La Gazzetta di Mantova del 15 agosto 2012 ha pubblicato questo trafiletto, con l’intento – abbastanza trasparente – di farne un pezzo di colore. Ma secondo me, la storia solleva qualche questione interessante.

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Cominciamo dall’articolo.
Il gatto conteso fra due donne andrà a trovare chi vuole
TREVISO Scopre che il suo micio è stato adottato dalla vicina e scoppia la lite a cui mette fine la polizia, stabilendo salomonicamente che l’animale potrà dividersi a suo piacimento tra le due case. La vicenda inizia otto mesi fa a Treviso quando il gatto, chiamato Oreste, viene investito e rimane ferito. È curato per otto mesi dal veterinario che alla fine presenta un conto di 4.000 euro alla proprietaria. Conto che la padrona non può pagare. Trascorse alcune settimane, il veterinario affida il micio ad una ragazza che, intenerita dal caso, salda il conto del medico e se lo porta a casa. Caso vuole che la nuova padrona sia una vicina di casa dell’altra proprietaria di Oreste. Le due non si conoscono ma vengono a conoscenza l’una dell’altra quando il gatto decide di farsi fare le coccole dalla precedente padrona, che lo riconosce immediatamente. Dalla felicità per il felino ritrovato alla lite condominiale il passo è però breve. I vicini chiamano la polizia. Oreste viene riconsegnato all’ultima proprietaria, ma con l’obbligo per quest’ultima di lasciarlo frequentare la vicina.
La prima inesattezza mi sembra quella che attribuisce la facoltà di risolvere una lite (nell’accezione giuridica del termine) alla polizia: la polizia avrà espresso una propria opinione basata sul buon senso, avrà cercato di persuadere le due litiganti, avrà al più potuto esercitare una sorta di moral suasion o minacciato nuovi più drastici interventi all’eventuale ripetersi del diverbio condominiale. Ma i poliziotti non sono giudici, per fortuna.
Seconda questione: dal suo punto di vista, ogni gatto è in primis “suo” (nel senso in cui le femministe zocculute e lungogonnute floreali degli anni Settanta, oltre ad affermare che le streghe erano tornate, dicevano “io sono mia”). E, sia ben chiaro, io sono pienamente d’accordo con tutti i gatti e con tutte le donne di questo mondo. Ciò non toglie che in questo mondo mercantilistico, i gatti (e i cani e gli altri animali) siano comprati e venduti: come sa chiunque abbia comprato o venduto un cucciolo di siamese o di labrador e con buona pace degli animalisti. Inoltre, i gatti non sono in condizione di pagare il conto del veterinario.
A questo proposito, trovo difficile credere che la padrona originaria del gatto (che chiameremo Ur-Proprietaria) ignorasse che le cure del veterinario sarebbero state onerose per lei, soprattutto perché inclusive di una lunga convalescenza nella “clinica” del veterinario stesso e con vitto e alloggio, oltre che medicinali, medicazioni e prestazioni professionali varie. Immagino anche che – sotto il profilo deontologico – il veterinario fosse tenuto a fare un preventivo, e l’articolo non ci offre elementi per escludere che l’abbia fatto. Vi prego anche di considerare, per quanto la cosa vi ripugni, che l’alternativa alla lunga e costosa cura del gatto infortunato fosse l’eutanasia, che per gli animali è lecita e ampiamente praticata.
Invece, suggerisce implicitamente l’estensore dell’articolo, alla presentazione della parcella di 4.000 € la Ur-Proprietaria cade dal pero e si rifiuta di pagare. Il gatto Oreste, per il nostro ordinamento giuridico anche se forse non per la nostra sensibilità, è a tutti gli effetti una cosa e resta nella disponibilità del veterinario (come succederebbe a un vestito che lasciate in tintoria rifiutandovi di pagare il conto). Che, badate bene, potrebbe anche decidere di sopprimerlo, senza che la Ur-Proprietaria possa dire alcunché o accampare pretese.
Invece: «il veterinario affida il micio ad una ragazza che, intenerita dal caso, salda il conto del medico e se lo porta a casa.» Ecco, qui secondo me il giornalista racconta la storia in modo impreciso. Il veterinario, in realtà, vende il gatto alla ragazza (Proprietaria-B) per 4.000 € e ci va in pari. Il gatto Oreste è di Proprietaria-B a tutti gli effetti. [A me, poi, Proprietaria-B sta anche più simpatica, sia perché non esita a pagare un gatto infortunato e abbandonato 4.000 €, pur non essendo molto più abbiente dalla Ur-Proprietaria, come si può inferire dal fatto che abitano nel medesimo condominio; sia perché è una ragazza, il che ci fa pensare per contrasto che Ur-Proprietaria sia un’arida vecchietta, una Crudelia DeMon dei gatti.]
E Oreste? I gatti, si sa, hanno un concetto della fedeltà diverso da quello dei cani. I gatti maschi, poi, sono più sensibili alla territorialità che agli affetti (le coccole?!). Chissà quale combinazione di spirito d’esplorazione e di sensibilità olfattive l’hanno portato alla soglia della sua vecchia casa. Sono pronto a scommettere che ne avrebvbe graffiato la porta anche se la Ur-Proprietaria non ci avesse abitato, attratto dal potere sovrafelino del feromone.
Resto curioso di sapere se l’accomodamento prospettato dalle forze dell’ordine sarà stabile.
venerdì, 17 agosto 2012 alle 17:47
mi chiedo, da proprietaria cioè da bipede di proprietà di tre gatti, ma è davvero possibile che uno si possa rifiutare di pagare la parcella ad un veterinario? e soprattutto, visto che ci teneva così tanto al gatto da litigare con la nuova proprietaria (che, a mio avviso, è più meritevole), non poteva chiedere un prestito a qualcuno? o cercare di pattuire un rientro con il veterinario?