Emerge dal pozzo della memoria una canzone bellissima e malinconica, che non riascoltavo da tempo. Chissà perché nemmeno Paul Simon si ricorda di metterla nei suoi concerti.
Per di più ha delle parole memorabili, tra cui spicca questa quartina:
And so you see I have come to doubt
All that I once held as true
I stand alone without beliefs
The only truth I know is you.
C’è stato un periodo della mia vita in cui questa canzone, e in particolare questa strofa, sono stati un mantra che canticchiavo tra me e me e mi dava la forza di andare avanti, anche se la ragazza che allora amavo (e che naturalmente non ho mai smesso d’amare, poiché sono costante anche se non sempre fedele …) era lontana e la mia giovinezza era tormentata da dubbi esistenziali (ora è tormentata di dubbi esistenziali la mia età matura).
Ho già parlato in passato di canzoni che hanno avuto per me questa importanza (per esempio qui a proposito di un brano dei Pink Floyd).
Ecco il testo completo:
I hear the drizzle of the rain
Like a memory it falls
Soft and warm continuing
Tapping on my roof and walls.
And from the shelter of my mind
Through the window of my eyes
I gaze beyond the rain-drenched streets
To England where my heart lies.
My mind’s distracted and diffused
My thoughts are many miles away
They lie with you when you’re asleep
And kiss you when you start your day.
And a song I was writing is left undone
I don’t know why I spend my time
Writing songs I can’t believe
With words that tear and strain to rhyme.
And so you see I have come to doubt
All that I once held as true
I stand alone without beliefs
The only truth I know is you.
And as I watch the drops of rain
Weave their weary paths and die
I know that I am like the rain
There but for the grace of you go I.
Quest’ultimo verso riprende una frase divenuta proverbiale in inglese: “There but for the grace of god go I.” Il significato è più o meno questo: quando un altro viene colpito da una disavventura o da una disgrazia, si può commentare che noi stessi potremmo esserci trovati nelle stesse condizioni se non fosse stato per la provvidenza.
Secondo i più (ma si levano anche voci scettiche) la frase sarebbe stata coniata dal predicatore inglese John Bradford (circa 1510–1555), che ne avrebbe pronunciato una variante (“There but for the grace of God, goes John Bradford”) vedendo dei criminali avviati al patibolo. La sua fede nella divina misericordia, peraltro, non era del tutto ben riposta, giacché egli stesso fu condannato al rogo come eretico nel 1555.
E dato che il vizio delle frasi memorabili non gli era passato, si racconta che le sue ultime parole, dette al suo compagno di supplizio, siano state: “We shall have a merry supper with the Lord this night.”
Un articolo pubblicato su Science nel numero dello scorso 16 dicembre 2011 ha suscitato un enorme interesse anche tra i non addetti ai lavori.
È bene dire subito, per non cadere anche noi in un errore frequente, che abbiamo puntualmente denunciato, che la parte sperimentale della ricerca di Iain Couzin e dei suoi colleghi fa riferimento al comportamento dei pesci (anche se gli stessi autori concludono che “i loro risultati suggeriscono l’esistenza di un principio che potrebbe essere esteso alle decisioni auto-organizzate di agenti umani” – “these results suggest a principle that may extend to self-organized decisions among human agents.”)
Seguiamo il ragionamento degli autori: quando si tratta di assumere decisioni collettive, sono frequenti i conflitti d’interesse tra diversi membri del gruppo e il mancato raggiungimento del consenso può essere costoso. In queste circostanze, i singoli individui possono essere vittime della manipolazione di minoranze estremiste o comunque fortemente orientate. In passato, si è sostenuto – con riferimento tanto agli esseri umani quanto agli animali – che i gruppi sociali che comprendono individui disinformati o con preferenze deboli sono particolarmente vulnerabili alle manipolazioni. Nel loro articolo, gli autori sostengono – con argomentazioni teoriche ed evidenze sperimentali – che in molte situazioni una minoranza fortemente orientata può determinare la scelta dell’intero gruppo, ma che la presenza di individui disinformati inibisce spontaneamente questo processo e restituisce il controllo alla maggioranza numerica. I risultati presentati, in altre parole, sottolineano il ruolo degli individui disinformati nel raggiungimento del consenso democratico in contesti caratterizzati da vincoli informativi e da conflitti all’interno del gruppo.
L’articolo può essere raggiunto dal link qui sotto e (contrariamente alle abituali politiche di Science) scaricato integralmente.
Conflicting interests among group members are common when making collective decisions, yet failure to achieve consensus can be costly. Under these circumstances individuals may be susceptible to manipulation by a strongly opinionated, or extremist, minority. It has previously been argued, for humans and animals, that social groups containing individuals who are uninformed, or exhibit weak preferences, are particularly vulnerable to such manipulative agents. Here, we use theory and experiment to demonstrate that, for a wide range of conditions, a strongly opinionated minority can dictate group choice, but the presence of uninformed individuals spontaneously inhibits this process, returning control to the numerical majority. Our results emphasize the role of uninformed individuals in achieving democratic consensus amid internal group conflict and informational constraints.
icouzin.princeton.edu
Il CouzinLab dell’università di Princeton (eh sì, temo che Couzin, che compirà 38 anni il prossimo 11 febbraio, sia molto consapevole della sua bravura …) ha un programma di ricerca affascinante e ambizioso, che tocca corde a me molto care (chi mi conosce, soprattutto tra chi è stato mio studente, lo sa).
Animal groups such as bird flocks, fish schools and insect swarms frequently exhibit complex and coordinated behaviors that result from social interactions among individuals. A fundamental problem in a wide range of biological disciplines is understanding how functional complexity at a macroscopic scale (such as the functioning of a biological tissue) results from the actions and interactions among the individual components (such as the cells forming the tissue). Since they can be readily observed and manipulated animal groups present unrivaled opportunities to link the behavior of individuals with the functioning and efficiency of the dynamic group-level properties. The CouzinLab is a highly interdisciplinary environment with a closely integrated experimental and theoretical research program to elucidate the fundamental principles that underlie collective behavior across levels of biological organization.
Ma questo è un discorso che ci porterebbe molto lontano. Torniamo all’articolo sul ruolo degli individui disinformati nel raggiungimento del consenso democratico.
wikipedia.org
La parte sperimentale dell’articolo è condotta su pesci appartenenti alla specie Notemigonus crysoleucas, un pesce d’acqua dolce che vive in branchi ed è naturalmente attratto dal colore giallo. I collaboratori di Couzin ne hanno addestrato la maggioranza ad andare contro i propri istinti e a nuotare verso un bersaglio blu a un’estremità dell’acquario e una minoranza a seguire la loro preferenza naturale nuotando verso il bersaglio giallo all’altra. Quando i ricercatori hanno messo insieme i due gruppi, la minoranza (chiamiamolo il “partito giallo”) ha prevalso sulla maggioranza (il “partito blu”) trascinando l’intero branco verso il bersaglio giallo nell’80% dei casi. L’attrazione naturale verso il giallo si traduce in una motivazione più forte dei singoli individui, che prevale anche quando sono una minoranza. Ma la situazione cambia radicalmente quando si aggiungono esemplari di Notemigonus crysoleucas che non sono stati sottoposti a nessun addestramento: al crescere dei pesci “disinformati” l’influenza del “partito giallo” declina rapidamente e la maggioranza del “partito blu” riprende il controllo di tutto il branco.
Ha commentato lo stesso Couzin:
Adding those individuals dramatically changes the outcome of group decision-making. They inhibit the minority and support the majority view, and this allows the majority to be heard and that view to dominate. We thought, ‘Wow, that’s kind of interesting,’ because you don’t normally think that adding uninformed individuals to decision-making processes would have that sort of democratizing effect.
Abbastanza prevedibilmente, l’articolo ha avuto una forte esposizione mediatica, soprattutto negli Stati Uniti. Un primo motivo è che, come abbiamo visto, Couzin e i suoi sono molto attenti alla loro immagine (e nel competitivo mondo dell’accademia statunitense non può essere altrimenti). In secondo luogo, il campo del modelli in cui comportamenti collettivi emergenti sono l’effetto delle decisioni di agenti singoli (ne abbiamo parlato anche noi a proposito di Thomas Schelling – qui, qui e qui – e di Mark Buchanan) è di grande interesse “ideologico” sia per chi si colloca “a destra”, nell’area dei super-liberisti fautori della supremazia del mercato come regolatore super-efficiente, sia per chi si schiera “a sinistra”, sul versante liberal e con qualche tinta anarchica dello schieramento democratico.
Peraltro il dibattito è stato stimolato da Science nello stesso numero, in un “editoriale” (Perspective) di Jevin D. West e Carl T. Bergstrom che si chiedeva se l’ignoranza può promuovere la democrazia (Can Ignorance Promote Democracy?):
Ideas are like fire, observed Thomas Jefferson in 1813 — information can be passed on without relinquishing it. Indeed, the ease and benefit of sharing information select for individuals to aggregate into groups, driving the buildup of complexity in the biological world. Once the members of some collective — whether cells of a fruit fly or citizens of a democratic society — have accumulated information, they must integrate that information and make decisions based upon it. When these members share a common interest, as do the stomata on the surface of a plant leaf, integrating distributed information may be a computational challenge. But when individuals do not have entirely coincident interests, strategic problems arise. Members of animal herds, for example, face a tension between aggregating information for the benefit of the herd as a whole, and avoiding manipulation by self-interested individuals in the herd. Which collective decision procedures are robust to manipulation by selfish players? On page 1578 of this issue, Couzin et al. show how the presence of uninformed agents can promote democratic outcomes in collective decision problems.
Lo stesso sito del CouzinLab tiene aggiornato una pagina dedicata alla reazione dei media all’articolo, completo dei link necessari a leggere gli articoli:
Mi limito a segnalare l’articolo del Wall Street Journal, pubblicato lo scorso 7 gennaio 2012, che non mi pare sia stato incluso nella rassegna del CouzinLab ed è stato scritto da Jonah Lehrer, l’autore di How We Decide:
Le conclusioni di Lehrer mi lasciano molto perplesso:
Of course, many political scientists have criticized this extrapolation from golden shiners to democratic government, noting that not all independent voters are ignorant—some are simply moderate—and that a minority doesn’t always represent an extreme view.
Nevertheless, this research helps to explain the importance of indifference in a partisan age. If every voter was well-informed and highly opinionated, then the most passionate minority would dominate decision-making. There would be no democratic consensus—just clusters of stubborn fanatics, attempting to out-shout the other side. Hitler’s rise is the ultimate parable here: Though the Nazi party failed to receive a majority of the votes in the 1933 German election, it was able to quickly intimidate the opposition and pass tyrannical laws.
So the next time a poll reveals the ignorance of the voting public, remember those fish. It’s the people who don’t know very much who make democracy possible.
RT @UsciItalia: #StatCities Verona
Prof. Giorgio Alleva, ex Presidente Istat
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