Secondo il Vocabolario Treccani:
Sotterraneo. Nella mitologia greca, divinità ctonie, dèi ctonî, divinità sotterranee il cui mito era in qualche modo collegato con la vita terrestre o sotterranea; divinità ctonia per eccellenza fu Ade, signore degli Inferi, per i Greci, Dite per i Latini. Nella storia delle religioni il termine è riferito anche a divinità, figure mitiche e leggendarie, sempre connesse con la terra, di civiltà religiose diverse da quella greca.
Per me, ancora più di Ade (divinità abbastanza oscura, anche perché ovviamente non abitava con gli altri sull’Olimpo), la divinità ctonia per eccellenza è sua moglie Persefone (Proserpina nella tradizione latina), che almeno ha una bella storia. Persefone era figlia di Demetra, madre terra o la dispensatrice, dea delle messi e dell’agricoltura, peraltro anch’essa figlia di Crono e dunque sorella di Ade e di Zeus (e anche di Poseidone con cui era sposata, ma si sa che gli dei non ci andavano per il sottile). Un giorno che giocava con le ninfe sulle sponde del lago di Pergusa, in Sicilia, Ade – che la desiderava – la rapì con l’aiuto di Zeus (sempre in prima fila se si trattava di compiere malefatte, soprattutto se a sfondo sessuale). Demetra la cercò disperatamente per 9 giorni, e il decimo seppe del rapimento. Furiosa, scatenò una carestia che avrebbe estinto il genere umano e la stessa vita sulla terra (secondo altre versioni, la vita vegetale si arrestò nel momento stesso in cui Ade trascinò Persefone agli inferi). Fatto sta, che a fronte di una prospettiva così apocalittica, Zeus a questo punto cercò di far rappacificare i due. Convinse Ade a liberare Persefone, che sarebbe potuta tornare sulla terra perché si era astenuta dal nutrirsi di cibo ctonio. Ma Ade, con un sotterfugio, la indusse a mangiare alcuni semi di melograno, legandola in questo modo al mondo sotterraneo. Nuova ira di Demetra, e nuove minacce. Allora Zeus propose un compromesso: poiché Persefone non aveva mangiato un frutto intero, ma soltanto sei grani, la sua permanenza agli inferi sarebbe durata sei mesi (quelli autunnali e invernali, in cui la vita vegetativa si arresta), mentre nel resto dell’anno sarebbe rimasta con la madre, in un rigoglio di messi e di frutti.
Nella mitologia moderna, ritengo che all’aggettivo ctonio (in inglese si scrive chthonic) abbia pensato, più meno consapevolmente, Howard Phillips Lovecraft per immaginare la creatura cosmica di Cthulhu, personificazione (secondo Wikipedia) della morte termica dell’universo. Anche se, come i suoi lettori ben sanno, Lovecraft non brilla per la precisione delle sue descrizioni, Wikipedia azzarda anche una sua “fotografia”:

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Per quanto riguarda l’etimologia, ctonio discende direttamente dal greco χϑόνιος, a sua volta derivato da χϑών -ονός “terra”. La radice proto-indoeuropea è *dhghem- e significa anch’essa “terra, suolo”. Molte le parole che ne sono derivate, per la maggio parte attraverso il greco. In primo luogo, autòctono (“aborigeno, indigeno”: ma detto, originariamente, di quelle popolazioni che, per essere stanziate in un determinato territorio da epoca assai remota, si ritenevano essere scaturite dalla terra medesima). Ma anche – attraverso il greco χαμαί “in basso, a terra” – camaleonte (“leone che striscia”!) e camomilla (“mela di terra”). In latino, la radice indoeuropea si trasforma in humus (terra) e ci porta a umido e umile, ma anche a uomo (homo): giusto per non montarci troppo la testa.
lunedì, 17 ottobre 2011 alle 17:24
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