
antiwarsongs.org
Stiamo ancora discettando, alla luce del film di Marco Tullio Giordana (e all’ombra del libro di Paolo Cucchiarelli), della strage di Piazza Fontana, e oggi si riapre un’altra ferita, quella della strage di Brescia del 28 maggio 1974. Una strage fascista al di là di ogni ragionevole dubbio, mi verrebbe da dire: la bomba scoppia durante una manifestazione antifascista mentre parla un sindacalista della CGIL. Nessun colpevole per la giustizia italiana (che continuo a rispettare, beninteso, come ogni bravo cittadino).
Cito da un intervento di Riccardo Venturi, che ho trovato qui ma che rinvia a un documento non facilissimo da trovare, Canzoni e stragi di Stato:
Esaurita la lunga sezione sulla strage di Piazza Fontana e sugli episodi ad essa collegati, è necessario seguire la scia di sangue di morte che, da Milano, porta alla vicina Brescia. Una strage i cui “protagonisti” sono gli stessi. Lo stesso stato. Lo stesso terrorismo di stato. Che colpisce, stavolta, non in un luogo “di passaggio”, come nella strage precedente ed in quelle che seguiranno (una banca, un treno, una stazione), ma nella Piazza.
La Piazza.
Tempio della politica e dell’azione, dell’assemblea e della parola. Quella piazza che Giorgio Gaber contrapponeva come scelta della sua generazione alla casa e alla coppia sposata, la piazza “unica salvezza” per una generazione imperdonabile che rifiutava la dimensione privata e borghese della famiglia e le imputava anzi la colpa di tenere le persone lontane “dalla lotta, dal dolore e dalle bombe”. Quell’ordigno nascosto in un cestino dei rifiuti colpì al cuore un’intera generazione in ciò che di più intimo e pubblico nel medesimo tempo aveva al mondo.
È la mattina del 28 maggio 1974. In Piazza della Loggia, cuore storico della città di Brescia, si sta svolgendo una manifestazione organizzata dal Comitato Permanente Antifascista bresciano per protestare contro la violenza dei gruppi della destra radicale. Sta parlando il sindacalista della CGIL Castrezzati. Proprio mentre il sindacalista sta parlando della strage di Piazza Fontana di quattro anni e mezzo prima, si sente uno scoppio. Nell’agghiacciante registrazione della manifestazione, un documento sonoro che chiunque ricordi quegli anni porterà per sempre dentro (fosse stato pure un ragazzino di undici anni, come io ero allora), si sente la voce di Castrezzati che parla; lo scoppio; ancora Castrezzati, che con voce rotta grida “Compagni! State Calmi! Lavoratori! Tutti al centro della piazza!”. Sul selciato, tra i brandelli delle bandiere rossi, restano i corpi dilaniati di otto persone, delle quali vogliamo ricordare il nome.
Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi, Clementina Calzari Trabeschi, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trabeschi (marito di Clementina), Vittorio Zambarda. Rimangono ferite in modo più o meno grave altre 103 persone.
Da allora, per chi era lì quella mattina, Piazza della Loggia resterà sempre squarciata dai corpi ammucchiati, dalle bandiere rosse come il sangue stese a terra per coprire l’orrore, dal fumo e dalla confusione, dall’odore acre di polvere e carne bruciata. Da allora sarà “la piazza lavata”, dacché qualcuno diede ordine ai pompieri di spazzarla con gli idranti cancellando ogni indizio per rivestirla al cospetto dei nuovi giorni. Non riuscirà mai a riprendere le sue funzioni di mercato al sabato, di fermata degli autobus, di snodo del centro storico: la sua condizione fondamentale sarà quella di piazza ferita, solo per gli occhi disattenti “lavata” e acconciata per le futilità quotidiane. “Loro – quei corpi straziati – ci sono anche se non vogliamo guardare” (Mario Rigoni Stern).
A differenza di quella di Piazza Fontana, la strage di Brescia non ha avuto, a quanto mi è noto, grandissimo eco nella canzone d’autore e popolare. Con un’unica, importantissima eccezione: “Ringhera” di Ivan della Mea. L’intera seconda parte della lunghissima cantata in dialetto milanese è dedicata alla strage, seguendo le vicende di una delle sue vittime (non so dire, onestamente, se basate su una reale corrispondenza, oppure se frutto della fantasia interpretativa dell’autore; ed al riguardo mi piacerebbe ovviamente avere notizie più precise).
Tempo fa (esattamente il 28 ottobre 2004) ebbi modo di presentare “Ringhera” sul newsgroup it.fan.musica,guccini e sulla mailing list “Brigata Lolli”, vale a dire gli stessi luoghi dove sto inserendo questa cosa sulle canzoni e le stragi di stato. Si trattava della prima volta in cui il testo della cantata di Ivan della Mea veniva presentato in rete. Ritengo opportuno ripetere la presentazione che ne feci allora, sfrondata dalle parti appropriate per il suo inserimento nel sito delle “Canzoni contro la guerra”.
*
“Ringhera” è una lunga cantata di lotta, la storia del nostro paese dal fascismo alla guerra di Spagna, dal duro dopoguerra alle stragi di stato e alle bombe fasciste vista attraverso le vicende di un ragazzo e di una ragazza “di ringhiera” milanese. Un affresco totale di una storia di lotte, di sopraffazioni e di morte (la cantata si chiude infatti con la morte della donna il 28 maggio 1974, nella strage di Piazza della Loggia a Brescia). Una storia di guerra e di lotta continua, quindi; una storia militante che, va da sé, si è sempre e necessariamente confusa con la lotta contro la guerra imperialista e contro la violenza delle classi dominanti.
“Ringhera” è a mio parere una delle massime cantate in lingua italiana. Ciononostante, in rete mi è stato assolutamente impossibile reperirne il testo completo. Ho dovuto quindi trascriverla all’ascolto […]
“Ringhera”, tratta dall’album omonimo di Ivan della Mea (del 1974), è senza dubbio una delle composizioni più autenticamente epiche di tutta la canzone d’autore italiana; e ve la annovero volentieri tra le principali in assoluto […]. Un’occasione per vederne il testo, per chi già la conosce, e di conoscerla per chi non ne ha mai sentito parlare.
E’ l’epopea, forse, di una classe, di un paese e di una città intera, Milano, quella Milano che voglio non vedere mai morta e sempre rinascere con quello che veramente è nel profondo, e che ho imparato nel tempo ad amare. Anche grazie al lucchese Della Mea. E’ la storia di questo paese dal fascismo alla Resistenza, dal dopoguerra alle stragi di stato. E’ la storia di una città operaia vista dalla parte della “Ringhera”, le case di ringhiera della Milano popolare (ed ora, spesso, trasformate in abitazioni da “fighettume” di merda…), la cui gente assurge a simbolo di tutti coloro che hanno lottato e che non si sono mai arresi.
E’ la storia di un uomo e di una donna che cade vittima di una strage fascista, quella di Brescia del 28 maggio 1974. Una di quelle stragi che vorrebbero farci dimenticare, non sapendo che qualcuno ci sarà sempre a tenere accesa la memoria. Voglio essere e sono uno di queste persone. Non intendo abdicare mai. Ora e sempre non solo Resistenza: ora e sempre memoria.
Il testo di “Ringhera” è composito e suddiviso in parti ben precise: Un’introduzione, una prima parte dedicata alla vicenda della Guerra di Spagna e una seconda dedicata alla strage di Brescia. E’ in milanese inframezzato con frequenti parti in italiano (e un ritornello in spagnolo, ripreso dal “Quinto regimiento”). Non ritengo opportuno inserire una traduzione per la comprensione abbastanza agevole del testo.
Ho già “postato” (affisso, si dovrebbe dire?) su questo blog il testo e la registrazione di Ringhera commemorando la morte di Ivan Della Mea: Ma è meglio per tutti se la riporto di nuovo.
“El dieciocho día de julio
en el patio de un convento,
el dieciocho día de julio
en el patio de un convento
el Partido Comunista
fundó el Quinto Regimiento,
el Partido Comunista
fundó el Quinto Regimiento.El desdott del mes de luj
int el chioster del convent,
el desdott del mes de luj
int el chioster del convent
i compagn de la ringhera
han faa su el so regiment,
i compagn de la ringhera
han faa su el so regiment.E tira su la bandera,
la nostra Spagna è già rossa
l’è ‘rivada la ringhera,
fazolett giò ne la fossa,
E tira su la bandera,
la nostra Spagna è già rossa
l’è ‘rivada la ringhera,
fazolett giò ne la fossa.Luu el g’aveva desdott an
desdott ann, ma de ringhèra,
desdott ann, ma de speranza,
tuta rossa de bandera.La morosa la zigava,
la diseva “Resta in cà “,
luu la varda: “Devo andare.”
“Devi andare, e allora va’.”L’ha basada, ribasada,
la rideva: che magon,
lee ghe pianta ‘na sgagnada
e la sara su el porton.E la bàtera de ringhèra
tuta insema ‘riva in Spagna,
‘riva cont la so bandera
bela rossa e sensa cragna.El dieciocho día de julio
en el patio de un convento,
el Partido Comunista
fundó el Quinto Regimiento.
El desdott del mes de luj
int el chioster del convent,
i compagn de la ringhera
han faa su el so regimént.E tira su la bandera,
la nostra Spagna è già rossa
l’è ‘rivada la ringhera,
fazolett giò néla fossa,
E tira süü la bandèra,
la nostra Spagna è già rossa
l’è rivada la Ringhèra,
fazolett giò néla fossa.Dopo Spagna, la montagna,
ohè, morosa, su, pazienza,
la ringhera, la bandera
la se ciama Resistenza.Ariva el giorno della festa,
‘riva el venticinque aprile,
la ringhera torna a cà,
la morosa l’è in cortile.L’ha basada, ribasada
la piangeva, la taseva,
e poeu luu l’ha sgagnada,
l’è scapada tuta ‘legra.E poeu dopo, ma per trent’ann
operari alla catena,
e poeu dopo, ma per trent’ann
giò in sezion cont la ringheraA l’han trovaa ch’el cantava
tra i maton e pièn de tèra,
la sezion l’era ‘ndada:
una bomba tuta neradi fascista, e luu’l cantava
la canzon de la ringhera
e in man, rent a i man
l’ultim tocch ross de bandera.E ‘l cantava, luu l’cantava
la canzon de la ringhera,
e…”
“El desdott del mes de luj
int el chioster de on convent,
el desdott del mes de luj
int el chioster de on convent
i compagn de la ringhera
han faa su el so regiment,
i compagn de la ringhera
han faa su el so regiment.E tira su la bandera,
la nostra Spagna è già rossa
l’è ‘rivada la ringhera,
fazolett giò ne la fossa.Quanta gent che gh’è in piassa
coi compagn de la ringhera
e gh’è anca la morosa,
cont el tocch ross de bandèra.E che acqua, “ven chi sota,
ven chi sota ma de prescia”,
Urla Brescia, urla e scoppia,
‘na fiamada e la morosaa l’è morta, tuta morta
mezz al fum col sang per tèra
e in man, ‘renta a i man
l’ultim tocch ross de bandera.L’ha basada, ribasada
la taseva, la taseva
e alùra l’ha vardada
l’era bianca, e rossa…l’era.Ross de sang ch’el se squaja
ne la pioggia disperada,
e la mort che la sgagna
tuta intorna on pò stranida.E la rabia disarmada,
Brescia piange la ringhera
torna a casa senza dona
senza el tocch ross de bandèra…e…Il ventotto, ma di maggio
i compagn de la ringhera
han gridato: “Su coraggio,
riprendiamo la bandiera.”E mattone su mattone
han rifatto la sezione
ogni pietra era un colpo
ma sul muso del padrone.Han rimesso i vecchi panni
quelli cari della Spagna
hanno ritrovato il passo,
quello duro di montagna.E cantando la canzone
la più bella, la più vera,
e cantando la canzone
la più bella, la più vera
torna in marcia ‘n’altra volta
tuta insèma la ringhera,
torna in marcia ‘n’altra volta
tuta insèma la ringhera.E tira su la bandera
l’Italia si farà rossa
l’è ‘rivada la ringhera
fazolett giò ne la fossa.E tira su la bandera
l’Italia si farà rossa
l’è ‘rivada la ringhera
fazolett giò ne la fossa.E tira su la bandera!
E tira su la bandera!
E tira su la bandera!
E tira su la bandèra! “
lunedì, 28 Maggio 2012 alle 9:52
Reblogged this on Sbagliando s’impera and commented:
La ferita quest’anno sanguina più che mai
venerdì, 12 dicembre 2014 alle 17:14
[…] Ne ho parlato molte volte, su questo blog: recensendo Nelle mani giuste di De Cataldo nel giugno del 2007, esattamente 7 anni fa nel 38° anniversario della strage, alla fine di gennaio del 2009 recensendo un libro di Adriano Sofri (La notte che Pinelli) e ancora con un cluster di interventi in occasione delle polemiche che accompagnarono, nell’aprile del 2012, l’uscita del film di Marco Tullio Giordana (Sofri – 43 anni, Ancora su Piazza Fontana: Corrado Stajano e Goffredo Fofi e Piazza della Loggia). […]
giovedì, 12 dicembre 2019 alle 17:43
[…] Piazza della Loggia […]