Mafe De Baggis » Mettiamocela via

Segnalato da il segnapagine del 24.I.2012 dello Scorfano e del Disagiato e trovato così bello da riproporvelo subito.

L’originale è qui:

Mafe De Baggis » Mettiamocela via

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(12 cose che ho imparato e che non ho più voglia di ripetere)

  1. Internet non esiste: è un luogo perfettamente coincidente con la realtà fisica, ci andiamo come andiamo in ufficio, al bar o in camera da letto. L’unica vera differenza rispetto agli ambienti fisici è che ci permette di essere ubiqui e/o invisibili.
  2. In Rete non ci sono conversazioni diverse, è che ascolti le conversazioni di persone molto diverse da te.
  3. Le relazioni online sono come le relazioni offline: poche sono profonde, moltissime sono superficiali, altrettante sono opportunistiche, di maniera o false.
  4. La tecnologia abilita il cambiamento, non lo genera: una persona che non ha niente da dire o da dare non diventa attiva e generosa solo perché può farlo. Spiegarglielo un’altra volta e un’altra volta è come spiegare una barzelletta se uno non ha riso la prima volta che l’hai raccontata.
  5. La tecnologia abilita il talento dove c’è, non lo crea.
  6. I nativi digitali sono abituati alla tecnologia, non consapevoli delle sue potenzialità e in quanto tali nati miracolati sulla via di Damasco: meravigliarsi o dispiacersi che usino Facebook per commentare X-Factor e non per fare la rivoluzione è come darmi un’asta e meravigliarsi se non salto da un palazzo all’altro.
  7. La consapevolezza dei significati di un medium (di qualunque medium) appartiene a una minoranza di professionisti. Colmare il digital divide non vuol dire far diventare tutti professionisti.
  8. In quanto abilitatore e non causa del cambiamento, i media digitali in quanto tali non sono belli o brutti, giusti o sbagliati, utili o pericolosi. Il tecnodeterminismo (di qualunque segno) è solo un escamotage per guadagnare il palcoscenico.
  9. Se qualcuno – anche competente – ti spiega con dovizia di particolari i problemi di Internet, ti sta raccontando i suoi problemi con Internet.
  10. Internet è un medium in cui prevale la scrittura parlata o, ancora meglio, il pensiero trascritto. Serve una nuova sintassi.
  11. Gran parte degli scambi che avvengono online hanno natura fàtica, non di trasmissione di informazioni.
  12. È la storia, non il libro.

 

Verso una rivoluzione delle peer review?

Nell’ambito della ricerca scientifica [sto riprendendo quasi letteralmente da wikipedia] la valutazione tra pari (comunque meglio nota con il termine inglese di peer review) indica la valutazione esperta eseguita da specialisti del settore intesa ad attestare l’idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate.

La ragione principale della peer review sta nel fatto che è spesso molto difficile per un singolo autore, o per un gruppo di ricerca, riuscire a individuare tutti gli errori o i difetti di un proprio studio. Questo perché l’autore può essere vittima di bias o perché in un prodotto intellettuale innovativo un possibile miglioramento può essere proposto da persone con conoscenze molto specifiche. Di conseguenza mostrare il proprio lavoro ad altri ricercatori dello stesso campo di studi aumenta la probabilità che eventuali debolezze vengano identificate e, grazie anche a consigli e incoraggiamenti da parte del revisore stesso, corrette. Così la revisione raggiunge lo scopo ultimo di filtro delle informazioni e delle ricerche realmente affidabili ovvero verificabili e degne quindi di pubblicazione, scartando spesso quelle non originali, dubbie ovvero non convincenti, false o addirittura fraudolente. L’anonimato (quasi sempre garantito) e l’indipendenza dei revisori hanno poi lo scopo di incoraggiare critiche aperte e scoraggiare eventuali parzialità nelle decisioni sulla accettazione della pubblicazione o suo rifiuto o rigetto.

Il problema è che il processo di peer reviewing è oneroso (soprattutto per i referee, che in genere non sono retribuiti) e spesso estremamente lento.

Peer review

wikipedia.org

Ora – segnala The Scientist (A Peer Review Revolution? | The Scientist) – un gruppo di ricercatori finlandesi propone un servizio online, Peerage of Science. Non è più il comitato di redazione di una rivista scientifica che individua i referee e chiede loro di valutare l’articolo. Sono gli stessi ricercatori che fanno un upload del loro manoscritto, che viene automaticamente reso anonimo e reso disponibile per la valutazione soltanto ai membri registrati. Sulla base delle keyword dell’articolo, gli esperti della materia sono avvertiti e possono assegnare un punteggio da 1 a 5. Soltanto gli articoli che superano una soglia predefinita sono avviati alle riviste scientifiche del settore, che possono invitare l’autore a pubblicare l’articolo presso di loro (l’autore, ovviamente, può declinare l’invito).

A me pare un’idea promettente (anche se attualmente opera prevalentemente in ambito biologico e ambientale). Voi che ne dite?