Poche cose mi riempiono di contentezza più che imparare qualcosa di nuovo.
Quello che ho imparato oggi è il motivo per cui in alcuni paesi la auto tengono la destra e in altri tengono la sinistra.

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A dire il vero, due cose le sapevo già, ma mi mancava il terzo tassello di un puzzle che a me sembra affascinante.
Primo tassello: la regola. C’è una regola sulla “mano” da tenere perché la sua esistenza evita che quando due veicoli si incontrano si debba prendere volta per volta la decisione su chi si debba scansarsi e da che parte.
Immagino che faccia parte dell’esperienza di tutti l’imbarazzo che si prova quando (per fortuna a piedi) si intende cedere il passo a una persona che viene incontro in uno spazio ristretto e ci si trova a essersi spostati entrambi dalla stessa parte, e quindi di essere ancora su una rotta di collisione. A volte ne risulta una specie di balletto, fatto di passi di lato e di sorrisetti come in una contraddanza dell’ancien régime, divertente per gli astanti, imbarazzante per i protagonisti.
I più letterariamente disturbati tra voi (ovviamente io sono tra i capofila) ricorderanno che è per un episodio di questo tipo che il manzoniano Padre Cristoforo diventa frate cappuccino:
Il padre Cristoforo non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d’un mercante di *** (questi asterischi vengon tutti dalla circospezione del mio anonimo) che, ne’ suoi ultim’anni, trovandosi assai fornito di beni, e con quell’unico figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e s’era dato a viver da signore.
[…]
Andava un giorno per una strada della sua città, seguito da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo, altre volte giovine di bottega e, dopo chiusa questa, diventato maestro di casa. Era un uomo di circa cinquant’anni, affezionato, dalla gioventù, a Lodovico, che aveva veduto nascere, e che, tra salario e regali, gli dava non solo da vivere, ma di che mantenere e tirar su una numerosa famiglia. Vide Lodovico spuntar da lontano un signor tale, arrogante e soverchiatore di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico, e al quale rendeva, pur di cuore, il contraccambio: giacché è uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi.Costui, seguito da quattro bravi, s’avanzava diritto, con passo superbo, con la testa alta, con la bocca composta all’alterigia e allo sprezzo. Tutt’e due camminavan rasente al muro; ma Lodovico (notate bene) lo strisciava col lato destro; e ciò, secondo una consuetudine, gli dava il diritto (dove mai si va a ficcare il diritto!) di non istaccarsi dal detto muro, per dar passo a chi si fosse; cosa della quale allora si faceva gran caso. L’altro pretendeva, all’opposto, che quel diritto competesse a lui, come a nobile, e che a Lodovico toccasse d’andar nel mezzo; e ciò in forza d’un’altra consuetudine. Perocché, in questo, come accade in molti altri affari, erano in vigore due consuetudini contrarie, senza che fosse deciso qual delle due fosse la buona; il che dava opportunità di fare una guerra, ogni volta che una testa dura s’abbattesse in un’altra della stessa tempra. Que’ due si venivano incontro, ristretti alla muraglia, come due figure di basso rilievo ambulanti. Quando si trovarono a viso a viso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo alto, col cipiglio imperioso, gli disse, in un tono corrispondente di voce: “fate luogo.”
“Fate luogo voi,” rispose Lodovico. “La diritta è mia.”
“Co’ vostri pari, è sempre mia.”
“Sì, se l’arroganza de’ vostri pari fosse legge per i pari miei.” I bravi dell’uno e dell’altro eran rimasti fermi, ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di là, si teneva in distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori animava sempre più il puntiglio de’ contendenti.
“Nel mezzo, vile meccanico; o ch’io t’insegno una volta come si tratta co’ gentiluomini.”
“Voi mentite ch’io sia vile.”
“Tu menti ch’io abbia mentito.” Questa risposta era di prammatica. “E, se tu fossi cavaliere, come son io,” aggiunse quel signore, “ti vorrei far vedere, con la spada e con la cappa, che il mentitore sei tu.”
“E un buon pretesto per dispensarvi di sostener co’ fatti l’insolenza delle vostre parole.”
“Gettate nel fango questo ribaldo,” disse il gentiluomo, voltandosi a’ suoi.
“Vediamo!” disse Lodovico, dando subitamente un passo indietro, e mettendo mano alla spada.
“Temerario!” gridò l’altro, sfoderando la sua: “io spezzerò questa, quando sarà macchiata del tuo vil sangue.”
Così s’avventarono l’uno all’altro; i servitori delle due parti si slanciarono alla difesa de’ loro padroni. Il combattimento era disuguale, e per il numero, e anche perché Lodovico mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo; ma questo voleva la morte di lui, a ogni costo. Lodovico aveva già ricevuta al braccio sinistro una pugnalata d’un bravo, e una sgraffiatura leggiera in una guancia, e il nemico principale gli piombava addosso per finirlo; quando Cristoforo, vedendo il suo padrone nell’estremo pericolo, andò col pugnale addosso al signore. Questo, rivolta tutta la sua ira contro di lui, lo passò con la spada. A quella vista, Lodovico, come fuor di sé, cacciò la sua nel ventre del feritore, il quale cadde moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo.
[…]
Appena Lodovico ebbe potuto raccogliere i suoi pensieri, chiamato un frate confessore, lo pregò che cercasse della vedova di Cristoforo, le chiedesse in suo nome perdono d’essere stato lui la cagione, quantunque ben certo involontaria, di quella desolazione, e, nello stesso tempo, l’assicurasse ch’egli prendeva la famiglia sopra di sé. Riflettendo quindi a’ casi suoi, sentì rinascere più che mai vivo e serio quel pensiero di farsi frate, che altre volte gli era passato per la mente: gli parve che Dio medesimo l’avesse messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere, facendolo capitare in un convento, in quella congiuntura; e il partito fu preso. [Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. IV]

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Tra l’altro, la regola sulla “mano” da tenere ci aiuta anche a capire che la funzione delle regole è quella di evitare di dovere decidere volta per volta quale comportamento o linea di condotta tenere, permettendoci di concentrare la nostra attenzione sui casi veramente difficili o dubbi. Vista sotto questa luce, le regole non costringono, ma liberano: liberano tempo ed energie per attività e decisioni più “nobili”, o piuttosto meno routinarie. Non a caso, un sinonimo di regole è norme: perché definiscono un comportamento normale. I giuristi, che sotto sotto sono intrisi di autoritarismo, sostengono che la norma giuridica è “un comando, che impone all’individuo un determinato comportamento” e che il “carattere ‘coattivo’ della norma giuridica è, dunque, imprescindibile” (Wikipedia). Ma vi dovrebbe bastare un attimo di riflessione per convincervi che (di norma, per l’appunto) voi stessi siete propensi a tenere la destra comunque, per la vostra incolumità, anche nella certezza che non c’è nessuno della stradale e nessuna telecamera nei paraggi.
* * *
Secondo tassello: il lock-in. È un concetto molto importante, ampiamente illustrato dall’economista W. Brian Arthur nel suo Increasing Returns and Path Dependence in the Economy: il libro è del 1994, ma Arthur ne aveva anticipato i concetti più importanti in un articolo fondamentale pubblicato nel 1989 (Competing Technologies, Increasing Returns, and Lock-In by Historical Events). Il concetto di lock-in è abbastanza intuitivo: supponiamo che siano proposti, pressoché contemporaneamente, due prodotti (il prodotto A e il prodotto B) che svolgono la stessa funzione e soddisfano lo stesso bisogno. Sono prodotti nuovi e non è facile, soprattutto per i consumatori, coglierne le differenze specifiche e quindi stabilire quale dei due sia il migliore. Supponiamo che, a questo punto, per un evento casuale, il prodotto A conquisti una quota di mercato appena superiore a quella del prodotto B. Tanto basta, secondo Arthur, a mettere in moto un processo che rende il prodotto A dominante, non perché costa di meno o è tecnologicamente migliore, ma perché esistono rendimenti di scala crescenti.
Nel modello di Arthur la decisione degli agenti che uno dopo l’altro scelgono il prodotto A o il prodotto B è influenzata dalle loro preferenze (a parità di condizioni gli agenti del gruppo R sceglierebbero A e quelli del gruppo B sceglierebbero B) ma anche dal numero di agenti che prima di loro hanno scelto A o B (questi sono i rendimenti crescenti). Il modello dimostra che, anche se la sequenza degli agenti che effettuano la scelta è casuale, la “passeggiata aleatoria” (random walk) inevitabilmente si allontana dalla fascia centrale e incontra una soglia di assorbimento, al di là della quale la scelta diventa obbligata per qualunque tipo di agente. Inevitabilmente, uno dei due prodotti domina il mercato, e non è necessariamente il migliore sotto il profilo tecnologico o economico.

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Ci sono moltissimi esempi dell’operare di questa “legge”: tra i più citati, la prevalenza della tecnologia VHS su quella Betamax nei videoregistratori, o quella del sistema operativo MS-DOS su quello Apple Macintosh. Il caso più famoso, forse anche perché è stato quello studiato per primo (Paul A. David, Clio and the Economics of QWERTY, 1985), è quello della disposizione delle lettere sulle tastiere (QWERTY, dalla serie dei primi 6 caratteri alfabetici): un ordine scelto in origine affinché non fosse possibile scrivere troppo rapidamente (nelle macchine da scrivere meccaniche era facile che i martelletti si accavallassero, inceppandosi, e perciò la disposizione dei tasti era studiata in modo che le lettere che venivano premute più spesso in sequenza fossero lontane).

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Quando, cambiata tecnologia, la priorità è divenuta quella di scrivere rapidamente, nessuna disposizione alternativa dei tasti (ad esempio la tastiera Dvorak, illustrata qui sotto, che poneva le lettere più utilizzate al centro) ha più potuto affermarsi: ecco il lock-in in azione.

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Il concetto non si applica soltanto alle tecnologie, ma anche alle regole. Una volta che ha preso piede una regola come quella della “mano” da tenere sulle strade, cambiarla diventa estremamente costoso, come sanno gli svedesi.

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Dagen H (il Giorno H, in italiano), nel quale la circolazione stradale in Svezia passò dalla guida a sinistra alla guida a destra, iniziò alle ore 5.00 del 3 settembre 1967. La H sta per Högertrafik, che in svedese significa “circolazione a destra”.
Le motivazioni del cambiamento erano chiare:
– tutti gli stati confinanti con la Svezia tenevano già la destra (inclusa la Norvegia, con la quale la Svezia ha in comune un lungo confine);
– la maggior parte degli svedesi guidava veicoli con guida a sinistra, che causavano molti incidenti soprattutto nelle strade a più corsie.
Nonostante ciò, il cambiamento fu molto impopolare: si era già tenuto un referendum che aveva già rifiutato il cambiamento di guida anni prima. Nel 1955 l’83% votò per mantenere la guida a sinistra, ma nel 1963 il Riksdag (Parlamento svedese) approvò la modifica e stabilì la Statens Högertrafikkomission (HTK), o ‘Commissione di Stato per la circolazione a destra’ per sorvegliare i risultati. Iniziò anche un programma di educazione della durata di quattro anni, con l’aiuto di psicologi.
All’avvicinarsi del Dagen H, le intersezioni stradali vennero dotate di segnali stradali extra, momentaneamente coperti con plastica nera. La segnaletica orizzontale preesistente, di colore giallo, fu affiancata da nuove strisce bianche, anch’esse temporaneamente coperte di nero.
Nel Dagen H, domenica 3 settembre, fu vietato tutto il traffico non essenziale dalle strade dall’1 alle 6 del mattino. Ogni veicolo in circolazione durante quel lasso di tempo doveva seguire speciali regole: tutti gli automezzi dovevano fermarsi completamente alle 4:45 e, dopo aver aspettato 5 minuti, dovevano spostarsi sulla destra e fermarsi di nuovo prima di procedere alle 5. In alcune città il divieto di circolazione fu più lungo per permettere agli operai di riconfigurare gli incroci stradali: per esempio, a Stoccolma e Malmö il divieto di circolazione in queste città durò dalle 10 del mattino di sabato alle 3 del pomeriggio di domenica.
Le fermate degli autobus dovettero essere ricostruite sul lato opposto della strada e le intersezioni dovettero essere riconfigurate per permettere al traffico di fluirvi.
I tram a Stoccolma furono ritirati e sostituiti da autobus; furono anche acquistati nuovi autobus con le porte sul lato destro. Altri 8.000 vecchi autobus furono modificati per permettere loro di avere porte su entrambi i lati, mentre Göteborg esportò i suoi autobus con guida a destra nel Pakistan e nel Kenia. Solo a Göteborg è ancora operativa una grande rete tranviaria.
Dovettero essere modificate tutte le auto svedesi, anche i modelli con guida a sinistra, soprattutto per aggiustare i fari anteriori, in modo da fare orientare quelli asimmetrici sul lato destro della strada, per evitare di abbagliare gli automobilisti che provenivano in senso opposto.
La mattina seguente al Dagen H si verificarono 125 incidenti, anche se nessun grave incidente fu attribuito al cambiamento della circolazione. Molte persone anziane smisero di guidare anziché imparare ad orientarsi col nuovo sistema di guida. Gli esperti avevano suggerito che il cambiamento avrebbe ridotto gli incidenti, perché gli automobilisti avrebbero avuto una vista migliore della strada davanti a sé: gli incidenti tra automobili e tra automobile e pedone subirono infatti inizialmente un decremento significativo, per poi tornare ad assestarsi sulla vecchia media. [Wikipedia]
Il lock-in non è totale e i due sistemi coesistono: i due terzi della popolazione mondiale vive in paesi in cui si guida a destra (in rosso) e un terzo in paesi dove si guida a sinistra (in blu).

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Bene, se avete avuto la pazienza di seguirmi fin qui, siamo pronti a svelarvi il terzo tassello.
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Terzo tassello: il piccolo e insignificante evento storico casuale (per usare la terminologia di Brian Arthur) che ha condotto alla circolazione veicolare a destra (o a sinistra).
To complete this model, I want to define carefully what I mean by ‘chance’ or ‘historical events’. Were we to have infinitely detailed prior knowledge of events and circumstances that might affect technology choices – political interests, the prior experience of developers, timing of contracts, decisions at key meetings – the outcome or adoption market-share gained by each technology would presumably be determinable in advance. We can conclude that our limited discerning power, or more precisely the limited discerning power of an implicit observer, may cause indeterminacy of outcome. I therefore define ‘historical small events’ to be those events or conditions that are outside the ex-ante knowledge of the observer – beyond the resolving power of his ‘model’ or abstraction of the situation. (Competing Technologies, Increasing Returns, and Lock-In by Historical Events)
La risposta era sotto i miei occhi fin dal principio, come la lettera rubata del celebre racconto di Edgar Allan Poe, che era da sempre sulla mensola del camino, in tutta evidenza: ne parla, per esempio, la voce di Wikipedia Mano da tenere.
Io però mi sono imbattuto nella notizia leggendo un libro che parla di pratiche, che mi sembra molto bello e che recensirò quando l’avrò terminato: The Dynamics of Social Practice: Everyday Life and How It Changes, di Elizabeth Shove, Mika Pantzar & Matt Watson. Il libro mi ha, a sua volta, rinviato a un sito bellissimo, che non conoscevo e che vi raccomando subito: worldstandards.
Qui la mia traduzione/adattamento dell’articolo Why do some countries drive on the left and others on the right?
In passato, quasi tutti tenevano la sinistra semplicemente perché era la cosa più sensata da fare nella violenta società feudale. Dato che i più usavano la destra per brandire la spada, la portavano nel fodero a sinistra (è anche il motivo per cui tradizionalmente, quando si procede affiancati, la donna sta a destra e l’uomo a sinistra: altrimenti la donna inciamperebbe nel fodero della spada). Tenere la sinistra della strada significava poter estrarre la spada più rapidamente e più vicino al nemico che procedeva dalla direzione opposta. Al tempo stesso, riduceva la possibilità che il fodero intralciasse gli altri.
Inoltre, per chi non è mancino è più facile montare a cavallo da sinistra (pensate al lato da cui di solito montate in bicicletta), anche senza spada. E dato che è più sicuro montare dal lato della strada, piuttosto che nel mezzo del traffico, ecco un altro motivo per far tenere al cavallo la sinistra.worldstandards.eu
Nel Settecento cominciarono a essere usati i carri di merci, tirati da più coppie di cavalli. Il conducente sedeva sul cavallo di sinistra (e poi a cassetta, sul sedile di sinistra) in modo da avere la destra libera per frustare tutti i cavalli e la possibilità di controllare il corso del carro, e che le ruote non urtassero quelle dei carri che procedevano nella direzione opposta. Perciò veniva loro naturale tenere la destra. (Sul sedile di destra sedeva spesso un uomo armato, a difesa del carro e delle merci trasportate: per questo ancora oggi il posto a fianco del conducente negli USA si chiama shotgun, come sa chi me segue abitualmente).
Già nel 1709 l’inviato danese alla corte dello Zar Pietro il Grande aveva notato che il traffico in Russia teneva la destra, anche se per l’editto ufficiale della Zarina Elizaveta Petrovna si sarebbe dovuto attendere il 1752. Anche la Rivoluzione francese diede il suo contributo: l’aristocrazia teneva tradizionalmente la sinistra, costringendo sul lato opposto il terzo stato (i vili meccanici, come avrebbe detto l’opponente di Padre Cristoforo, anche se nel racconto del Manzoni sono i nobili a tenere la destra). La regola della mano destra fu codificata a Parigi nel 1794, poco dopo l’editto danese dell’anno prima.
Insomma, tenere la sinistra è di destra, tenere la destra di sinistra!
Napoleone diffuse il tenere la destra in tutta Europa, salvo che nei paesi che gli avevano resistito (Regno Unito, Impero austro-ungarico e Portogallo) e questo assetto resistette per oltre un secolo, fino alla I Guerra mondiale.
L’imperialismo si manifestò anche in questo campo: la Russia impose la destra alla Finlandia nel 1858, il Regno Unito (che aveva ufficializzato la regola della guida a sinistra nel 1835) la impose a tutte le parti dell’impero, che a tutt’oggi conservano quella regola. Con una sola eccezione, l’Egitto, che guida a destra: perché era stato conquistato da Napoleone prima di entrare a far parte dell’impero britannico.
Il Giappone è una storia a sé: benché qualcuno riconduca la guida a sinistra all’era dei samurai (periodo Edo, 1603-1867), di fatto è più probabile sia una conseguenza indiretta dell’assistenza tecnica inglese nella costruzione della rete ferroviaria e tranviaria. La legge che stabilisce la guida a sinistra è del 1924.
Quando gli olandesi conquistarono l’Indonesia nel 1596, portarono con sé la guida a sinistra della madrepatria, che però dopo la conquista napoleonica passò alla guida a destra. Le colonie però non furono coinvolte e sono tuttora nel novero dei paesi con guida a sinistra.
Infine gli Stati uniti, in cui il passaggio alla guida a destra fu vissuto come un altro aspetto dell’emancipazione dagli inglesi: la Pennsylvania lo stabilì già nel 1792, seguita dallo stato di New York nel 1804 e del New Jersey nel 1813.
In Italia, la pratica di tenere la destra si affermò già intorno al 1890 e fu codificata nel primo Codice della strada, il 30 giugno 1912. Alle città in cui preesisteva una rete tranviaria si consentì di mantenere la guida a sinistra purché lo segnalassero con chiarezza ai caselli del dazio (i tram, come i treni, tenevano la sinistra un po’ in tutto il mondo). Nel 1923 fu introdotta una legge più restrittiva, ma a Roma, Milano, Torino e Genova fu permesso di mantenere la guida a sinistra, fino all’introduzione di un decreto attuativo del Ministero dei lavori pubblici, che però tardava ad arrivare (vi suona familiare?). Finalmente, Roma e Milano capitolarono: Roma il 1° marzo 1925 e Milano il 3 agosto 1926.
domenica, 29 giugno 2014 alle 21:57
[…] La spada e la frusta […]
lunedì, 30 giugno 2014 alle 6:57
Se non ricordo male, pure Edipo ammazza suo padre per una storia di precedenze a un incrocio, credo tra un carro e un pedone, addirittura. Anche se non ho idea di quale mano andasse tenuta in Grecia all’epoca.
lunedì, 30 giugno 2014 alle 9:22
Sofocle nell’Edipo Re la racconta così, per voce dello stesso Edipo (e per forza, tutti gli altri li aveva ammazzati!):
Cosí, peregrinando, alla contrada
giunsi, ove dici che fu spento il re.
Oh sposa, e il vero a te narrerò. Quando
fui vicino a quel trivio, incontro a me
un araldo si fece, e un uomo simile
a quel che dici tu, sovresso un cocchio
tratto da due puledri. E dalla via
l’auriga, e il vecchio istesso, fuor mi gittano
a viva forza. Per lo sdegno, allora
batto l’auriga. E il vecchio, còlto il punto
ch’io passo accanto al carro, ben due volte
in mezzo al capo mi vibra il randello.
Altro riscosse ch’ei non diè. Colpito
da questa mano con la mazza, súbito
s’avvoltolò rovescio a mezzo il cocchio;
e tutti gli altri stermino. (trad. di Ettore Romagnoli).
Direi che la rissa è più provocata dal rango dei protagonisti che dal codice della strada. Il che mi fa venire in mente che di certo Manzoni conosceva i suoi classici e ne ha tenuto conto nell’episodio di Cristoforo, fin nel dettaglio dell’intervento del servo che fa precipitare la situazione.