La statistica dei maschi incinti

Anche in Italia, come del resto in tutta l’Unione europea, negli istituti nazionali di statistica si discute da anni sulla necessità di utilizzare a fini statistici i “dati amministrativi”, cioè l’informazione prodotta a fini di gestione nelle organizzazioni complesse. Nato come un tema da addetti ai lavori (le rilevazioni dirette, tramite intervista o questionario, sono costose per chi le conduce e anche per chi è chiamato a rispondere), è ormai parte del grandissimo tema dei big data e dell’apertura al pubblico dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni.

Tutto bene, allora? Purtroppo no, perché i dati amministrativi sono “sporchi”: spesso prodotti e maneggiati da personale non specializzato, sono in genere sufficientemente buoni per gli scopi gestionali per cui sono inizialmente creati, ma non per generare statistiche affidabili.

Il tema è molto delicato, e per questo è tra quelli al centro dell’attenzione di Straight Statistics, un sito dedicato a migliorare la comprensione e l’uso delle statistiche e a ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni che le producono.

Welcome to Straight Statistics

We are a campaign established by journalists and statisticians to
improve the understanding and use of statistics by government,
politicians, companies, advertisers and the mass media. By exposing
bad practice and rewarding good, we aim to restore public confidence
in statistics.

Numbers shape the world. Twisting them for political, business or
personal advantage is widespread – and often undetected.

L’ultimo “scandalo” riguarda i codici (di 3 o 4 lettere) che servono a classificare le condizioni dei pazienti ospedalieri e che sono utilizzati – oltre che per le statistiche – per contabilizzare le entrate e le uscite degli ospedali, per valutarne la performance e per analisi epidemiologiche. Sono di importanza vitale, ha dichiarato di recente il Royal College of Physicians (l’equivalente britannico dell’Ordine dei medici).

Ma una lettera pubblicata sul BMJ del 5 aprile 2012 (Hospital episode statistics – The importance of knowing context of hospital episode statistics when reconfiguring the NHS; una risposta,The riddle of the male obstetric patients: solved, è stata pubblicata il 24 aprile) getta un’ombra sull’accuratezza dei codici: nel 2009-2010, quasi 20.000 adulti risultano aver goduto di cure pediatriche ambulatoriali, mentre 3.000 pazienti sotto i 19 anni sarebbero stati ricoverati in cliniche geriatriche.

Ancora più sorprendente: ogni anno, dal 2003, tra i 15 e i 20.000 uomini sarebbero stati ricoverati in ostetricia, e altri 10.000 in ginecologia. Quasi 20.000 “eventi ostetrici” (nel gergo del servizio sanitario nazionale: si tratta per lo più di parti o aborti) hanno avuto un maschio come protagonista.

Evidentemente la pubblicità dell’uomo incinto – creata nel 1970 dall’agenzia di pubblicità Saatchi per lo Health Education Council e tuttora popolarissimo in Gran Bretagna (qui sotto) – era profetica, oltre che memorabile.

The Pregnant Man

flickr.com / Copyright Tutti i diritti riservati a dandaduk

6 clip per insegnare ai ragazzi a pensare criticamente

Anche se sono in inglese, mi sembrano ben fatti e avvincenti. Penso siano un aiuto prezioso per apprendere il pensiero critico, cioè a separare la realtà dalla finzione.

Sono stati realizzati da Mike McRae e James Hutson.

Ci sono i sottotitoli in inglese, ma perché qualche volonteroso non prova a tradurli?

Open data anche per il Comune di Firenze

Questa volta la segnalazione l’ho trovata su Cacao, che ringrazio:

Firenze la prima wikicittà

Grazie a un accordo tra l’amministrazione comunale di Firenze e l’associazione Wikitalia è nato il portale http://opendata.comune.fi.it/ . All’interno ci sono tutte le informazioni, liberamente consultabili, che riguardano la vita della città. Dalle spese dell’amministrazione alle opere pubbliche in cantiere, dall’istruzione al turismo, per un totale di 180 aree tematiche. Ogni giorno viene inserito un dato nuovo. L’idea è del sindaco Matteo Renzi.
(Fonte: Corrierecomunicazioni.it)

A me piace particolarmente la sezione Geoportale.

La Camera dei deputati rende open i suoi dati

Vorrei innanzitutto ringraziare .mau. per la segnalazione, senza neppure pavoneggiarmi per il bel distico del mio titolo.

La notizia è che la Camera dei deputati ha realizzato un sito da cui è possibile accedere, in formato Linked Open Data e con la licenza Creative Commons più aperta che c’è, a molti suoi dati. Non so, per la verità, da quanto tempo l’iniziativa sia andata in rete.

Immagino una raffica di obiezioni (troppo poco troppo tardi, un altro formato sarebbe stato meglio, e le app? e i metadati? e la cultura e la formazione per farne qualcosa di sensato eccetera eccetera eccetera). Film visto un milione di volte, che neppure Tutti insieme appassionatamente il giorno di natale. Non mi interessa. Mi interessa che un’istituzione così autorevole abbia dato un messaggio così chiaro. E mi auguro che sia un’apristrada.

Ma giudicate voi stessi.

Conoscere la storia, l’attività, i meccanismi di funzionamento della Camera dei deputati. Condividere i dati e i documenti prodotti, disponibili al libero riutilizzo attraverso la rete
Cos’è dati.camera.it?
Una piattaforma di pubblicazione e condivisione di Linked Open Data sull’attività e gli organi della Camera, da scaricare o interrogare liberamente.
Quali dati sono disponibili?
Nel portale dati.camera.it sono disponibili i dati relativi ai deputati, agli organi parlamentari, ai gruppi parlamentari, ai lavori parlamentari dalla I legislatura della Camera regia fino alla legislatura che precede quella corrente.
E’ possibile riusare i dati?
I dataset disponibili possono essere scaricati e riutilizzati da chiunque in ogni momento, secondo le condizioni di utilizzo previsti dalla licenza scelta.

Ma poiché sono incontentabile adesso aspetto, dopo l’annuncio del 20 ottobre 2011, la discesa in campo dell’Istat.

10 credenze scientificamente infondate ma tenaci

Se la conoscenza è potere, allora la disinformazione ci rende più deboli

Pubblicato da lifehacker: 10 Stubborn Body Myths That Just Won’t Die, Debunked by Science

  1. Capelli e peli ricrescono più folti se li tagli o li radi.
    Falso. Smentito da uno studio clinico dal lontano 1928. E peraltro si taglia soltanto la parte morta e cheratinosa del pelo. Il fatto è che i capelli corti sono più ruvidi e più duri e per questo ci sembrano più folti e forti.
  2. Tenere conto del bilancio calorico è tutto quello che serve per mantenere sotto controllo il peso.
    C’è una parte di verità. Ma le calorie sono semplicemente un modo di misurare il calore. Ma il combustibile usato dal corpo è ottenuto dal cibo e dalle bevande che digerisci. Tenere conto della loro composizione dà risultati migliori.
  3. Sono necessarie 8 ore di sonno al giorno.
    C’è un’enorme variabilità individuale, in parte legata al gene ABCC9 (chi ce l’ha ha molto meno bisogno di ore di sonno di chi non ce l’ha). Inoltre è stato scoperto un ormone (orexin A) capace di compensare la privazione di sonno.
  4. Leggere con poca luce rovina gli occhi.
    Certamente li affatica, ma non provoca danni permanenti.
  5. Pisciare su un’ustione di medusa lenisce il dolore.
    Al contrario. L’urina (come l’ammoniaca o l’alcol) potrebbero indurre i nematocisti ancora vivi a rilascaire il veleno residuo, peggiorando la gravità dell’ustione e il dolore. Invece bisognerebbe cercare di togliere tutti i tentacoli dalla pelle (con i guanti ovviamente!) e uccidere con l’aceto (o lavare via con acqua salata) i nematocisti ancora a contatto della pelle.
  6. Sono grasso perchè il mio metabolsimo è lento.
    Intanto se sei grasso sei anche più grosso, e quindi la quantità di energia che ti serve a continuare a funzionare (il metabolismo basale è semplicemente questo) è più di quello che serve a mantenere in funzione un corpo più piccolo. La cosa è molto complessa (sono in gioco anche fattori nutrizionali, come dicevamo al punto 2.) ma la singola causa più importante è sicuramente la scarsa attività fisica.
  7. Si busca il raffreddore perché si prende freddo (e umido).
    Il raffreddore è provocato da un virus e si becca per contagio. Certo, avere il sistema immunitario indebolito (poco sonno, cibo scarso o cattivo) non aiuta. Ma il contagio, soprattutto attraverso il contatto tra le mani e le mucose del viso, è la causa principale. E allora perché d’inverno? Perché si passa più tempo al chiuso e in spazi ristretti con molte persone.
  8. Quando fa freddo la maggior parte del calore si perde dalla testa, quindi è fondamentale portare il cappello.
    La leggenda nasce dal fatto che l’esercito americano fece un esperimento in clima artico con soldati coperti di tutto punto con indumenti invernali ma senza cappello. La maggior parte del calore si perdeva dalla testa perché era l’unica parte non coperta! se li avessero tenuti in costume da bagno avrebbero perduto la maggior parte del calore dal torso, dalle braccia e dalle gambe!
  9. Un elevato livello di colesterolo è il primo fattore alla base dell’insorgere di malattie cardiache.
    Apparentemente, secondo lo studio MONICA dell’OMS, non c’è correlazione tra livelli di colesterolo e di mortalità cardiaca. Mentre c’è correlazione tra mortalità cardiaca e pressione sanguigna e, soprattutto, tra vendita di statine e profitti delle case farmaceutiche.
  10. È pericoloso svegliare un sonnambulo.
    No, solo che probabilmente si spaventerà, perché non capirà dove si trova. La cosa migliore è riportarlo a letto, svegliandolo se necessario.

Una cartografia dell’Antropocene

Le immagini sono troppo belle per non condividerle con voi. Ma non posso riprodurle qui: vi suggerisco di andarle e vedere utilizzando questo link: A Cartography of the Anthropocene

Cartografie dell'antropocene

globaia.org

The Anthropocene. We’re already there. This is our time, our creation, our challenge.

Officially, this epoch does not exist. Yet. It may be added permanently to the geologic time scale in August 2012, at the 34th congress organized by the International Union of Geological Sciences, to be held in Brisbane, Australia. It is the International Commission on Stratigraphy that determines the denomination and the calibration of different divisions and subdivisions of geological time, which date back to the formation of the Earth, 4.6 billion years ago.

Unofficially however, the term is used more frequently in the scientific literature and, more recently, in publications dedicated to the general public.

So, might you ask, what is the Anthropocene?

First, the etymology. The Ancient Greek [anthropos] means “human being” while [kainos] means “new, current.” The Anthropocene would thus be best defined as the new human-dominated period of the Earth’s history.

The term was proposed in 2000 by Paul J. Crutzen, Nobel Prize in 1995 for his work on atmospheric chemistry and his research on stratospheric ozone depletion (the so-called “hole”), and by Eugene F. Stoermer in a publication (p. 17) of the International Geosphere-Biosphere Programme. But the concept itself, the idea that human activity affects the Earth to the point where it can cross a new age, is not new and dates back to the late nineteenth century. Different terms were proposed over the decades, such as Anthropozoic (Stoppani, 1873), Noosphere (de Chardin, 1922; Vernadsky, 1936), Eremozoic (Wilson, 1992), and Anthrocene (Revkin, 1992). It seems that the success of the term chosen by Crutzen and Stoermer is due to the luck of having been made at the appropriate time, when humankind became more than ever aware of the extent of its impact on global environment. It should be noted that Edward O. Wilson (who suggested Eremozoic, “the age of loneliness”) popularized the terms “biodiversity” and “biophilia.”

Technically, the Anthropocene is the most recent period of the Quaternary, succeding to the Holocene. The Quaternary is a period of the Earth’s history characterized by numerous and cyclical glaciations, starting 2,588,000 years ago (2.588 Ma). The Quaternary is divided into three epochs: the Pleistocene, the Holocene, and now the Anthropocene.

The Pleistocene (2.588 Ma to 11.7 Ka) was a tumultuous era, during which more than eleven major glaciations occurred. Furthermore, the Pleistocene is also the time of early humans, the exit of our ancestors from Africa, the invention of the first tools, the evolution of bipedalism, the invention of graphic arts, cultural and linguistic refinements, and the dominance of Homo sapiens on the other hominids.

The Holocene (11.7 ka until about 1800 AD) was a time comparatively smoother in terms of climate variability. At the end of the last Ice Age, 12,000 years ago, a more stable climate regime settled on Earth. The ice gave way to temperate climates, and already, humans were present on all continents. It took a few thousand years for agriculture (domestication of land by humans for food mainly) to take off in the Fertile Crescent and elsewhere in Africa, China, New Guinea and South America. Thus went human progress, managing with success to feed ever more humans.

We are officially still in the Holocene. In fact, we are in the Phanerozoic Eon, Cenozoic era, Quaternary period and Holocene epoch. But now, the Earth’s system does not seem to behave the same way as, say, at the time of Hesiod, Dante or Cervantes. The Earth of the 21st century is warming, overcrowded, partly deforested, and more toxic and interconnected than ever. The comforting envelope of the Holocene, which has fostered the birth of civilizations, is now punctured.

L’accento francese e i pregiudizi

Per tutta la mia vita, e fino a qualche settimana fa, sono vissuto nella convinzione che i francesi tendano ad accentare tutte le parole sull’ultima sillaba. Immagino che anche voi viviate in questa convinzione.

Poi qualche tempo fa una mia amica francese – non so come l’argomento fosse venuto a galla – mi ha detto: “Non è vero, il francese è una lingua piana.” Non ho fatto lo sforzo di capire che cosa volesse dire e me la sono cavata con una bella risata.

Qualche tempo dopo ho ricordato ridendo l’episodio con un’amica francese di mio figlio, che per di più è una normalista letterata e agrégé. Niente da scherzarci sopra. Questa amica mi ha spiegato l’arcano. Sostiene che il francese è una lingua piana in cui ogni singola sillaba pronunciata viene accentuata allo stesso modo, con la stessa intensità. In italiano, invece, noi accentiamo fortemente la sillaba dove cade l’accento tonico, e non mettiamo nessun accento, fino alla soglia dell’inaudibilità, sulle altre sillabe.

Ad esempio, la parola campo, noi la pronunciamo più o meno càmpο, mentre i francesi la pronunciano càmpò. Per questo a noi sembra che i francesi accentino l’ultima sillaba, semplicemente perché noi non l’accentiamo. Ai francesi pare invece che noi, per così dire, superaccentiamo la sillaba tonica e quasi non pronunciamo quella finale.

Non è importante se la spiegazione vi convince. È importante, invece, riflettere sul fatto che è almeno possibile che un pregiudizio, che riteniamo inoppugnabile per la sola circostanza di essere appunto un pregiudizio, su cui non abbiamo mai applicato il nostro raziocinio, sia aperto a una diversa spiegazione razionale, cui non avevamo nemmeno mai pensato.

E se è vero per una cosa in fin dei conti così insignificante, chissà quanti altri pregiudizi e luoghi comuni, dai quali facciamo magari dipendere scelte e atteggiamenti etici e politici, meriterebbero di essere messi in discussione.

Proverò a mettere tra i miei motti questo:

E se invece?

Did You Know?

[Ringraziando l’amico che me l’ha segnalato.]

Waste is Good – Scarcity vs. Abundance Management

Scarcity

Abundance

Rules

Everything is forbidden
unless it is permitted

Everything is permitted
unless it is forbidden

Social model

Paternalism
(«We know what’s best»)

Egalitarianism
(«You know what’s best»)

Profit plan

Business model

We’ll figure it out

Decision process

Top-down

Bottom-up

Organizational structure

Command and control

Out of control

Chris Anderson, su Wired 17.07

Qui tutto l’articolo.

(Dedicato ai vortici e allo stop management di tutte le organizzazioni con più di 15 persone)

Scarcity

Abundance

Rules

Everything is forbidden
unless it is permitted

Everything is permitted
unless it is forbidden

Social model

Paternalism
(«We know what’s best»)

Egalitarianism
(«You know what’s best»)

Profit plan

Business model

We’ll figure it out

Decision process

Top-down

Bottom-up

Organizational structure

Command and control

Out of control

10 punti per riunioni più produttive

Forse le riunioni sono un male necessario, ma il tempo che si perde è spaventoso. Qualche suggerimento.

  1. È una riunione necessaria? La riunione è utile se più persone devono interagire simultaneamente. Contenere il numero dei partecipanti è utile sia a chi partecipa (meno si è, più la riunione può essere breve) sia agli altri (che possono continuare a fare il loro lavoro).
    Tutta la documentazione necessaria va inviata e studiata in anticipo: potrebbe anche emergere che la riunione è superflua.
    Chiedetevi anche se è essenziale vedersi di persona, soprattutto se operate su più sedi.
  2. Iniziare puntuali. Aspettare chi è in ritardo fa perdere tempo a tutti quelli che sono stati puntuali: chi è arrivato puntuale paga il conto della perdita di tempo, mentre il ritardatario non ha conseguenze negative. Un’idea è far restare in piedi i ritardatari.
    Se sei tu in ritardo, avverti in anticipo o appena te ne rendi conto (con un sms), e invita a iniziare senza di te.
    Se presiedi la riunione, rispetta l’orario di chiusura (che andrebbe sempre comunicato in anticipo): i partecipanti hanno anche altri impegni.
  3. Non fare il riassunto per i ritardatari: è come iniziare la riunione da capo.
  4. Arrivare preparati: fate circolare la documentazione necessaria in anticipo e studiatela. Se avete dei dubbi d’interpretazione, chiedete chiarimenti per email prima della riunione.
  5. Tenere sempre presente l’obiettivo che si vuol portare a casa: se non l’avete, perché convocare la riunione?
  6. Preparare e far circolare un ordine del giorno (consultate gli altri partecipanti sugli eventuali argomenti da inserire, ma prima della riunione).
  7. Chiarire le aspettative e le responsabilità: quale contributo vi aspettate dai presenti per ciascun punto? un brain storming? una reciproca informazione? una discussione? una decisione?
  8. Trattare gli argomenti più importanti all’inizio (quando siete più freschi).
  9. Non farsi distrarre da altre questioni: se potete rinviatele (dopo averne preso nota); se precludono il buon esito della riunione affrontatele, ma soltanto se sono presenti tutte le parti in causa; se no, sospendete o rinviate la riunione.
  10. Documentare la riunione: chi ha sostenuto cosa (ma soltanto se documentare le posizioni è rilevante), che decisioni sono state prese, il follow up (chi deve fare cosa e in che tempi).