Edoardo Nesi – Le nostre vite senza ieri

Nesi, Edoardo (2012). Le nostre vite senza ieri. Milano: Bompiani. 2012. ISBN 9788845269479. Pagine 157. 9,99 €

Le nostre vite senza ieri

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Edoardo Nesi è uno che sa scrivere bene. “Ha una grande facilità di scrittura,” si dice in questi casi. E si dovrebbe dire invece che ha una grande facilità di lettura: perché siamo noi, i lettori, che leggiamo con piacere e leggerezza, e il tempo ci vola via. So nel mio piccolo, e lo immagino per un professionista come Edoardo Nesi, che scrivere è tutt’altro che facile e, nella maggior parte dei casi e delle situazioni, costa tempo e fatica.

Ho già raccontato che ho incontrato Nesi per caso (sembra il nome di un gruppo musicale a cappella, i Nesi per caso ) guardando il documentario di Daniele Vicari Il mio paese. E ho scritto anche che prediligo il Nesi romanziere (quello che ci ha dato il bellissimo L’età dell’oro) rispetto al Nesi non-fiction (quello di Storie della mia gente).

Purtroppo la critica ufficiale non la pensa come me. O forse, come spesso accade, la critica ufficiale non ha il coraggio di dare un premio a uno scrittore che considera non ancora sufficientemente affermato e poi gli attribuisce il premio, anni dopo, per un’opera meno bella. È successo, secondo me, anche per il suo conterraneo Sandro Veronesi (Caos calmo era bello, ma folgorante fu Gli sfiorati, uscito almeno 15 anni prima) e a Maurizio Maggiani (La regina disadorna e Il coraggio del pettirosso sono entrambi molto più belli, secondo me, de Il viaggiatore notturno). Sia come sia, Nesi lo Strega l’ha vinto con Storie della mia gente; un po’ tardivamente, come rileva quasi con stupore lo stesso Nesi:

Il libro è candidato al premio Strega e, dopo più di un anno dalla sua uscita, è improvvisamente resuscitato. [789]

Dopo il Premio Strega tutti si mettono a leggere il libro, che a fine luglio arriva primo in classifica e ci rimane per due settimane. [811]

Il risultato (immagino e temo) sarà stato che la casa editrice avrà premuto per un tempestivo sequel e lo stesso Nesi avrà sentito la necessità interiore di proseguire e completare il discorso avviato con Storie della mia gente. A conferma della mia sensazione ho trovato questa sua anticipazione del nuovo libro sul sito bol.it:

Il libro sarà un diario dell’ultimo, folle anno della mia e delle nostre vite: il tentativo d’illustrare un mondo in cui l’economia pare sfuggire alla logica, gli Stati Uniti d’America rischiano di fallire e l’euro di crollare mentre il nostro Presidente del Consiglio vive i suoi giorni nell’impotenza politica, accusato – con qualche ragione, parrebbe – di reati infamanti. Sarà anche un libro intimo, però, popolato d’un caravanserraglio di personaggi. Presenterò la pars construens di ‘Storia della mia gente’ – nelle mie speranze una sorta di manifesto per il lavoro e per un’economia nuova e forse anche per una nuova Italia di sviluppo e crescita guidati dalla cultura. Un’avventura che a me pare del tutto possibile e persino vicina, e che potrebbe ricordarci i giorni vicini in cui il futuro era per tutti – o quasi tutti – un gran regalo brillante. (Edoardo Nesi)

Date queste premesse, capirete che mi sono avvicinato al nuovo Nesi con un misto di aspettative e sospetti. Ma subito ho avuto una bella sorpresa: il ritorno, per un lungo addio, del vecchio caro Ivo Barrocciai. E poi, come scrive lo stesso Nesi, il futuro:

Ricorda con struggimento il passato solo chi teme il futuro [180]

Al passato, però, vorrei dare l’addio che merita. Chiederò l’aiuto di un carissimo amico che non sento da un po’ di tempo: quel vecchio pirata che m’ha insegnato che, quando si deve lasciare una persona che abbiamo amato, bisogna farci l’amore per l’ultima volta. Meglio che si può.
E poi andare avanti. [183]

Il resto del libro è, come dicevo, più vicino a Storie della mia gente che a L’età dell’oro, e forse non poteva essere altrimenti. E poi, avendo appena letto Reality Hunger di David Shields non posso non notare che Edoardo Nesi ha saputo cogliere ante litteram, o quasi, questa interessante tendenza verso il memoir. Il che non significa però che – come già era accaduto con Storie della mia gente – io sia completamente d’accordo con tutte le analisi e le proposte.

In molti momenti lo sento molto vicino a me, Edoardo Nesi – che ha una dozzina d’anni di meno: anche nelle invettive e nelle speranze frustrate, ma mai come quando parla di La vita è meravigliosa, un film che adoro e che anch’io – giuro che è vero – vado a cercare sui canali televisivi ogni notte di Natale.

E non resisto neppure ora:

Prima di terminare la mia recensione e di passare al consueto florilegio di citazioni dal libro, vorrei fare a Nesi 2 appunti di uso linguistico (sommessamente, perché i miei panni non li lavo né in Arno né in Bisenzio, ma al massimo a Po o nel Tevere):

  1. Nesi usa (ben 3 volte in questo libro) il verbo vagellare, che sono dovuto andare a trovare nel Vocabolario Treccani, che lo dice equivalente a vacillare, ma toscano o letterario (e, aggiungo io, anche un po’ lezioso):
    1. Vacillare, tremare, non essere fermo e sicuro come di norma: la testa le vagellava talmente, da sentir bisogno di appoggiarsi al muro (Capuana); sudava freddo, si agitava un po’ su la seggiola, l’occhio gli vagellava (Pirandello).
    2. Vaneggiare, delirare, farneticare (per febbre, passione, pazzia, fissazione): il malato vagellava; anche con gli usi estensivi di vaneggiare (sragionare, parlare a vanvera, pensare o dire cose assurde e strane, ecc.): O io vagello sempre colla testa, O qui vanno i dementi a processione (Giusti); tu vagelli, caro mio!
  2. La mia seconda obiezione è più difficile da mettere a fuoco. Nesi usa “si avvia” dove io userei “ci si avvia”. Ad esempio, scrive Nesi: «Si avvia a dibattere apertamente della possibilità di fallimento del nostro paese …». E ancora: «… ecco che siamo già in città, e si avvia a divincolarci dal traffico». Di nuovo, e per me particolarmente stridente (e non solo perché sono interista): «… e bisogna resistere agli attacchi del Real Madrid, che non è certo venuto a Milano per perdere, e di colpo si avvia a soffrire perché si ha paura di prendere gol alla fine …». Infine: «Si avvia a scambiarci le prime spallate sgarbate …».
    Qui il Vocabolario Treccani aiuta poco, perché fa esempi tutti all’infinito:
    «Come rifl. o intr. pron., avviarsi, mettersi in cammino, dirigersi verso un luogo per raggiungerlo: avviarsi a casa, verso la stazione; finita la partita, il pubblico s’avviò verso l’uscita; e in senso fig., avviarsi verso una meta ambiziosa, verso la propria rovina. Anche assol.: sarà l’ora di avviarsi; io intanto m’avvio; di meccanismi, mettersi in moto: il motore stentava ad avviarsi. Fig., essere prossimo a fare una cosa, essere sul punto di: era una borgata molto popolosa, che s’avviava a diventare città; la minestra s’avvia a bollire; con questo sign., anche senza la particella pron.: pare che il tempo avvii a piovere».

***

Il riferimento è come di consueto alle posizioni sul Kindle:

Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra.
Primo Levi [49: è la citazione con cui il libro si apre e la sottoscrivo in pieno, sentendo di avere perso da qualche mese proprio questo privilegio di pochi]

[…] una regione dal passato illustre e dal presente residuale […] [115: lo dice dell’Europa del sud]

[…] la certezza d’aver scampato un male maggiore svanisce sempre in un attimo di fronte all’ineluttabilità di un male minore. [273]

Sarà di accorgermi come imprese un tempo semplici possano diventare da un giorno all’altro prima complesse, poi molto complesse e infine del tutto impossibili. [577]

Noi che ci siamo accomodati a vivere a Pottersville, mentre i nostri figli ci sono solo nati. [648]

Perché, perso il Sogno Americano, non ne avremo altri, e ci troveremo impauriti e impoveriti e questuanti in un’Europa grande e gelida che non ci capisce e ci sopporta a stento, costretti a vivere in un’epoca durissima in cui ogni nostro diritto diventa un costo […] [761]

E riguardo alle infrastrutture, anche senza voler considerare il loro costo astronomico, il tempo infinito necessario per costruirle e il branco di lupi famelici che tradizionalmente gli si aduna intorno, il loro impatto sul sistema economico è grande se i territori in cui si realizzano ne sono sprovvisti, ma diventa invece molto meno significativo su un territorio già largamente infrastrutturato come quello italiano. [1189]

Chi è debole non vuole decrescere, mai. Un disoccupato non vuole decrescere. Un anziano non vuole decrescere, perché conosce bene, meglio di tutti, l’essenza stessa del decrescere, e cioè il dolente calare di ogni cosa sua. [1266]

[…] io sogno il progresso, maledizione, questa parola desueta e potentissima – e col progresso il gran rimescolar delle carte della vita, la cancellazione dei privilegi immeritati ottenuta non mediante l’oscena piallatura ed equalizzazione dei destini, ma attraverso lo scatenarsi libero e vitale delle capacità di chi merita e non ha, ed è tenuto dalla vita ingiusta a ringhiare alla catena. [1286]

Credetemi, è impossibile riuscire a percepire la profondità della crisi abbeverandosi ai dati statistici aggregati che vengono sparati ogni giorno dal caravanserraglio dei mezzi d’informazione, rifacendosi allo sterile balletto di percentuali dell’esattezza delle quali a nessuno verrà chiesto di rendere conto. Impossibile raccontare coi numeri lo scoramento del presente, lo stagnare delle iniziative, lo sconcerto per il futuro, il languore avvelenato e intossicante del ricordo d’un passato perduto, la depressione silenziosa che sembra essersi impossessata del paese. [1334: e qui non posso essere d’accordo, non del tutto almeno, io che mi guadagno la vita cercando di dare conto di come va il mondo e il Paese proprio con i dati statistici …]

Non abbiamo bisogno di aziende più grandi, in Italia e in tutta l’Europa del sud, ma di più aziende nuove. [1390]

Funzionerà se saremo capaci di investire in un’idea grande, se saremo capaci di comportarci come quei padri e quelle madri che capiscono che l’unico modo per aiutare davvero i loro figli e le loro figlie è dargli fiducia prima che la meritino, nella speranza fervida che un giorno la meritino, nella certezza che la meriteranno. [1513]

2 Risposte to “Edoardo Nesi – Le nostre vite senza ieri”

  1. Morgaine Says:

    Amo Nesi, tantissimo, mi piace come scrive, ma temo che non abbia altre storie da raccontare. Questo libro è discontinuo, ha dei momenti di grande bellezza e altre cose già dette e un po’ inutili. Però sposo in pieno la sua invettiva sul progresso e la decrescita, anche se sono molto più pessimista di lui.

  2. Roberto Bolaño – Chiamate telefoniche | Sbagliando s'impera Says:

    […] con un libro brutto, o comunque non con uno dei migliori: come è successo, secondo me, a Nesi, a Veronesi, a […]


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