Tolstoj, Lev Nikolaevic (1877). Anna Karenina. Milano: Rizzoli. 2012. ISBN 9788858629994. Pagine 944. 0,99 €

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Della difficoltà e della probabile inutilità di recensire i classici ho già detto altrove, a proposito de La montagna magica di Thomas Mann:
Piccolo dilemma, di cui verosimilmente non importa niente a nessuno tranne che a me: che io recensisca capolavori classici universalmente e da tempo acclamati è probabilmente, oltre che inutile, un atto di hỳbris; d’altra parte, ho promesso a me stesso, e ho detto anche a voi (i proverbiali 25 lettori) che avrei recensito, non sempre tempestivamente, tutti i libri che avessi letto.
Dunque, eccomi qui.
Poche e (per una volta) brevi considerazioni:
- Perché mi sono ridotto a leggere così tardi nella mia vita un romanzo universalmente considerato un capolavoro? Con l’aggravante che tutti mi considerano un grande lettore e in verità lo sono? L’unica spiegazione che riesco a trovare è che ho letto precocemente Guerra e pace (ricordo la casa e la poltrona dove l’ho letto e posso affermare con certezza che era prima dell’autunno 1969). Guerra e pace è un romanzo bellissimo, ma non breve né leggero. Avevo altri autori da leggere e altre urgenze adolescenziali. Per un po’ sono stato lontano da Tolstoj. Tutto qui.
- Perché leggere i classici lo ha scritto Italo Calvino meglio di quanto non potrei fare io, che peraltro ne ho parlato qui.
- Tutti i romanzi malriusciti si assomigliano fra loro, ogni capolavoro è un capolavoro a suo modo.
* * *
C’è un passo, secondo me, che da solo sarebbe valso la pena di intraprendere la lettura del romanzo (riferimento come sempre alla posizione sul Kindle).
La primavera non si manifestò per lungo tempo. Le ultime settimane di quaresima c’era un tempo sereno, gelato. Di giorno sgelava al sole, e di notte si giungeva fino ai sette gradi; lo strato di ghiaccio era tale che s’andava sui carri senza strada. Pasqua fu con la neve. Poi a un tratto, il secondo giorno della settimana di Pasqua si levò un vento caldo, si avanzarono le nubi, e per tre giorni e tre notti cadde una pioggia tempestosa e calda. Il giovedì il vento si calmò, e si avanzò una fitta nebbia grigia, come a nascondere i misteri dei mutamenti che si compivano nella natura. Nella nebbia scorsero le acque, scricchiolarono e si spostarono i massi di ghiaccio, si mossero più in fretta i torbidi, spumeggianti torrenti, e proprio in cima alla Kràsnaja Gòrka fin dalla sera si lacerò la nebbia, le nubi corsero via a pecorelle, il tempo si schiarì, e apparve la vera primavera. La mattina il sole vivo che s’era levato divorò in fretta il ghiaccio sottile, che aveva coperto le acque, e tutta l’aria tepida tremò per le evaporazioni della terra rianimatasi.
Verdeggiò l’erba vecchia e la nuova che spuntava in forma di aghi, si gonfiarono le gemme dell’oppio, del ribes e dell’attaccaticcia betulla da spirito, e su un ramo cosparso di color d’oro cominciò a ronzare un’ape lasciata fuori dell’arnia, che svolazzava qua e là. Trillarono le allodole invisibili sul velluto del verde e sulla stoppia gelata, piansero le pavoncelle sulle bassure e nelle paludi riempitesi d’un’acqua bruna che non se n’era andata, e in alto passarono volando con gridio primaverile le gru e le oche. Muggì nei pascoli il bestiame spelato, che solo in qualche punto non aveva ancora mudato, cominciarono a giocare gli agnelli dalle zampe curve intorno alle belanti madri che perdevano il pelo, corsero i ragazzi dalle gambe svelte per i sentieri che s’asciugavano con l’impronta dei piedi nudi, scoppiettarono sullo stagno le allegre voci delle donne con la tela, e batterono per le corti le accette dei muzikí, che aggiustavano gli aratri e gli erpici. Era venuta la vera primavera. [3586: colgo l’occasione per dire che la traduzione è quella classica del 1936 di Leone Ginzburg per Einaudi]
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Molte altre, come è ovvio, le citazioni meritevoli di essere riportate (riferimento ancora alle posizioni sul Kindle).
«[…] Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce.» [1228]
«[…] Essi probabilmente parlavano di me fra loro, o, ancora peggio, ne tacevano…» [1815]
[…] colta col pensiero la situazione e pesatala sulla bilancia interna […] [1844]
Egli, come uomo che aveva vissuto, non stupido e non malato, non credeva alla medicina […] [2844]
«[…] Uno dei due è sciocco. Ebbene, e voi lo sapete, di noi stessi questo non si può mai dire.»
«Nessuno è contento del suo patrimonio, e ognuno è contento della sua intelligenza» disse il diplomatico in tono sentenzioso. [3232]«[…] La donna, vedi, è una materia che, per quanto tu la studi, sarà sempre completamente nuova.»
«Allora è meglio non studiarla.»
«No. Un certo matematico ha detto che il diletto non è nella scoperta della verità, ma nella sua ricerca.» [3816]«E allora? Bisognava contare ogni albero?»
«Assolutamente contarli. Ed ecco, tu non li hai contati, ma Rjabínin li ha contati. I figli di Rjabínin avranno dei mezzi per la vita e l’istruzione, e i tuoi magari non ne avranno.» [4010-4011][…] giocatore, gozzovigliatore e non solo uomo senza regola, ma con regole immorali […] [4135]
«[…] Dice che siete una vera eroina di romanzo e che, se fosse un uomo, farebbe mille sciocchezze per voi. Strémov le dice che le fa anche così.» [6783: Tolstoj gioca con gli strange loops]
[…] questo scollo quadrangolare, malgrado il petto fosse molto bianco, o precisamente perché esso era molto bianco, toglieva a Lévin la libertà di pensare. [7476]
Quegli attacchi di gelosia, che negli ultimi tempi la prendevano sempre più spesso, gli mettevano orrore, e, per quanto egli cercasse di nasconderlo, lo raffreddavano verso di lei, benché sapesse che la causa della gelosia era il suo amore per lui. [8110]
«Amare chi ti odia, sì; ma amare quelli che tu odi non si può! […]» [8933]
«Ho sentito che le donne amano certi uomini per i loro vizi,» cominciò Anna a un tratto «ma io lo odio per la sua virtù. […]» [9624]
Il ricordo del male arrecato al marito suscitava in lei un sentimento simile alla ripugnanza, e analogo a quello che un uomo che sta per annegare proverebbe dopo aver strappato da sé un uomo aggrappatosi a lui. Quest’uomo era annegato. S’intende, era male, ma era l’unica salvezza, ed era meglio non ricordare questi terribili particolari. [10399]
Egli non lavorava mai con tanto ardore e successo come quando la sua vita andava male, e in particolar modo quando litigava con la moglie. [10517]
Egli sapeva che non si poteva proibire a Vrònskij di divertirsi con la pittura; sapeva che lui e tutti i dilettanti avevano pieno diritto di dipingere quel che pareva loro, ma gli dispiaceva. Non si può proibire a un uomo di farsi una gran bambola di cera e di baciarla. Ma se quest’uomo con la bambola venisse e si sedesse dinanzi a un innamorato e si ponesse a carezzare la sua bambola, come l’innamorato carezza colei che ama, all’innamorato questo dispiacerebbe. Un eguale sentimento spiacevole provava Michàjlov alla vista della pittura di Vrònskij: provava un’impressione e di canzonatura, e di stizza, e di pietà, e di offesa. [10715]
Soltanto allora egli capì chiaramente per la prima volta quello che non capiva quando, dopo le nozze, l’aveva condotta fuori della chiesa. Capì che non solo ella gli era vicina, ma che ora non sapeva dove finiva lei e cominciava lui. Lo capì da quel tormentoso senso di sdoppiamento che sentiva in quel momento. Si offese al primo impulso, ma nel medesimo istante sentì che non poteva essere offeso da lei, che lei era lui stesso. [10779: qualcuno si era chiesto, a suo tempo, se la pelle unisse o dividesse…]
Qualcosa di vergognoso, di molle, di capuano, com’egli lo definiva a se stesso, era nella sua vita di ora. [10862]
Evidentemente si compiva in lui quella rivoluzione che doveva fargli guardare alla morte come al soddisfacimento dei suoi desideri, come alla felicità. Prima ogni desiderio singolo, suscitato da una sofferenza o da una privazione, come la fame, la stanchezza, la sete, era soddisfatto con una funzione del corpo, ma adesso la privazione e la sofferenza non ricevevano soddisfazione, e il tentativo di soddisfazione suscitava una nuova sofferenza. E perciò tutti i desideri si fondevano in uno solo: il desiderio di liberarsi di tutte le sofferenze e della loro fonte, il corpo. Ma per esprimere questo desiderio di liberazione egli non aveva parole, e perciò non ne parlava, ma secondo l’abitudine voleva il soddisfacimento di quei desideri che non potevano più essere soddisfatti. [11248]
Egli occupava ancora un posto importante, era membro di molte commissioni e comitati, ma era un uomo che s’era consumato tutto e da cui non si attendeva più nulla. Qualunque cosa egli dicesse, qualunque cosa proponesse, lo si ascoltava come se ciò che proponeva fosse noto da lungo tempo e fosse proprio quello che non ci voleva. [11516]
E un sorriso furbesco le increspava le labbra, in particolar modo perché, pensando al romanzo di Anna, parallelamente a esso, Dàrja Aleksàndrovna si immaginava un suo romanzo quasi simile, con un immaginario uomo collettivo, che era innamorato di lei. Ella nello stesso modo come Anna confessava tutto al marito. E lo stupore, e la confusione di Stepàn Arkàdjevic’ a questa notizia, la facevano sorridere. [13544]
Se il lavoro messo nell’acquisto del denaro corrispondesse al piacere che procurava quel che veniva comprato con esso, questa considerazione era sfumata già da lungo tempo. [14982]
Questo posto, come tutti i posti simili, esigeva così enormi conoscenze e attività, che era difficile riunirle in una sola persona. E siccome l’uomo che riunisse queste qualità non c’era, tuttavia era meglio che questo posto l’occupasse un uomo onesto, piuttosto che un disonesto. [15908]
Per intraprendere qualcosa nella vita familiare, sono indispensabili o un completo dissidio fra i coniugi o un amorevole accordo. Quando invece i rapporti fra i coniugi sono indefiniti e non c’è né l’uno né l’altro, nessuna cosa può essere intrapresa.
Molte famiglie rimangono per anni nei vecchi luoghi, uggiosi ormai per tutt’e due i coniugi, soltanto perché non c’è né pieno dissidio, né completo accordo. [16333]Per lei tutto in lui, con le sue abitudini, i pensieri, i desideri, con tutta la sua complessione spirituale e fisica, era una cosa sola: l’amore per le donne, e quest’amore secondo il sentimento di lei doveva essere tutto concentrato su lei sola. Quest’amore era diminuito; per conseguenza, secondo il ragionamento di lei, egli aveva dovuto portare parte dell’amore su altre o su un’altra donna, e Anna era gelosa. Era gelosa per lui non d’una qualche donna, ma della diminuzione del suo amore. Non avendo ancora un oggetto per la sua gelosia, lo cercava. [16345]
«Il rispetto l’hanno inventato per nascondere il posto vuoto dove dev’essere l’amore… […]» [16435]
Vedeva che fra quella generale sollevazione della società si erano messi in luce e gridavano più forte degli altri tutti i falliti e gli offesi; i comandanti in capo senza eserciti, i ministri senza ministeri, i giornalisti senza giornali, i capipartito senza partigiani. [17039]
Giacendo sul dorso, guardava adesso il cielo alto, senza nubi. [17641: è l’autocitazione di un celebre passo di Guerra e pace, quando il principe Andréj giace ferito sul campo di battaglia di Austerlitz:
«Che cos’è? Sto cadendo? Le gambe mi vacillano», pensò, e cadde supino. Aprì gli occhi, ma non vedeva nulla. Sopra di lui non c’era più nulla, se non il cielo: un cielo alto, non sereno, ma pure infinitamente alto, con nuvole grigie che vi strisciavano sopra dolcemente. «Che silenzio! Che quiete! Che solennità!», pensò il principe Andréj, «non è più come quando correvamo gridando e battendoci; non è così che le nuvole scorrono su questo cielo alto, infinito. Come non lo vedevo prima, questo cielo così alto? E come son felice di averlo finalmente conosciuto. Sì! Tutto è vuoto, tutto è inganno, fuori che questo cielo infinito. Non c’è niente, niente all’infuori di esso. Ma anch’esso non esiste, non c’è nulla all’infuori del silenzio e della tranquillità. E Dio ne sia lodato!…»][…] pane, cetrioli e miele fresco. [17714]
«Ma se tu vuoi venire a conoscere lo spirito del popolo per via aritmetica, allora, s’intende, ottenere questo è molto difficile. E il suffragio non è introdotto da noi e non può essere introdotto, perché non esprime la volontà del popolo; ma per questo ci sono altre vie. Si sente nell’aria, si sente nel cuore. Non parlo poi di quelle correnti sottomarine, che si sono mosse nel mare stragrande del popolo e che sono chiare per qualsiasi persona non prevenuta; guarda la società in senso stretto. […]»
«Ma sono i giornali che dicono tutti la stessa cosa» disse il principe. «È vero. Dicono a tal punto la stessa cosa che sembrano proprio rane prima del temporale. Appunto per causa loro non si può sentire nulla.» [17813-17819]