Tori Amos – 2 giugno 2014 (e 19 aprile 1994)

Sono passati più di 20 anni dalla prima (e fino a oggi unica) volta che sono stato a un concerto di Tori Amos.

La Tori Amos del 1994 era una ragazza americana del sud (OK: del sud degli Stati Uniti), non molto alta (1,58 ci informa il web) ma con una grande presenza scenica. Dava l’impressione di sapere fare tutto, con il suo pianoforte (un Bösendorfer che aveva già cominciato a portarsi in giro per il mondo), e molto con la sua voce. Suonava di traverso, girata verso il pubblico, e ci si poteva immaginare che fosse un’abitudine presa girando per piccoli locali pieni di fumo, dove la gente giocava e beveva ascoltando la musica solo distrattamente. Ma forse era soltanto un vezzo. Era bellissima, e molto sexy. La foto qui sotto è del 1996, un paio d’anni dopo il concerto romano, ma vi potete fare un’idea abbastanza fedele.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Ho già raccontato come avevo incontrato Tori Amos, recensendo un libro del suo grande amico Neil Gaiman. L’avevo incontrata su una rivista di musica del 1992 ed ero rimasto colpito dalla sua bellezza ancora prima di avere sentito una singola nota suonata o cantata da lei. Avevo cercato (e trovato) il suo disco d’esordio, Little Earthquakes, da Disfunzioni musicali in via degli Etruschi (prima del web cercare la musica significava cercare il supporto su cui era registrata, e vi assicuro che non era facilissimo per chi avesse gusti eccentrici e onnivori come me: ci ho speso una fortuna, da Disfunzioni musicali, eppure ho verso di loro un debito di gratitudine e mi spiace davvero che abbiano chiuso, soppiantati dai megastore, da iTunes e da bittorrent).

Quando venne a Roma, al Palladium (non ancora acquistato dall’Università di Roma Tre), non era molto nota. Ricordo una platea affollata, ma non esaurita: eppure non era un teatro grandissimo. Tori Amos era alla sua seconda tournée, quella che promuoveva il suo secondo album solista, Under the Pink. Fu un concerto bellissimo e ricordo che ne uscii felice ed emozionato, grato di essere al mondo e pervaso di una specie di religiosità panteistica, come mi succedeva e mi succede tuttora dopo un bel concerto.

Per fortuna esiste setlist.fm che documenta i brani che Tori Amos eseguì in quell’occasione:

  1. American Pie (cover della canzone di Don McLean)
  2. Smells Like Teen Spirit (cover dei Nirvana)
  3. Crucify
  4. Icicle
  5. Precious Things
  6. Leather
  7. God
  8. Cornflake Girl
  9. Pretty Good Year
  10. Flying Dutchman
  11. China
  12. Angie (cover della canzone dei Rolling Stones)
  13. Me and a Gun
  14. Mother
  15. Happy Phantom

Su YouTube ci si può fare un’idea che cosa fosse lo show del 1994 (questo è stato registrato a Montreal):

L’ottavo brano della playlist, Me and a Gun, fa riferimento a un tentativo di violenza subito dalla stessa Tori Amos, da allora impegnata nel RAINN (Rape, Abuse & Incest National Network), un numero verde statunitense a disposizione delle vittime di violenza sessuale, da lei stessa fondato. La storia la racconta lei stessa qui.

5am
Friday morning
Thursday night
Far from sleep
I’m still up and driving
Can’t go home
obviously
So I’ll just change direction
Cause they’ll soon know where I live
And I wanna live

Got a full tank and some chips
It was me and a gun
And a man on my back
And I sang “holy holy” as he buttoned down his pants
You can laugh
It’s kind of funny things you think
at times like these
Like I haven’t seen Barbados
So I must get out of this

Yes I wore a slinky red thing
Does that mean I should spread
For you, your friends your father, Mr. Ed

Me and a gun
and a man
On my back
But I haven’t seen Barbados
So I must get out of this
Yes I wore a slinky red thing
Does that mean I should spread
For you, your friends your father, Mr. Ed
And I know what this means
Me and Jesus a few years back
Used to hang and he said
“It’s your choice babe just remember
I don’t think you’ll be back in 3 days time
So you choose well”
Tell me what’s right
Is it my right to be on my stomach
of Fred’s Seville

Me and a gun
and a man
On my back
But I haven’t seen Barbados
So I must get out of this

And do you know Carolina
Where the biscuits are soft and sweet
These things go through you head
When there’s a man on your back
And you’re pushed flat on your stomach
It’s not a classic cadillac

Me and a gun
and a man
On my back
But I haven’t seen Barbados
So I must get out of this

* * *

La Tori Amos del 2014 è molto diversa (anch’io lo sono, temo, ma questo non interessa nessuno). Ha passato i 50, ha preso parecchi kg, porta degli improbabili occhiali alla Sandra Mondaini (che le cascano in continuazione dal naso), forse si è aiutata un po’ con la chirurgia plastica (la foto qui sotto è del 2010 e chiaramentte pre-plastica o pre-botox o pre-chennesò) e, soprattutto, è vestita in un modo incredibile: una specie di vestaglietta verde raganella su un paio di legging neri lucidi e un corpetto rosa fragola. Scarpe con tacchi altissimi. Non è più la Tori che parla a voce bassa, al fondo della sua estensione da contralto e ai limiti dell’inudibilità. Sfodera invece un falsetto un po’ affettato e infantile, che si adatta perfettamente al suo modo di muoversi saltellante, da ninfa dei boschi o da fairy irlandese. Ma quando si siede al pianoforte (il fedele Bösendorfer, aiutato caso per caso da una tastiera elettronica e da un organo) la magia è quella di 20 anni prima, sia per il modo di suonare (che anzi mi sembra migliorato e maturato) sia per la versatilità delle interpretazioni vocali.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Il luogo questa volta è la sala grande, quella da 2.700 posti, dell’Auditorium Parco della musica di Renzo Piano, abbastanza gremito e con una rumorosa e appassionata colonia di fan che, verso la fine del concerto, si accalca sotto il palco.

Tori poi ci fa una sorpresa e invece di suonare prevalentemente brani del suo nuovo album, Unrepentant Geraldines, ci propone una vasta antologia della sua musica, inclusi molti brani degli esordi. Ecco la setlist:

  1. Parasol
  2. Pancake
  3. Icicle
  4. Carbon [1000 Oceans secondo rockol.it)
  5. Weatherman
  6. A Sorta Fairytale
  7. Ribbons Undone
  8. Past the Mission
  9. [seconda parte del concerto: Lizard Lounge] The Rose (cover di una canzone di Bette Midler)
  10. Boys in the Trees  (cover di una canzone di Carly Simon)
  11. Mr. Zebra [Putting the Damage On secondo rockol.it)
  12. Ophelia
  13. Blood Roses
  14. Crucify
  15. iieee
  16. Precious Things
  17. [i bis] Cornflake Girl
  18. Father Lucifer
  19. Invisible Boy
  20. Tear in Your Hand

rockol.it/img/foto

Su rockol.it – oltre a questa foto, un po’ più fedele alla Tori Amos di oggi – c’è anche una recensione del concerto (di Mattia Marzi) che riporto in parte:

Dopo aver girato l’Irlanda, l’Inghilterra, la Germania e i Paesi Bassi (facendo tappa anche a Parigi, Zurigo, Copenhagen e Oslo), il tour di supporto all’ultimo album in studio di Tori Amos è giunto in italia; ieri sera, infatti, la cantautrice statunitense si è esibita sul palco della sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma per la prima data italiana della tournée […], intitolata proprio come il disco: “Unrepentant Geraldines”. Si tratta di un album, il quattordicesimo in studio per Tori Amos, che a detta della stessa artista segna un suo ritorno all’identità originale da cantautrice pop/rock e rock alternativo. Alle registrazioni del disco non ha preso parte alcun musicista se non la sola cantautrice, impegnata anche con i cori, con il piano Bösendorfer, con il piano Rhodes, con il Wurlitzer, con l’organo Hammond e con i sintetizzatori.
Lo spettacolo attraverso il quale Tori Amos presenta la sua nuova fatica discografica è uno spettacolo in linea proprio con le scelte del disco, se vogliamo anche un po’ sperimentale, con la sola Tori Amos sul palco […]; uno spettacolo che non lascia spazio a fronzoli o orpelli, come testimonia la scenografia: nove piccoli pannelli appesi su una tenda nera che di volta in volta cambiano colore, a seconda delle atmosfere evocate dai brani in scaletta, con un uso moderato delle luci e dei fari. Tutto molto sobrio, insomma, tendente a una certa essenzialità.
La scaletta, che varia di data in data, si compone di venti brani, due soli dei quali sono tratti da “Unrepentant Geraldines” (si tratta di “Weatherman” e di “Invisible boy” – e fa un po’ strano accorgersi che delle quattordici canzoni contenute all’interno del disco che dà il titolo al tour, la cantautrice abbia deciso di proporne dal vivo solo un paio). In questo senso, l’intero concerto si presenta come una sorta di antologia dei più grandi successi di Tori Amos o, per lo meno, dei brani più noti del suo repertorio. Il live si apre con l’ingresso sorprendente – e privo di suspense o della dimensione d’attesa – dell’artista, che sale sul palco alle 21.15 indossando un lungo abito verde fluo molto simile ad una vestaglia, accolta da una standing ovation delle prime file della platea. Partendo dalla potenza e dalla malinconia di “Parasol”, la cantautrice ripercorre i suoi primi ventidue anni di carriera proponendo davanti al pubblico dell’Auditorium della Capitale brani come “Crucify” e “Precious things” (tratti dal suo primo album in studio, “Little earthquakes”, consegnato al mercato nel 1992) o il più recente “Ophelia”; passando per “A sorta fairytale” (durante la cui esecuzione, sullo sfondo, alcune piccole luci formano una sorta di costellazione, davanti alla quale la Amos intepreta con fermezza e grinta il brano), “Past the mission” (che il pubblico si diverte ad accompagnare con battiti di mani) e “i i e e e” (proposta, accompagnandosi con l’organo Hammond, in una versione tendente alla lirica – con la voce della cantautrice che, nel finale, raggiunge note altissime). Il tutto dividendosi continuamente tra il pianoforte e il sintetizzatore e interpretando con convinzione, con posture e con gesti improvvisi ognuna delle emozioni che i suoi testi e le sue musiche riescono a trasmettere, in un misto di malinconia, rabbia e grinta.
Come nelle precedenti tappe del tour, durante le quali ha proposto brani di alcuni colleghi molto noti al pubblico (“Frozen” di Madonna, ad esempio, ma anche “River” di Joni Mitchell, “The long and winding road” dei Beatles, “Personal Jesus” dei Depeche Mode – fino ad arrivare a “Rooting for my baby” di Miley Cyrus), non mancano alcune cover: durante il live la cantautrice statunitense ha infatti proposto una sua versione di “The rose” (brano scritto da Amanda McBroom per Bette Midler, nel 1979, e incluso nella colonna sonora dell’omonimo film; nel corso degli anni, dello stesso brano, sono state realizzate diverse cover: su tutte, quella di Bonnie Tyler e dei Westlife –”Love is only for the lucky and the strong”, canta con una punta d’amarezza l’artista) e ha reinterpretato “Boys in the trees” di Carly Simon.
Per i bis, infine, non potevano mancare “Cornflake girl” (forse uno dei pezzi più amati del repertorio della Amos, che lo canta aiutandosi con una base in sottofondo) e “Tear in your hand” (altro brano, quest’ultimo, contenuto all’interno del primo album “Little earthquakes”).

Il tour è documentato su YouTube dal concerto di Francoforte del 19 maggio 2014 (solo audio, ma la presa del suono è abbastanza buona):

  1. Parasol 00:00
  2. The Power Of Orange Knickers 04:41
  3. Silent All These Years 09:26
  4. Selkie 14:37
  5. Bells For Her 18:52
  6. China 25:37
  7. Curtain Call 31:42
  8. Weatherman 37:07
  9. The Boys Of Summer (Don Henley cover) 42:16
  10. Real Men (Joe Jackson cover) 47:25
  11. Taxi Ride 52:05
  12. Leather 56:40
  13. Trouble’s Lament 59:56
  14. iieee 01:04:11
  15. Cornflake Girl 01:09:17
  16. Precious Things 01:14:35
  17. Personal Jesus (Depeche Mode cover) 01:20:00
  18. Hey Jupiter 01:23:29
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2 Risposte to “Tori Amos – 2 giugno 2014 (e 19 aprile 1994)”

  1. il barbarico re Says:

    Ma come si fa a non sapere se ha fatto Mr. Zebra o no?!
    Io sono andato a vederla a Capannelle nel 2005 e, mentre per i Queens of the Stone Age Capannelle va benissimo, Tori Amos mi è stata completamente rovinata dal caldo, dalla polvere e da rumori estranei. Non sai cosa avrei dato per vederla al Palladium!


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