Mann, Thomas (1924). La montagna magica (Der Zauberberg). Milano: Mondadori. 2010.

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Piccolo dilemma, di cui verosimilmente non importa niente a nessuno tranne che a me: che io recensisca capolavori classici universalmente e da tempo acclamati è probabilmente, oltre che inutile, un atto di hỳbris; d’altra parte, ho promesso a me stesso, e ho detto anche a voi (i proverbiali 25 lettori) che avrei recensito, non sempre tempestivamente, tutti i libri che avessi letto.
Dunque, eccomi qui. Me la caverò menando il can per l’aia: non recensendo il libro, ma parlandone un po’ in relazione a me e alle vicende che mi riguardano personalmente.
Il primo romanzo di Thomas Mann che ho letto fu I Buddenbrook, su suggerimento di mio padre: a casa mia – privilegio di cui non smetterò mai di essere grato ai miei – si parlava sempre a tavola “dei massimi sistemi” e dunque spesso di letteratura. Ero adolescente, non alle medie, suppongo, ma al ginnasio direi. Anche perché rimasi molto colpito dal modo in cui Mann descrive l’insorgere del tifo del piccolo Hanno. E perché ricordo di averne discusso con G. M., amico fin dalla prima elementare, di madre amburghese e quindi fonte preziosa di quelle atmosfere (soprattutto di Travemünde, dove se non ricordo male andavano anche in villeggiatura i cammellini di peluche del professor Kranz di Paolo Villaggio).
Qualche anno dopo ho letto (come tutti all’epoca) La morte a Venezia: il film di Luchino Visconti – senza l’articolo! – è del 1971, ma restò più memorabile, per me, per la scoperta dell’Adagietto dalla 5ª Sinfonia e dello stesso Gustav Mahler, che fino ad allora avevo appena sfiorato. Nel film l’orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia era diretta da Franco Mannino.
Poco dopo – erano dunque gli anni dell’università – arrivò la lettura di Doktor Faustus, legato anch’esso a una scoperta musicale (anche qui, più il Beethoven della Sonata op. 111 che la dodecafonia e la Scuola di Vienna). Oltre alla stupenda interpretazione di Sviatoslav Richter che vi propongo qui sotto, vi segnalo anche la bella lezione di Roman Vlad che trovate su Rai Educational.
Per molto tempo ho rinviato la lettura de La montagna incantata (all’epoca era tradotto così il titolo originale – Paolo Mauri racconta tutta la vicenda su la Repubblica), fino a quando la nuova edizione e traduzione non mi ha deciso al grande passo.
È un bel libro? Certamente sì.
È un bel romanzo? Non so. Opinione personalissima, e probabilmente una bestemmia per i veri esperti, e non posso escludere nemmeno che se lo rileggessi, magari in momenti e circostanze diverse …
Insomma, non sono sicuro che in quanto romanzo sia sopravvissuto bene agli anni: sarà che il linguaggio e il fraseggio così “classici” anestetizzano i grandi temi che sono il “vero” contenuto del romanzo, sarà che ci siamo abituati ai romanzi-saggio in cui la contrapposizione delle idee non ha bisogno di incarnarsi fisicamente in personaggi (e vicende), sarà che Davos ormai non ci fa nemmeno pensare alle gare di sci ma al forum di qualche decina di esperti strapagati che discettano del nostro destino, sarà che 1000 pagine sono tante per un romanzo e poche per un saggio che mette tutta quella carne al fuoco, sarà la musica che gira intorno, saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro …
lunedì, 6 febbraio 2012 alle 11:37
[…] Thomas Mann – La montagna magica […]
domenica, 6 gennaio 2013 alle 21:12
[…] e della probabile inutilità di recensire i classici ho già detto altrove, a proposito de La montagna magica di Thomas […]