«L’amore non esiste», la canzonetta più ruffiana del 2014

L’avete certamente sentita anche se, come me, non siete assidui ascoltatori della radio.

Si chiama L’amore non esiste e la cantano (avendola anche scritta, penso) Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri.

Perché dico che è ruffiana? 

Basta ascoltare le parole, per capirlo. Basta anzi ascoltarne un frammento del ritornello: «l’amore non esiste, esistiamo io e te…»

Si ripete la storia di La cura di Franco Battiato, in cui la ruffiana frasetta «perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te» ha fatto andare in sollucchero una generazione di fidanzatine che di speciale non avevano poi niente e ha fatto passare in secondo piano tutte le assurdità di un testo pseudo-ermetico (le correnti gravitazionali, i campi del Tennessee, le vie che portano all’essenza, i capelli come trame di un canto).

Soltanto che, nel caso di L’amore non esiste, non abbiamo ancora registrato una reazione magistrale come quella di Antonio Pascale, che ci ha fatto ricordare che, in amore come più in generale nei rapporti tra persone, la manutenzione degli affetti è più importante della cura mistico-teosofica di Battiato (ne abbiamo parlato qui qualche anno fa).

In assenza di Pascale ci proverò io – di certo meno bene – a dire che cosa nel testo della canzone è falso come una moneta da 3 euro. «L’amore non esiste, esistiamo io e te» sembra un’affermazione del tutto ragionevole e razionale, una verità auto-evidente, l’uovo di Colombo. Ma certo! Come non averci pensato prima? L’amore non esiste, esistiamo io e te: tutto il resto è sovrastruttura, cliché di situazioni, l’epifenomeno «di dottrine moraliste sulle voglie della gente», «un ingorgo della mente di domande mal riposte e di risposte non convinte».

Peccato che la premessa sia inesorabilmente falsa: l’amore esiste, invece, come esistono tutte le astrazioni. Non ci credete? Provate a sostituire un colore all’amore: il giallo non esiste, esistono soltanto le singole cose gialle.

L’astrazione: estrarre un concetto universale dalla conoscenza sensibile di oggetti particolari mettendo da parte ogni loro caratteristica spazio-temporale (Wikipedia). Una grande conquista del pensiero umano, che ha consentito progressi altrimenti impensabili. Ma evidentemente Fabi Silvestri e Gazzè erano al cesso a farsi una canna mentre il prof. di filosofia spiegava.

Forse vivere senza astrazioni è possibile, ma certamente non è comodo.

Sì – direte voi – ma il senso della canzone è un altro. Il senso della canzone è che non esiste in realtà (in concreto!) altro che quello che intercorre tra quelle persone. Innumerevoli varianti, come innumerevoli sono le combinazioni tra le persone. Tu, imponendo un comun denominatore, imponi al tempo stesso delle regole e delle gerarchie: le relazioni tra persone che rispondono a quelle regole sono amore, le altre non lo sono per niente, oppure lo sono soltanto un po’ di meno.

Hey, non mi chiamo mica Boris Giovanardi, io!

No, non penso che abbiate ragione. Non penso che le astrazioni siano esclusive, o tutto o niente. Penso che ci siano molte sfumature e molte dimensioni. Penso che su questo una considerazione decisiva l’abbia fatta Ludwig Wittgenstein (non nella sua versione giovanile e apodittica che concludeva il suo Tractatus logico-philosophicus con la celeberrima, ma successivamente ripudiata, proposizione «Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen. Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere.» ma in quella della maturità a Cambridge) parlando di un’altra astrazione, il gioco. Potrei canticchiare: «il gioco non esiste, esistiamo io e te…». Io e te che giochiamo a pallavolo, a scacchi, a ramino… Innumerevoli varianti, affinità, somiglianze, parentele che emergono e spariscono, che si sovrappongono e si incrociano. Moltissime regole, nessuna gerarchia.

Il brano di Wittgenstein, giustamente celeberrimo e citatissimo, l’avevo riportato e discusso qui. Ma con un piccolo colpo di mano userò l’argomento di Wittgenstein a proposito di un’altra astrazione, quella di numero, per smontare un altro pezzetto della canzone:

Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l’espressione “somiglianze di famiglia”; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e si incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperamento, ecc. ecc. – E dirò: i ‘giochi’ formano una famiglia. E nello stesso modo formano una famiglia, ad esempio, i vari tipi di numeri. Perché chiamiamo una certa cosa ‘numero’? Forse perché ha una – diretta – parentela con qualcosa che finora si è chiamato numero; e in questo modo, possiamo dire, acquisisce una parentela indiretta con altre cose che chiamiamo anche così. Ed estendiamo il nostro concetto di numero così come, nel tessere un filo, intrecciamo fibra con fibra. [Wittgenstein, Ludwig (1967). Ricerche filosofiche. Torino: Einaudi. 1967]

Alla luce di questa riflessione di Wittgenstein – che è anche profondamente poetica, nell’immagine del filo intessuto intrecciando fibra con fibra – i numeri si arricchiscono di tutta la complessità necessaria a capire tante cose (compreso l’amore), anche se forse non a spiegarle. Quanto alla ribellione alla statistica, è quella che ci porta al quattordicesimo e ultimo posto nella graduatoria dell’indagine Ipsos MORI commissionata dalla Royal Statistical Society [Perceptions are not reality: Things the world gets wrong]. Ma questo è materia per un altro post.

ipsos-mori.com

Nell’attesa, divertitevi a smontare il testo della canzone L’amore non esiste per conto vostro:

L’amore non esiste è un cliché di situazioni
tra due che non son buoni ad annusarsi come bestie
finché il muro di parole che hanno eretto
resterà ancora fra loro a rovinare tutto
L’amore non esiste è l’effetto prorompente
di dottrine moraliste sulle voglie della gente
è il più comodo rimedio alla paura
di non essere capaci a rimanere soli
L’amore non ha casa, non ha un’orbita terrestre
non risponde ai più banali meccanismi tra le forze,
è un assetto societario in conflitto d’interesse
l’amore non esiste…

Ma esistiamo io e te
e la nostra ribellione alla statistica
un abbraccio per proteggerci dal vento
l’illusione di competere col tempo
Io non ho la religiosa accettazione della fine
potessimo trovare altri sinonimi del bene
l’amore non esiste, esistiamo io e te

L’amore se poi esiste è quest’idea di attaccamento
che ha l’uomo del mio tempo per le tante storie viste
non esiste fare i conti accontentarsi piano piano
di una vita mano nella mano
l’amore non esiste, è un ingorgo della mente
di domande mal riposte e di risposte non convinte
vuoi tu prendere per sposo questa libera creatura
finché Dio l’avrà deciso o solamente finché dura?

Ma esistiamo io e te
e la nostra ribellione alla statistica
un abbraccio per proteggerci dal vento
l’illusione di competere col tempo
e non c’è letteratura che ci sappia raccontare
i numeri da soli non riescono a spiegare
l’amore non esiste, esistiamo io e te

Io non ho la religiosa accettazione della fine
potessimo trovare altri sinonimi del bene
l’amore non esiste…

5 Risposte to “«L’amore non esiste», la canzonetta più ruffiana del 2014”

  1. Rossella de Martino Says:

    Secondo me tu questa canzone non l’hai proprio capita. Si riferisce principalmente al fatto che l’amore inteso come “quello che TI OBBLIGA a stare insieme tutta una vita con le persone”, non esiste come fenomeno inteso DI MASSA. Semplicemente, esistiamo io e te e la nostra ribellione alla statistica (cioè, non bisogna conformarsi all’idea malsana dell’amore che viene trasmessa dalle sovrastrutture o dalla chiesa esempio) i divorzi sono in aumento esempio. Inoltre è dedicata a tutte le persone che vivono insieme pur non amandosi piu, situazione tipo dove uno dei due vorrebbe mollare ma non ci riesce. Insomma, tu sta canzone proprio non l’hai compresa e dice invece una cosa meravigliosa: suggerisce l’amore “individuale” di ogni coppia, anzichè quello suggerito dal clichè dell’amore tramandato dai media e dalle tradizioni romantiche tipiche del “forever”. Meravigliosa.

  2. Rodolfo Says:

    Ma non.puoi ascoltare la musica facendoti un po meno pippe mentali?

    • borislimpopo Says:

      Non leggermi. Non ti obbliga nessuno.
      Quanto a me, mi faccio tutte le Pippo, mentali o no, che voglio. Tutto qui.

      • Giancarlo Says:

        Non si é obbligati a leggere così come non si é obbligati a scrivere. Il problema è che é impossibile dire che uno ha scritto una cazzata se prima non la si è letta. Questo ci spinge a criticare una lettura, la speranza che l’autore faccia tesoro delle osservazioni diminuendo così le probabilità di scrivere ulteriori boiate.


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