Jukebox

Apparecchio automatico situato specialmente nei locali pubblici, contenente un giradischi e numerosi dischi di musica leggera che possono essere selezionati e ascoltati mediante inserimento di monete o gettoni (De Mauro online).

Molto interessante l’etimologia. Originariamente, l’aggeggio si chiamava nickel-in-the-slot ed era diffuso nei bar e nei locali di ritrovo. Particolarmente in quelli lungo le vie di comunicazione, dove si poteva bere e ballare tutta notte (e forse anche godere di qualche altro piacere). Questo tipo di locali, negli anni Trenta e Quaranta, nel sud degli Stati Uniti si chiamava juke joint, e juking voleva dire “andare in giro a trovare un posto per divertirsi” o anche semplicemente “ballare”. Le “macchine da musica a pagamento” onnipresenti in quei locali cominciarono a essere chiamate Juke-box per antonomasia, piuttosto che nickel-in-the-slot.

Adesso viene il bello. Juke è una parola arrivata all’americano dal Gullah, lingua parlata dagli afro-americani della Carolina del sud e della Florida: juke significa “cattivo” e da questo dovrebbe essere chiaro che le juke joints erano luoghi malfamati, se non case di malaffare. A sua volta, il termine Gullah è una chiara derivazione delle lingue dell’Africa occidentale, dato che in Wolof, ad esempio, dzug significa “vivere malamente”.