Baloney!

L’immortale Scrooge di A Christmas Carol di Charles Dickens risponde al nipote che gli augura un buon natale sotto la protezione divina con un celeberrimo humbug.

“A merry Christmas, uncle! God save you!” cried a cheerful voice. It was the voice of Scrooge’s nephew, who came upon him so quickly that this was the first intimation he had of his approach.
“Bah!” said Scrooge, “Humbug!”

L’espressione è la prima che Scrooge proferisce e lo caratterizza immediatamente e splendidamente, tanto da essere divenuta proverbiale. L’ho usata anch’io per recensire il (brutto) film di Zemeckis.

Ebezener Scrooge

wikimedia.org/wikipedia/commons

L’humbug era originariamente (pare) una caramella alla menta, ma fin dalla metà del XVIII è attestato nel significato di inganno, e poi di sciocchezza. L’OED lo definisce così:

[mass noun] deceptive or false talk or behaviour: his comments are sheer humbug.

È una parola tipicamente britannica. Se Ebenezer Scrooge non fosse stato londinese, ma americano d’elezione come il suo omonimo Scrooge McDuck avrebbe forse esclamato, in circostanze analoghe: Baloney!

In questo caso, andiamo a leggere quello che dice il vocabolario americano Merriam-Webster:

pretentious nonsense : bunkum — often used as a generalized expression of disagreement
Don’t believe all of that baloney.
Just follow my orders, and stop the baloney.

La parola è di creazione recente, essendo attestata dal 1922: un altro buon motivo per cui Ebenezer Scrooge non avrebbe potuto pronunciarla.

La curiosità per noi italiani è che la parola nasce in origine come traslitterazione approssimativa ed erronea di bologna, ossia di mortadella. Di tutte le salsicce importate negli Stati Uniti al seguito degli emigranti, la mortadella era la più grossa ma anche la meno piccante: per questo – pare – è stata utilizzata inizialmente per denotare una persona non particolarmente brillante, e in questa accezione è attestata in un testo pubblicato sul Colliers Magazine del 16 ottobre 1920, intitolato “The Leather Pushers” e scritto da H. C. Witwer:

The aristocratic Kid’s first brawl for sugar was had in Sandusky, Odryo, with a boloney entitled Young Du Fresne,

L’accezione che ha poi preso piede sarebbe stata invece creata da Jack Conway, un redattore di Variety.

Ma la celebrità venne soltanto negli anni Trenta, quando il governatore dello Stato di New York Alfred E. Smith ne fece quasi uno slogan personale:

No matter how thin you slice it, it’s still baloney.
Per quanto sottile l’affetti, mortadella era e mortadella resta!

Su questo blog abbiamo parlato di baloney (traducendolo come bùbbole e panzane) a proposito del decalogo di Michael Shermer.

Cervello di gallina

Oggi mi sono imbattuto nel termine inglese hare-brained, che per il Merriam-Webster significa: “foolish, absurd, ridicolous, very silly, stupid”. Secondo l’Oxford English Dictionary compare per la prima volta nel 1548.

Letteralmente significa “dotato del cervello di una lepre”, sia perché le lepri non hanno un cervello particolarmente sviluppato, sia per il loro comportamento nella stagione degli amori: ve la ricordate le Lepre Marzolina di Alice nel paese delle meraviglie?

March Hare

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Ero pronto a lanciarmi in un’ipotesi sulle diverse abitudini alimentari degli italiani e degli inglesi, e forse anche sulla loro rispettiva ricchezza e povertà misurata dall’apporto calorico all’epoca del formarsi dei modi di dire, quando ho trovato questa riflessione sul sito dell’Enciclopedia Treccani che ha subito ridimensionato le mie aspirazioni:

Cervello d’oca, di gallina

Non infrequentemente, nel parlare comune, si fa riferimento alle caratteristiche, positive o negative, attribuite a un animale, per qualificare diversi aspetti del comportamento o del carattere di una persona: così, per esempio, avere un occhio di lince è detto di chi ha una vista o un’intelligenza molto acuta, mentre chi si rivela maldestro, privo di tatto e di finezza viene tacciato di avere la grazia o la delicatezza di un elefante. A questo stesso ambito appartiene anche l’espressione, di registro familiare, avere un cervello d’oca o di gallina, largamente usata con riferimento a persona alla quale si attribuisca scarsa intelligenza o poco giudizio e basata sulla presunta relazione fra capacità intellettive e dimensioni del cervello, così come altri analoghi modi di dire, oggi poco usati, ma ampiamente diffusi in passato. Così, per esempio, annota il Tommaseo, nel suo Dizionario, alla voce cervello: «Cervel di formica, di passera, di fringuello, d’oca. L’ultimo dice stupidità e goffaggine, il terzo e secondo meschinità e leggerezza, il primo angustia e minuziosità».

Tali espressioni, ed altre simili, continuano ad essere registrate con costanza anche nei lessici e nei vocabolari italiani del Novecento; due interessanti esempi sono offerti dal Vocabolario della lingua italiana, a cura di Giulio Bertoni, pubblicato dalla Reale Accademia d’Italia nel 1941 («Cervello di gatta, d’oca, di grillo, di passerotto, d’uccellino e simili, persona di pochissima intelligenza») e dal Vocabolario della lingua italiana di Giulio Cappuccini e Bruno Migliorini pubblicato nel 1945 («I cervelli di talune bestie si mangiano; altri servono a paragoni poco lusinghieri. E invece di dire che uno ha il cervello matto, storto, o sim., si dice pure che ha un cervello d’oca, di fringuello, di grillo o sim.»). Diversamente, per trovare una delle prime attestazioni lessicografiche di avere un cervello di gallina bisogna attendere la pubblicazione del Dizionario Enciclopedico dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, 1955-1961 («avere un cervello d’oca, di gallina, d’uccellino, di passero, di fringuello, di grillo, di formica e sim., esser persona di poco giudizio o di scarsa intelligenza»).

Può essere, infine, non inutile ricordare che espressioni similari sono diffuse anche nell’uso colloquiale di altre lingue e, in particolare, dell’inglese (to have the brain of a bird, to be a birdbrain) e del francese (avoir une cervelle d’oiseau, d’autruche, de moineau).

Luigi Romani

Tub-thumping

Qualche anno fa (caspita, ho controllato ed era il 1997!) è stata popolarissima una canzoncina allegra intitolata Tubthumping, contenuta in un album intitolato Tubthumper di un collettivo anarcho-rock (nientepopodimeno), i Chumbawamba.

Chumbawamba

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Anche se non conoscevate i dettagli, probabilmente riconoscerete la canzoncina.

I miei figli l’adoravano e abbiamo il disco.

Piccolo problema: fino a oggi non sapevo che cosa tub-thumper significasse e non ho mai avuta una curiosità sufficiente da vincere la mia pigrizia e andare a vedere il lemma su un vocabolario. Tub è la vasca da bagno, mi dicevo, to thump significa battere con i pugni, quindi – non mi vergogno a dirlo – nella mia mente c’era l’immagine di una ragazza nella vasca da bagno, Alice Nutter o Jude Abbott, che canta “pissing the night away“, battendo il ritmo sui bordi.

Niente di tutto questo. Oggi ho imparato il significato della parola tub-thumping e mi è caduto il velo dagli occhi.

Secondo l’OED, tub-thumping – nome e aggettivo – fa riferimento all’espressione e al sostegno aggressivi e rumorosi di un’opinione o di un punto di vista.

Cito dalla rubrica Word of the Day del Merriam-Webster del 21 marzo 2012:

Tub-thumpers are a noisy (and sometimes amusing) lot. The earliest ones were preachers or public speakers with a predisposition for pounding their fists on the pulpit or lectern — perhaps to wake up their listeners! Back in the 17th century, the word “tub” was sometimes used as a synonym of “pulpit”; John Dryden, for example, used the word thus in 1680 when he wrote, “Jack Presbyter shall here erect his throne, Knock out a tub with preaching once a day.” “Tub-thumper” has been naming loud, impassioned speakers since at least 1662, when it was used by a writer named Hugh Foulis to describe “a sort of people … antick in their Devotions….”

Certo che il testo della canzoncina non aiutava a capire il significato del titolo!

We’ll be singing
When we’re winning
We’ll be singing

I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down

Pissing the night away
Pissing the night away

He drinks a whisky drink
He drinks a vodka drink
He drinks a lager drink
He drinks a cider drink
He sings the songs that remind him of the good times
He sings the songs that remind him of the better times:

“Oh Danny Boy, Danny Boy, Danny Boy…”

I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down

Pissing the night away
Pissing the night away

He drinks a whisky drink
He drinks a vodka drink
He drinks a lager drink
He drinks a cider drink
He sings the songs that remind him of the good times
He sings the songs that remind him of the better times:

“Don’t cry for me, next door neighbour…”

I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down
I get knocked down but I get up again
You’re never going to keep me down

We’ll be singing
When we’re winning
We’ll be singing