Georget, Philippe (2012). In autunno cova la vendetta (trad. Silvia Manfredo). Roma: e/o. 2013. ISBN 9788866323372. Pagine 444. 12,99 €
Non sono un lettore di gialli, in genere. Soprattutto, non sono un buon lettore di gialli. Talvolta mi faccio convincere da una curiosità, da una recensione o da una persona entusiasta (e di cui mi fido). Spesso resto deluso. Anzi, la cosa è così frequente che non ho praticamente più dubbi: il problema è mio. È un problema di domanda, non di offerta.
Ahimè, questo libro di Georget non fa eccezione. Ha molti meriti, che proverò a elencare senza rovinarvi niente del gusto della lettura (nel caso lo voleste leggere nonostante questa mia recensione non propriamente entusiasta):
- L’ambientazione a Perpignan è inconsueta: è una città di provincia, abbastanza periferica per non essere inclusa nei percorsi abituali di chi va in Francia per turismo o per affari (a meno che non stia andando in Catalogna via terra).
-
L’ambientazione a Perpignan offre anche il pretesto di parlare di una terra di confine in cui convivono un’identità francese e una catalana (del nord o del sud).
- A questo contrasto “etnico” ma non particolarmente conflittuale (almeno in apparenza) se ne affianca un altro, che è ancora una ferita nell’identità francese (che, ricordiamocelo, è molto più consolidata storicamente, se non più forte, di quella italiana): quello tra francesi di Francia e francesi d’Algeria (i pied-noir).
- A complicare le cose, c’è una tendenza inesatta ma tenace a equiparare, senza andare tanto per il sottile, tutti i pied-noir con i terroristi di estrema destra dell’OAS.
Noi sappiamo ben poco di quanto accadde in Francia e in Algeria all’epoca: in parte per motivi anagrafici (sono passati 50 anni), in parte per provincialismo radicato. Al massimo, qualcuno di noi ricorda il capolavoro di Gillo Pontecorvo, La battaglia di Algeri, che però è visto con lo sguardo degli algerini e non certo dei francesi. Un film militante, in cui lo spazio per la comprensione (e figuriamoci la simpatia) per i pied-noir è proprio inconcepibile. Un film bellissimo, e se non l’avete visto, e magari non l’avete neppure sentito nominare, vi consiglio vivamente di guardarlo. Per esempio qui:
Al fascino del film contribuisce anche una famosissima colonna sionora di Ennio Morricone (curiosamente attribuita, nei titoli del film, a Morricone e allo stesso Gillo Pontecorvo). La sua bellezza non è sfuggita a John Zorn, che la reinterpreta da par suo:
Sul versante negativo, e al di là della mia tiepidezza verso il genere giallo, lo stile della scrittura è veramente sciatto e piatto: temo più per responsabilità dell’autore che della traduttrice.
C’è anche qualche refuso (il tenente Cardona o Cadorna?)
Molto irritante il vezzo di mettere le sigle e gli acronimi tutto basso, inclusi fln e oas per FLN e OAS.
* * *
Pochi i passi memorabili (riferiti, come d’abitudine, alle posizioni sul Kindle):
La speranza è una fenice indomabile, può rinascere da un cenno o da un sospiro. [41: solo i francesi possono scrivere una frase così senza scoppiare a ridere subito dopo. A me invece viene da piangere, pensate un po’]
Salì i gradini a quattro a quattro, non per fretta di arrivare nel suo ufficio, ma perché da buon maratoneta non evitava nessuno sforzo in grado di mantenerlo in allenamento. [145: parole sante]
«L’unzione fa la forca». [537: degno dei miei proverbi pessimisti]
Un marito geloso, ecco cos’era diventato, e non gli piaceva quel ruolo perché sapeva che la gelosia si nutriva più d’amor proprio che d’amore. Non voleva lasciare che quel mostro crescesse dentro di lui. [1148]
La pioggia non si era ancora arrestata: continuava a cadere sorda e copiosa come il getto d’urina di un bevitore di birra scura. [1320: poesia ai limiti del lirismo]
Un verbale sta alla realtà concreta e complessa come un camembert industriale sta alla gastronomia della Normandia. [2476]
Una luce verde gli rischiara i tratti marcati da ex paracadutista. [2873: ai limiti del grottesco]
«Perché noi, noi sì che abbiamo pagato. Abbiamo perso la guerra, e la Storia, all’improvviso, ci ha dato torto. La Storia è sempre stronza con i perdenti. Ha reso crimini le nostre azioni, mentre quelle dei nostri nemici sono diventate azioni di guerra. Gli ex fellagha sono diventati ministri, i nostri combattenti invece dei paria che non hanno diritto nemmeno ad avere monumenti pubblici alla memoria. Benché non abbiamo fatto cose peggiori del fln». [3566]
«Mi è sembrato di averlo sentito dire, sì, che spesso il far sapere conta più che il saper fare». [3689]
«Più che pensare, sto fantasticando».
Le sopracciglia chiare di Claire si sollevarono.
«Non vedo la differenza».
Gilles sorseggiò il caffè prima di rispondere.
«Quando sei in una canoa, remare non è la stessa cosa che lasciarsi trasportare dalla corrente». [3915]
sabato, 4 gennaio 2014 alle 20:47
[…] Philippe Georget – In autunno cova la vendetta […]