Sofri, Adriano (2012). 43 anni. Piazza Fontana, un libro, un film. e-book. 2012.
Ho parlato molte volte di Piazza Fontana, e del significato che quei giorni hanno avuto per me.
Una prima volta, nel giugno del 2007, recensendo Nelle mani giuste di Giancarlo De Cataldo, ho scritto (non mi cito per autocompiacimento, ma perché mi sono accorto rileggendo che tra queste cose, scritte in periodi diversi, c’è un filo conduttore che mi sembra spiegare sia il mio immutato interesse per l’argomento, sia la necessità di tornarci sopra che – evidentemente e per ragioni comprensibili ma non banali – ha evidentemente anche Adriano Sofri):
Una digressione personale: per me, piazza Fontana è una fredda sera d’inverno, mio padre che rientra dall’ufficio in anticipo rispetto ai suoi orari abituali e mi chiede di accompagnarlo a fare un lavoro in cantina, e una volta là sotto mi racconta della bomba e dei morti, e poi mi racconta dell’attentato al cinema Diana nel 1921 (23 marzo: 21 morti e 80 feriti), attribuito agli anarchici ma comunque utilizzato dai fascisti. Imparo che le cose possono essere diverse da quello che sembrano e che ci raccontano la televisione e il Corriere della sera. A scuola si discute del suicidio di Pinelli, della colpevolezza di Valpreda (il mostro), del tassista Rolandi… Non avevo mai pensato, prima, che le istituzioni potessero essere così impunemente e spregiudicatamente parte in causa, che potessero usare questi metodi…
Ci sono tornato sopra pochi mesi dopo, proprio il 12 dicembre, parlando più del momento storico che della mia personale esperienza:
La strage di Piazza Fontana. Un evento che ha segnato la mia generazione (ho già parlato in questo blog dei miei ricordi personali). Avevo 17 anni. Non sono così ingenuo da pensare che un solo evento può segnare lo spartiacque di una vita, di una generazione, della storia di un Paese. Ma più passa il tempo e più sono convinto che quel freddo pomeriggio di dicembre segnò una svolta. Non lo comprendemmo subito, e forse allora non lo capì nessuno: ma con Piazza Fontana si chiuse un capitolo. Quello dell’idea di democrazia progressiva, quello di una trasformazione graduale ma inarrestabile che avrebbe dato più voce e più potere ai lavoratori, sul luogo di lavoro, nella società, nella politica. Quella che, con sfumature diverse, aveva segnato i progetti di Kennedy, di Chruščёv, del Concilio Vaticano II, delle lotte operaie dell’autunno caldo, del 1968. Continuammo a crederci e a lottare, negli anni seguenti. Ma eravamo stati irrimediabilmente sconfitti. Quello che chiamavamo riflusso fu una sconfitta storica. E ne paghiamo ancora il prezzo. Hanno vinto. E non vedo nessuna luce, nessun arcobaleno all’orizzonte.
Anche qui, non mi autocito per puro narcisismo ma perché – Sofri scriveva dopo, nel 2009, ma escludo che gli potesse essere capitato di leggere i miei post – Sofri riprende un’idea analoga nel suo La notte che Pinelli:
Il 12 dicembre fu un giorno – una sera – così. Si sentì che la vita non sarebbe stata più la stessa, che c’era stato un prima, e che cominciava un dopo. Mi servo di questi modi di dire usati, ragazza, benché sappia che quello sbigottimento non si può davvero comunicare. Bisognava esserci, dicono sospirando certi vecchi, certe vecchie scuotendo la testa. E dicono: Tu non puoi capire.
Era un altro mondo, del resto. Quarant’anni fa – quasi il doppio del tempo che separava il 12 dicembre da una guerra mondiale! [p. 16]
Eppure Sofri – e questo lo dice nell’instant book che sto recensendo in questo momento, la pensa diversamente da me su quella sconfitta storica: nel senso che a me è sembrato e sembra tuttora un tragico male – nonostante tutto. e invece a lui (e a Mauro Rostagno) un bene – nonostante tutto.
Farei a Giordana l’obiezione che invece riguarda il suo film, e non la residua dipendenza da un libro sventato. Proprio quella conclusione che addensa attorno alla trama di una “guerra appena cominciata”, dal 12 dicembre all’uccisione di Calabresi, una tal adunata di potenze nere e occulte – la cosa che probabilmente resterà più memorabile per i giovani che andranno a vedere il film – spiega lo stato d’animo dichiarato da Giordana, che “tutto passava sulle nostre teste”. Tutto quello che avvenne allora, tutto quello per cui la sua generazione pensò di battersi, fu giocato sopra la testa sua e della sua generazione da poteri troppo forti e ubiqui. Una piovra, diciamo. Io non sono d’accordo. Se fosse stato davvero così, se tutti, nelle fabbriche, nelle strade, nelle università, nelle galere, fossimo stati giocati da quell’onnipotenza tenebrosa, allora saremmo privati di tutto, anche dei nostri errori e delle nostre colpe. Il mio amico Mauro Rostagno andò a Trento, nel ventennale del ’68 e poco prima d’essere ammazzato. Ci andò e disse: «Meno male che abbiamo perso». Io sono d’accordo. Meno male che abbiamo perso. Però, Giordana, mi voglio tenere la coscienza di avere perso anche da solo, per mio conto, con le mie forze. Di non essere stato espropriato di tutto, anche della benedetta sconfitta, da quella tenebrosa cospirazione. [p. 110]
Ecco, io non sono d’accordo né con Giordana né con Sofri. Ci hanno aiutato a perdere, ma abbiamo perso da soli: in questo darei ragione a Sofri. Ma che abbiamo perso non è stato un bene: per quanti errori abbiamo fatto, per quanti difetti e soprattutto eccessi avessimo, l’aver perso ha consegnato a noi e ai nostri figli un mondo peggiore di quello che avremmo tentato di realizzare. Ma, naturalmente, non c’è prova controfattuale da invocare. E la storia, che non si fa con i se e con i ma, figurarsi se si fa con i nonostante tutto.
martedì, 3 aprile 2012 alle 9:25
[…] Intervengo di nuovo sull’argomento, non con parole mie ma con 2 interventi comparsi sulla stampa, che riproduco per comodità dei lettori del blog e perché ho visto che non è poi così semplice trovarli in rete. cinquantamila.corriere.it […]
sabato, 14 aprile 2012 alle 16:37
[…] ancora discettando, alla luce del film di Marco Tullio Giordana (e all’ombra del libro di Paolo Cucchiarelli) […]
domenica, 22 aprile 2012 alle 11:55
Francamente non darei tutta questa importanza alle opinioni di Sofri e Rostagno! Tutti e due mi sembrano personaggi assai ambigui. Non posso però totalmente escludere di avere parzialmente torto. Uno, poveretto, è morto, ma non li ho MAI stimati, al contrario di Boato che inviava continuamente lettere a “Sette giorni”. “Meno male che abbiamo perso” Rostagno lo disse alla Statale di Milano già alla fine degli anni 70, quando forse qualche speranza c’era ancora. E fece un lungo discorso di propaganda agli “spinelli”. Non disse null’altro. Pensai immediatamente che, effettivamente, era una gran fortuna che LUI avesse perso! Che dal 1969 tutti si fosse teleguidati ed il destino segnato lo escluderei: troppe forze e potenze economiche e militari in campo! Se non altro, nella confusione, potevamo ritagliarci spazi di libertà. Del resto il mio “impegno” e quello di molti altri è proprio iniziato in quell’anno.
domenica, 22 aprile 2012 alle 12:39
P.S. Come qualcuno ha già scritto, secondo me giustamente, la strage di Piazza Fontana è stata FALSAMENTE attribuita agli anarchici, ma altrettanto falsamente le successive, compresa quella di Piazza della Loggia, ai “fascisti”. Tutto troppo facile! Seguiranno poi, negli anni 80, gli attentati dei “mafiosi”. Finchè qualcuno non mi spiegherà i veri motivi di quanto accaduto, sarò sempre inguaribilmente dietrologo e complottista!
venerdì, 27 luglio 2012 alle 9:51
[…] Che Dalla Chiesa era un santo peccatore? Mah, si può dire di tutti gli episodi dal 1969 in avanti (almeno per quello che ne so e ne ricordo io). Anzi, non è che la valigia esplosiva della strage di Bologna era la terza bomba di piazza […]
venerdì, 12 dicembre 2014 alle 15:46
[…] Intervengo di nuovo sull’argomento, non con parole mie ma con 2 interventi comparsi sulla stampa, che riproduco per comodità dei lettori del blog e perché ho visto che non è poi così semplice trovarli in rete. […]
venerdì, 12 dicembre 2014 alle 17:14
[…] che accompagnarono, nell’aprile del 2012, l’uscita del film di Marco Tullio Giordana (Sofri – 43 anni, Ancora su Piazza Fontana: Corrado Stajano e Goffredo Fofi e Piazza della […]
giovedì, 12 dicembre 2019 alle 17:42
[…] Sofri – 43 anni […]