Eric Frattini – L’oro dell’inferno

Frattini, Eric (2010). L’oro dell’inferno (El Oro de Mefisto). Milano: Editrice Nord. 2011.

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Penso che non avrei mai letto questo libro – anzi forse non ne sarei mai venuto a conoscenza – se non fosse stato per la recensione che ne ha fatto .mau. sul suo blog.

Il minimo che posso fare è mandarvi .

Ho deciso di leggerlo perché il tema mi incuriosisce molto (sono abbastanza convinto delle responsabilità del Vaticano nella fuga di tanti criminali nazisti), non mi spiace leggere un romanzo piuttosto che un saggio (quando gli argomenti sono controversi, il romanzo consente maggiore libertà di formulare ipotesi ardite) e coccolo il mio anticlericalismo leggendo opere in cui i preti sono perfidi e fanatici (confesso, mi sono divertito persino leggendo Il Codice da Vinci).

La recensione di .mau. – che dopo aver letto il libro condivido appieno – dava un giudizio molto negativo su un aspetto specifico:

[…] tutte le schermaglie a base di citazioni di massime da parte di un protagonista, seguite dalle relative controcitazioni del suo interlocutore sono davvero pesanti, e mi hanno tolto il piacere della lettura.

Quando ho cominciato a leggere ho pensato: “che fanatico, .mau.”; anche perché all’inizio l’azione prevale sui dialoghi e le schermaglie si notano meno. Anzi, la prima massima che ho trovata l’ho addirittura condivisa su facebook. Era questa:

«[…] Ritengo che l’esercito, in questo caso le SS, richieda la disciplina per fare l’impensabile. La politica invece richiede l’abilità di far fare agli altri l’impensabile al posto nostro. In questo momento ci servono allo stesso modo sia la politica sia l’esercito.» [498; il riferimento è alle posizioni sul Kindle]

Ma ben presto il gioco si fa peso e tetro, come direbbe Guccini:

«Mio caro figliolo… perché trionfi il male, basta solo che i buoni non facciano niente e, in questo, la Germania e i tedeschi sono stati maestri. I buoni hanno lasciato la nazione in mano ai cattivi e quella concessione ha generato il male che alla fine ha distrutto tutti: buoni e cattivi. Qualcuno un giorno ha detto che una cattiva causa, e il Terzo Reich lo era, verrà difesa sempre con cattivi mezzi da uomini cattivi.»
«Sì, papà, ma Plutarco ha detto pure che l’omissione del bene non è meno riprovevole dell’attuazione del male. Chi non punisce il male, in un certo senso ordina che esso venga fatto; e noi due, nel momento in cui aiutiamo tutta questa gente a sfuggire alla giustizia, siamo già parte di quello stesso male che loro hanno generato.» [3744]

Magari cose nemmeno sbagliate, ma capirete che 444 pagine così possano venire a noia. Soltanto di rado Frattini cita l’autore della citazione.

August ripensò alle parole di Martin Lutero, quando affermava che l’umiltà degli ipocriti è il più grande e il più altero degli orgogli. [4851]

«’Si può amare senza essere felici; si può essere felici senza amare. Ma amare ed essere felici ha del prodigioso’, diceva il grande Balzac.» [6346]

In genere, però le massime sono spacciate come farina del sacco dei personaggi, che finiscono per parlare tutti allo stesso modo. E se queste schermaglie in punta di citazione dotta sono credibili per preti e prelati della curia vaticana, lo sono meno in bocca a un sergente delle SS o a un banchiere svizzero o a una spia americana.

[…] la violenza è l’ultima risorsa dell’incompetente. [5430]

[…] spesso la politica diventa l’arte di tradire gli interessi reali e legittimi, creandone altri immaginari e ingiusti. [5512]

Insomma, alla fine non si sfugge alla sensazione che Frattini abbia scritto il romanzo con un libro di storia alla sua destra (magari la sua stessa opera sui servizi segreti vaticani) e un tesauro di citazioni alla sua sinistra. E nel saccheggiare a piene mani dall’una e dall’altra parte abbia finito per soffocare la sua creatura.

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