Come smettere di preoccuparsi?

Pare che le considerazioni che seguono siano da attribuirsi a Mark Twain.

Il percorso con cui le ho scoperte è molto tortuoso: partono da un post di Maria Popova, How Not To Worry: A 1934 Guide to Mastering Life, che parla di un libro di James Gordon Gilkey (You Can Master Life) che a sua volta cita la Tavola delle preoccupazioni (Worry Table) predisposta da “un grande umorista” che, secondo Maria Popova, è Mark Twain, accreditato anche di aver detto:

I’ve had a lot of worries in my life, most of which never happened.

Ecco la tavola delle preoccupazioni, nella mia traduzione (per l’originale vi rimando al post di Brain Pickings How Not To Worry: A 1934 Guide to Mastering Life:

  1. Preoccupazioni relative a disastri che, con il senno di poi, non sono mai accaduti. Circa il 40% delle mie ansie.
  2. Preoccupazioni relative alle conseguenze di decisioni prese nel passato e rispetto alle quali, naturalmente, adesso non posso farci più niente. Circa il 30% delle mie ansie.
  3. Preoccupazioni relative a possibili malattie fisiche o mentali che, con il senno di poi, non si sono mai materializzate. Circa il 12% delle mie ansie.
  4. Preoccupazioni relative ai miei cari e ai miei amici, preoccupazioni che scaturiscono dall’aver dimenticato che si tratta di persone dotate di una normale dose di buon senso. Circa il 10% delle mie ansie.
  5. Preoccupazione con un reale fondamento. Forse l’8% delle mie ansie.

In sostanza, commenta Gilkey, per ridurre l’ansia è sufficiente concentrarsi sull’8% di preoccupazioni con un fondamento reale, trascurando il 92% di preoccupazioni infondate. In questo modo si può ridurre l’ansia del 92% oppure – guardando le cose da un altro punto di vista – essere liberi da preoccupazioni per il 92% del tempo.

Worry Table

Il ragionamento di Gilkey-Twain richiama l’opera di un artista americano, Andrew Kuo, di cui aveva parlato Brain Pickings in un’altra occasione, con questa didascalia:

Andrew Kuo presents his inner worries, arguments, counterarguments, and obsessions in the form of charts and graphs. In the three-tiered graph my Wheel of Worry, originally published in the May 16. 2010, New York Times Magazine, Kuo illustrates the things in his life that concern him and his specific feelings about each. On the graph’s innermost ring Kuo shows what causes him anxiety in the moments before sleep (loneliness, death, money, bedbugs, and the new York Knicks); in the middle ring he charts his very specific reactions to his credit card statement; on the outermost ring, what he thinks about as he scratches a lottery ticket. In this chart and others, Kuo brings the graphic language of scientific fact to the irrational emotions associated with everyday life.

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Naturalmente questo post è affettuosamente dedicato a una persona, di cui non farò il nome ma che non farà fatica a riconoscersi.

Buon compleanno, Hitchcock

Oggi Hitchcock compirebbe 113 anni. Lo festeggiamo con la celeberrima scena dell’aereo in North by Northwest (Intrigo internazionale).

Non vi ricordate il film? Non l’avete mai visto? Rimediate subito, non ve ne pentirete!

La scena a Grand Central:

Il malizioso finale con la “penetrazione” del tunnel (se pensate che possa rovinarvi il film, non guardatelo).

Maria Popova, su Brain Pickings (Happy Birthday, Hitchcock: How the Iconic Director Changed One Boy’s Life | Brain Pickings), lo festeggia da par suo presentando un libro di Laurent Bouzereau, Hitchcock, Piece by Piece.

Alfred Hitchcock — legendary director, insightful happiness guru, masterful exploiter of human psychology — was born 113 years ago today. Hitchcock, Piece by Piece (public library) deconstructs what author Laurent Bouzereau calls “the Hitchcock touch,” in large part through never-before-published memorabilia from the Hitchcock family archive — letters, memos, photographs, and other ephemera that offer an unprecedented glimpse of the legendary director’s life and mind.

Hitchcock, Piece by Piece

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150 anni fa la gita in barca da cui nasce Alice

Il 4 luglio 1862, 150 anni fa esatti, un gruppetto di amici fa una gita in barca da Oxford a Godstow, dove si ferma per un picnic sulla riva. Sono della partita il giovane matematico Charles Dodgson (meglio noto come Lewis Carroll), il suo amico Rev. Robinson Duckworth e le 3 sorelline di un altro amico, Harry Liddell: Edith (8 anni), Alice (10) e Lorina (13).

Lorina si fa pipì addosso: no, questa è un’altra storia, ma il calembour era irresistibile, mi è scappato (e 2).

Dodgson ha il compito di intrattenere le sorelline e si inventa una storia, con Alice protagonista. Entusiasta, Alice la vuole per iscritto: dopo qualche giorno Dodgson le manda un manoscritto intitolato Alice’s Adventures Under Ground.

Le 3 sorelline Liddell

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La foto sopra è del 1859 (3 anni prima) e Alice è quella di destra con la frangetta.

Incoraggiato a pubblicare la storia da altre reazioni positive, Dodgson la amplia fino a raddoppiarne le dimensioni (è in questa seconda versione che vengono inseriti il tè del Cappellaio matto e il gatto del Cheshire) e cambia il titolo in quello che conosciamo (Alice’s Adventures in Wonderland). Per le illustrazioni di John Tenniel, Dodgson propone come modello non Alice (che, come avete visto, è bruna) ma la bionda Mary Hilton Badcock, un’altra delle sue giovani amiche. Ma in realtà pare che Tenniel non abbia usato neppure lei come modello.

L'Alice di Tenniel

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La mia copia di Alice (un consunto paperback Penguin) viene dalla libreria Shakespeare & Co. di Parigi.

Grazie, ancora una volta, a Brain Pickings.

How the Story of Alice in Wonderland Was Born 150 Years Ago Today | Brain Pickings

Anatomia della noia

Maria Popova (di cui abbiamo parlato più volte, da ultimo qui) recensisce su Brain Pickings un libro di Peter Toohey, Boredom: A Lively History.

Boredom

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Io non l’ho letto e quindi posso soltanto limitarmi a citare alcune delle considerazioni di Maria Popova:

Toohey argues that boredom, unlike primary emotions like happiness, sadness, fear, anger, surprise, or disgust, takes a secondary role, alongside “social emotions” like sympathy, embarrassment, shame, guilt, pride, jealousy, envy, gratitude, admiration, and contempt. He delineates between two main types of boredom — simple boredom, which occurs regularly and doesn’t require that you be able to name it, and existential boredom, a grab-bag condition that is “neither an emotion, nor a mood, nor a feeling” but, rather, “an impressive intellectual formulation” that has much in common with depression and is highly self-aware, something Toohey calls the most self-reflective of conditions.
Toohey examines the relationship between boredom and disgust, the former being a mild derivation of the latter — boredom is to disgust what annoyance is to anger. Boredom is also connected to surfeit — surfeit, coupled with monotony, predictability, and confinement, produces boredom.
«Boredom is an emotion usually associated with a nourished body: like satiety, it is not normally for the starving.»
But our reflexive means of alleviating boredom — novelty-seeking, drugs, extreme behaviors — are, as most of us are intellectually aware but have at some point been experientially blind to, remarkably ineffective. Toohey observes:
«As fast as the new is experienced…it is liable to become boring. The new becomes a variant of the infinite. It recedes infinitely.»
This touches on what’s perhaps the most transfixing aspect of boredom — its relationship with time:
«Infinity is of course temporal as well as spatial. Time has a very interesting relationship with boredom and its representations. We have all experienced the sluggishness of time when we have been confined in boring situations. According to one of the late Clement Freud’s famous witticisms, ‘if you resolve to give up smoking, drinking and loving you don’t actually live longer, it just seems longer.’»

Queste riflessioni portano Maria Popova a collocare la noia all’interno del noto schema di Mihaly Csikszentmihalyi , dove la noia sta quasi al polo opposto del flusso (flow), quello stato di grazia in cui entri quando fai qualcosa con grande gioia e concentrazione e perdi la misura del tempo che passa.

Mihaly Csikszentmihalyi

wikipedia.org

La noia ha una funzione adattiva quando è una reazione transitoria, ma diventa patologica quando si trasforma in una condizione cronica. Per contribuire a distinguere tra queste due forme, nel 1986 Richird Farmer e Norman D. Sundberg (“Boredom Proneness – The Development and Correlates of a New Scale”, Journal of Personality Assessment) hanno proposto un test (le rispioste vanno date su una scala che varia tra 1 – «non sono d’accordo per niente» – a 4 – «neutrale» – a 7 – «sono pienamente d’accordo»:

  1. Trovo facile concentrarmi su quello che faccio.
  2. Mentre sto lavorando spesso la mia mente divaga.
  3. Mi sembra che il tempo non passi mai.
  4. Spesso mi sento spaesato, non so che fare.
  5. Mi trovo spesso in situazioni in cui devo fare cose senza senso.
  6. Guardare le diapositive delle vacanze degli altri mi annoia a morte.
  7. Ho in mente un sacco di progetti e di cose da fare.
  8. Trovo facile intrattenermi con me stesso.
  9. Molte delle cose che devo fare sono ripetitive e monotone.
  10. Ho bisogno di più stimoli della maggior parte delle persone.
  11. La maggior parte delle cose che faccio mi stimola molto.
  12. Sono raramente intrigato dal mio lavoro.
  13. In ogni situazione riesco a trovare qualche cosa da fare o che mi interessa.
  14. Per la maggior parte del tempo sto seduto senza fare niente.
  15. So aspettare con pazienza.
  16. Spesso non ho niente da fare, con un sacco di tempo a disposizione.
  17. Quando devo aspettare, come in una fila, divento irrequieto.
  18. Spesso mi sveglio con un’idea nuova.
  19. Sarebbe difficile per me trovare un lavoro abbastanza intrigante.
  20. Mi piacerebbe dover fare più cose difficili nella vita.
  21. Sento che per la maggior parte del tempo lavoro sotto le mie capacità.
  22. Molti dicono che sono creativo o pieno d’immaginazione.
  23. Ho così tanti interessi da non riuscire a fare tutto.
  24. Tra i miei amici sono il più perseverante.
  25. Se non faccio qualcosa di eccitante, addirittura pericoloso, mi sento opaco e mezzo morto.
  26. Per essere veramente felice ho bisogno di un sacco di varietà e di cambiamento.
  27. Alla televisione e al cinema è sempre la stessa solfa.
  28. Quando ero giovane, mi trovavo spesso in situazioni monotone o pallose.

Per scoprire quanto siete propensi ad annoiarvi, rispondete al questionario (qui trovate un foglio excel, in inglese, che vi facilita il compito) e sommate i punteggi di ogni risposta. Io l’ho fatto e mi sono trovato patologicamente propenso alla noia.

L’articolo di Maria Popova è qui: Anatomy of Boredom | Brain Pickings.

Plutone non è un pianeta: le prove schiaccianti

Una breve animazione di C. G. P. Gray (prossimamente altri video di questo bravo autore), segnalata ancora una volta dal bel sito di Maria Popova:

Is Pluto a Planet? An Animated Explanation Sets the Record Straight | Brain Pickings