Forse avrete intuito che sono molto curioso e amo raccogliere sul web (che è una vera pacchia per i curiosi: a volte mi chiedo come facevo prima) masse di informazioni a bassa utilità. Con una passione aggiuntiva per quelle che scaturiscono da ricerche scientifiche.
Soltanto che – non spesso per fortuna – a volte i risultati della ricerca fanno a pugni con la mia esperienza diretta. Aneddotica, lo ammetto, ma diretta.
Coabito con una gatta, che ha dato numerosi segnali di golosità “tradizionale”, cioè finalizzata al consumo, oltre che al furto con destrezza, di dolci. Ricordo una volta una zampata perfettamente riconoscibile sulla glassa di una Sachertorte lasciata incautamente a raffreddarsi e a solidificare sul tavolo della cucina. Ricordo, in più di un’occasione, sacchetti di plastica sventrati per rubare il panettone. Ricordo anche un altro gatto grigio, che avevo da bambino a casa della nonna in campagna, capace di aprire la credenza per rubare il ciambellone.
Figuratevi allora il mio stupore nell’apprendere che i gatti non solo non amano i dolci, ma mancherebbero anche, per motivi genetici, dei recettori che permettono di assaporare il gusto “dolce”.
Ma andiamo con ordine.

the-scientist.com / Andrzej Krauze
Cat Cravings | The Scientist
La storia raccontata dall’articolo di The Scientist cui faccio riferimento qui sopra comincia molti anni fa, quando la micologa Ellen Jacobson sta cucinando un piatto di porcini della sua cucina di casa in Colorado e il suo gatto Cashew accorre e miagola e le si strofina contro le gambe finché la padrona non gli molla un fungo, che il gatto divora con entusiasmo. Da coscienziosa scienzata Ellen prosegue le sue ricerche, scoprendo che la golosità di Cashew non è limitata ai boleti, ma si estende ad altri funghi commestibili, e che è condivisa dall’altro gatto di casa Jacobson (Lewis) e da tutti gli esemplari della specie Felis silvestris catus.
La spiegazione, si scopre abbastanza presto, risiede nelle papille gustative presenti sulla rasposa lingua dei gatti, e più esattamente nelle proteine che fungono da recettori di gusto nelle papille stesse. Le sensazioni di dolce e di umami (il gusto legato all’aminoacido glutammato) sono legate ai recettori T1R1, T1R2, and T1R3, In particolare, la sensazione di dolce è percepita quando le molecole di cibo si legano ai recettori T1R2 e T1R3, mentre il gusto umami scaturisce dall’attivazione di T1R1 e T1R3.
Entrambe le sensazioni risultano piacevoli per la maggior parte dei mammiferi, incluso l’uomo: un piacere selezionato dall’evoluzione darwiniana perché una dieta ricca di carboidrati e aminoacidi (dolci e umami) offre un chiaro vantaggio riproduttivo.
La maggior parte dei mammiferi, dicevamo. Ma non i gatti: circa 35 anni fa Gary Beauchamp, biologo del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia osserva che i gatti non manifestano interesse per i dolci. Un effetto collaterale della domesticazione? Neanche per idea: Beauchamp va allo zoo di Philadelphia e scopre che nemmeno tigri, leoni, leopardi, giaguari e altri felini selvatici. Per Beauchamp diventa un’ossessione. Nel 2005, qualche anno dopo la scoperta della famiglia di recettori T1R, Beauchamp e il suo gruppo cominciano a studiare le papille gustative dei gatti e scoprono che in realtà i felini non hanno un’avversione ai cibi dolci, ma semplicemente non sentono quel sapore, perché nei felini una mutazione che ha “cancellato” 247 coppie di basi nel gene che esprime il recettore T1R2 lo rende di fatto inattivo.
I risultati della ricerca (che naturalmente è un po’ più complicata di come l’ho raccontata io) sono disponibili qui (e tutti possono leggerla gratis, evviva!):
PLoS Genetics: Pseudogenization of a Sweet-Receptor Gene Accounts for Cats’ Indifference toward Sugar
PS: E allora perché la mia gatta mangia il panettone? Per quanto amico della scienza, non mi sarei imbarcato in questa avventura divulgativa se – dopo una giornata passata a strologare sul problema – non avessi uno straccio di spiegazione: anche se non percepiscono il gusto “dolce” in purezza, i gattti sono comunque in grado di gustare gli altri nutrienti pregiati del panettone, e in primo luogo le uova.
PPS: E se ai gatti, tolto il dolce, resta però l’umami, oltre ai funghi dovrebbe piacere il pomodoro. E infatti la mia gatta lecca accuratamente pentole e padelle dove ha cotto la salsa della pasta, anche se non è ragout di carne, ma semplice pommarola.
mercoledì, 1 febbraio 2012 alle 11:41
una gatta che aveva la mia fidanzata di quindici anni fa amava letteralmente il sugo al pomodoro: aspettava che io finissi di mangiare la pasta (a me i sughi in genere non piacciono) per leccare coscienziosamente il piatto…
giovedì, 2 febbraio 2012 alle 0:14
alla mia gatta piaceva l’aglio; si può immaginare l’alito subito dopo…