Oggi mi sono imbattuto nel termine inglese hare-brained, che per il Merriam-Webster significa: “foolish, absurd, ridicolous, very silly, stupid”. Secondo l’Oxford English Dictionary compare per la prima volta nel 1548.
Letteralmente significa “dotato del cervello di una lepre”, sia perché le lepri non hanno un cervello particolarmente sviluppato, sia per il loro comportamento nella stagione degli amori: ve la ricordate le Lepre Marzolina di Alice nel paese delle meraviglie?

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Ero pronto a lanciarmi in un’ipotesi sulle diverse abitudini alimentari degli italiani e degli inglesi, e forse anche sulla loro rispettiva ricchezza e povertà misurata dall’apporto calorico all’epoca del formarsi dei modi di dire, quando ho trovato questa riflessione sul sito dell’Enciclopedia Treccani che ha subito ridimensionato le mie aspirazioni:
Cervello d’oca, di gallina
Non infrequentemente, nel parlare comune, si fa riferimento alle caratteristiche, positive o negative, attribuite a un animale, per qualificare diversi aspetti del comportamento o del carattere di una persona: così, per esempio, avere un occhio di lince è detto di chi ha una vista o un’intelligenza molto acuta, mentre chi si rivela maldestro, privo di tatto e di finezza viene tacciato di avere la grazia o la delicatezza di un elefante. A questo stesso ambito appartiene anche l’espressione, di registro familiare, avere un cervello d’oca o di gallina, largamente usata con riferimento a persona alla quale si attribuisca scarsa intelligenza o poco giudizio e basata sulla presunta relazione fra capacità intellettive e dimensioni del cervello, così come altri analoghi modi di dire, oggi poco usati, ma ampiamente diffusi in passato. Così, per esempio, annota il Tommaseo, nel suo Dizionario, alla voce cervello: «Cervel di formica, di passera, di fringuello, d’oca. L’ultimo dice stupidità e goffaggine, il terzo e secondo meschinità e leggerezza, il primo angustia e minuziosità».
Tali espressioni, ed altre simili, continuano ad essere registrate con costanza anche nei lessici e nei vocabolari italiani del Novecento; due interessanti esempi sono offerti dal Vocabolario della lingua italiana, a cura di Giulio Bertoni, pubblicato dalla Reale Accademia d’Italia nel 1941 («Cervello di gatta, d’oca, di grillo, di passerotto, d’uccellino e simili, persona di pochissima intelligenza») e dal Vocabolario della lingua italiana di Giulio Cappuccini e Bruno Migliorini pubblicato nel 1945 («I cervelli di talune bestie si mangiano; altri servono a paragoni poco lusinghieri. E invece di dire che uno ha il cervello matto, storto, o sim., si dice pure che ha un cervello d’oca, di fringuello, di grillo o sim.»). Diversamente, per trovare una delle prime attestazioni lessicografiche di avere un cervello di gallina bisogna attendere la pubblicazione del Dizionario Enciclopedico dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, 1955-1961 («avere un cervello d’oca, di gallina, d’uccellino, di passero, di fringuello, di grillo, di formica e sim., esser persona di poco giudizio o di scarsa intelligenza»).
Può essere, infine, non inutile ricordare che espressioni similari sono diffuse anche nell’uso colloquiale di altre lingue e, in particolare, dell’inglese (to have the brain of a bird, to be a birdbrain) e del francese (avoir une cervelle d’oiseau, d’autruche, de moineau).
Luigi Romani