animali, ha constatato che i tafani avevano maggiori difficoltà a posarsi sulle zebre. Non avevano problemi a trovare le zebre e ad avvicinarsi, ma non riuscivano ad atterrare. “Un quarto degli atterraggi rispetto ai cavalli”, secondo Caro. Come ulteriore esperimento, Caro ha provato a mettere ai cavalli una coperta zebrata: anche in questo caso gli insetti – confusi – non riuscivano a posarsi sulle parti coperte, a differenza che sulla testa o le zampe. Le riprese video mostrano che le mosche “mancano” l’atterraggio, andando a sbattere sui fianchi degli animali o sorvolandoli senza fermarsi [la mia fonte è un articolo di Ed Yong, The Surprising Reason Zebras Have Stripes, pubblicato su The Atlantic il 20 febbraio 2019].

Insomma, le mosche subirebbero lo stesso effetti di disorientamento di cui abbiamo parlato di recente, su questo blog, a proposito delle lucertole, delle vetture di Formula 1 e delle navi militari.