Deaglio, Enrico (2012). Il vile agguato. Milano: Feltrinelli. 2012. ISBN 9788807172373. Pagine 141. 8,99 €

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Devo confessare che faccio fatica a ricordare quale impulso mi abbia spinto, oltre 6 mesi fa (era il 9 agosto 2012, mi informa sollecito amazon.it), a comprare questo libro. Certo, conosco Enrico Deaglio da anni, l’ho seguito dai tempi di Lotta continua e del suo quotidiano, e poi di quel bel settimanale che è stato Diario. Forse volevo sapere qualche cosa di più di questa storiaccia della trattativa, forse speravo che Deaglio – profondo conoscitore della Sicilia e dei suoi misteri – mi aiutasse a capire qualche cosa. Anche perché devo confessare che le letture sui quotidiani mi avevano disorientato (e continuano a farlo).
Se era questo il motivo, però, avrei dovuto leggerlo subito: dopo 6 mesi la situazione è ancora più intricata, se possibile.
Deaglio scrive molto bene, e lo leggo con vero piacere. Le sue digressioni, anche letterarie, sono sempre stimolanti (adesso mi ha fatto venire voglia di leggere Amabili resti di Alice Sebold, per esempio). Ma non ho trovato nel libro quello che cercavo: un po’ di chiarezza. Sono più perplesso di prima. Certo, questa storia della trattativa è sconvolgente, soprattutto se letta in contrappunto con tante dichiarazioni ufficiali, e tenendo conto del fatto che alcune persone, alcuni servitori dello Stato (e lo dico senza retorica e senza ironia) ci hanno creduto davvero alla lotta senza quartiere contro Cosa nostra e la malavita organizzata. E ci hanno lasciato la pelle. Ma su questo argomento aveva già detto molto (almeno per me) Giancarlo De Cataldo con il suo Nelle mani giuste. Non era l’orrore che cercavo, era la chiarezza. E non l’ho trovata. Forse pretendevo troppo, ma sono rimasto deluso.
Mi resta soltanto l’amara sensazione, che provo troppo spesso in questi giorni, che la situazione italiana non abbia vie d’uscita. Non vie d’uscita che mi piacciano, almeno.
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