Leggevo proprio pochi giorni fa che Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, aveva attirato fin da bambino l’attenzione dei genitori e degli insegnanti per l’inesauribile curiosità e la capacità di concentrazione (tanto da sembrare distratto o assente): anche se io non ho fatto niente di importante (di pubblicamente importante, anche se ci sono cose che ho fatto che i miei cari e io riteniamo importanti per noi), almeno queste due sfaccettature della personalità Bezos e io le abbiamo in comune. Non so se è questo che mi fa cadere in tutte le trappole di marketing che Bezos e i suoi escogitano. Certo è che a volte mi chiedo se Amazon non sia, dopo il dentista, la mia più consistente voce di spesa.

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Una delle trappole in cui cado più spesso è la quotidiana offerta-lampo che Amazon dedica ai proprietari di Kindle. Il 26 novembre 2013 erano in offerta i primi 3 romanzi del ciclo delle vendicatrici di Massimo Carlotto e Marco Videtta. Un amico (immediatamente consultato) ha speso su Carlotto parole lusinghiere ed eccoci qua (inutile dire che il quarto e conclusivo romanzo del ciclo l’ho dovuto acquistare a prezzo pieno).
Carlotto, Massimo e Marco Videtta (2013). Le Vendicatrici. Ksenia. Torino: Einaudi. 2013. ISBN 9788858408407. Pagine 317. 2,99 €

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Il primo romanzo della serie è stato per me anche il primo incontro con Massimo Carlotto, autore di cui ignoravo tutto, e soprattutto la biografia (che trovate qui; Carlotto ha anche un suo sito, questo). Della storia del nostro francamente me ne infischio (come diceva quello) e mi sembra irrilevante ai fini della sua scrittura (se non forse per una certa competenza nella descrizione di certi ambienti e situazioni). Mi sono soltanto un po’ sorpreso di non avere mai prestato attenzione alla vicenda, dal momento che all’epoca dei fatti (come diceva quell’altro) ero un militante abbastanza attento alle disavventure (reali o montate ad arte dalla polizia e dai pubblici ministeri) degli altri militanti.

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Naturalmente, non vi posso dire molto: stiamo parlando di un noir con una buona dose di suspense e certo non vi farei un servizio se vi raccontassi troppo. Basti dire che la trama e l’ambientazione romana – che fissano il contesto anche delle puntate successive – sono ben costruite e ben caratterizzate e i personaggi sono abbastanza convincenti (una volta fatta la tara alle convenzioni del genere, per cui le donne sono sempre bellissime e, almeno in un caso, hardbody pressoché invincibili nel corpo a corpo, gli strozzini grassi e laidi e così via). Lo stile della scrittura non è memorabile e diventa stucchevole in certe descrizioni e del tutto insopportabile quando scade nel moralismo: ma il romanzo si lascia leggere con meno fastidio di quello che ho provato (per esempio) leggendo Philippe Georget (In autunno cova la vendetta).
L’unica annotazione che ho fatto fa riferimento a uno strafalcione degli autori. Alla posizione Kindle 1375 si parla di «premio dell’assicurazione» intendendo chiaramente il capitale: il premio, nonostante il nome possa trarre in inganno, è il costo sostenuto dall’assicurato e non quanto l’assicuratore si obbliga a pagare al verificarsi di un dato evento.
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Carlotto, Massimo e Marco Videtta (2013). Le Vendicatrici. Eva. Torino: Einaudi. 2013. ISBN 9788858409664. Pagine 183. 2,99 €

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Dei 4 che compongono la serie è quello che mi è piaciuto meno.
Curiosamente, la famiglia Mascherano, di origine rom, che gestisce il crimine organizzato dalla sua base all’Anagnina, è molto simile alla famiglia Anacleti che svolge il medesimo ruolo in Suburra di De Cataldo e Bonini: come è naturale, dal momento che le due finzioni parallele condividono il medesimo modello reale. Ma De Cataldo e Bonini sono scrittori che stanno a Carlotto e Videtta come una Mercedes Classe E sta a una Micra Cabrio…
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Carlotto, Massimo e Marco Videtta (2013). Le Vendicatrici. Sara: Il prezzo della verità. Torino: Einaudi. 2013. ISBN 9788858411018. Pagine 188. 2,99 €

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Questo, invece, dei quattro è quello che mi è piaciuto di più. Compatto e poco mieloso, come Sara, la sua protagonista. E anche meno condizionato dalle esigenze della serialità (che costringono a fare il riassunto delle puntate precedenti, come nelle opere di Wagner e nei romanzi d’appendice): la storia è un lungo racconto, collocato temporalmente alla fine del secondo episodio per spiegare la trasformazione di Sara tra il primo e il secondo, che però narra fatti accaduti durante molti anni, per lo più prima dell’inizio della serie.
Tutto considerato, Sara avrebbe potuto funzionare anche al di fuori del ciclo. E il copyright – che fa riferimento al 2009 invece che al 2013 – potrebbe far pensare a una sua genesi indipendente. Ma con ogni probabilità è soltanto un refuso.
Nonostante questo giudizio largamente positivo, ho 3 critiche da fare:
- Io, che come sapete non sono un gran lettore di gialli, avevo capito come sarebbe andata a finire ben prima della metà del romanzo. E questo mi sa che è un peccato mortale nella letteratura del genere.
- Non l’ho trovato scritto da nessuna parte, ma mi sento di sostenere che le gemelle identiche sono un trucco dozzinale, che dovrebbe essere vietato dalle regole del gioco.
- La sintassi è a tratti periclitante. Un esempio per tutti: «Cioè, fino a quando non avrebbe distrutto la banda che aveva sequestrato e assassinato suo padre.» (pos. 843: ci sarebbe voluto un avesse al posto dell’avrebbe).
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Carlotto, Massimo e Marco Videtta (2013). Le Vendicatrici. Luz: Solo per amore. Torino: Einaudi. 2013. ISBN 9788858411971. Pagine 173. 9,99 €

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Già il sottotitolo fa capire il difetto peggiore di questa quarta puntata della serie: sdolcinato al punto da meritare il divieto del tuo dentista, e per di più con una vena moralizzatrice insopportabile.
Per di più, è con questo che scatta la trappola amazzonica (o einaudiana, non so bene): questo l’ho dovuto comprare a prezzo pieno.
Conclusione: ho letto la serie con divertimento, ma – con tutta la stima – non penso perderò altro tempo con Carlotto.
Pochi esempi della fastidiosa scrittura di questo romanzo:
Wilson era entrato di prepotenza nella sua vita, come un vento di maestrale che passa sotto un uscio sbarrato. [593: maddài, manco Harmony!]
Luz era come una macchina ferma a fari spenti davanti a un bivio in piena notte, e rischiava di essere travolta da un momento all’altro dal camion del destino. [678: pure peggio. E poi gli autori devono avere un’ossessione con il locus mogolicus del «guidare a fari spenti nella notte», dal momento che un personaggio secondario della serie, Giorgio Manfellotti, zoppica in conseguenza di un pauroso incidente d’auto sull’Argentario dovuto al desiderio di imitare Lucio Battisti]
[…] tratti somatici caucasici […] [1076: mi auguro che un commissario di PS italiano non si esprima in questo modo, che scimmiotta una locuzione statunitense, peraltro abbastanza insensata anche là]
[…] Non riesco a credere che si sia lordata le mani di sangue. [1102: è una frase di dialogo. Ma chi parla così? e, pertanto, chi scrive così? Suggerirei agli autori di rileggersi le regole di scrittura stilate dal compianto Elmore Leonard]
sabato, 4 gennaio 2014 alle 23:44
certo che è scritto: 10. Non ci devono essere né fratelli gemelli né sosia, a meno che non siano stati presentati correttamente fin dall’inizio della storia. (decalogo di Knox)
è uno tra gli espedienti banditi da S.S. Van Dine (venti regole per poter scrivere un buon romanzo poliziesco): “l colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;