Neil Gaiman – Norse Mythology

Gaiman, Neil (2017). Norse Mythology. London: Bloomsbury. 2017. ISBN: 9781408887028. Pagine 256. 5,62€

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Neil Gaiman è Neil Gaiman (in un’altra recensione ho scritto: ” Neil Gaiman è un autore di culto: o lo si ama, o lo si adora incondizionatamente”). Lo leggo sempre con grande piacere, e non sono certo il solo, Pochi sanno raccontare come lui. Libri come American Gods e Neverwhere (che non ho ancora recensito) offrono molte ore di divertimento e di piacere, e fanno anche pensare. Ecco perché sono rimasto un po’ deluso da questo racconto dei Miti del Nord (questo è il titolo della traduzione italiana di Stefania Bertola). Ho avuto l’impressione che a Gaiman mancasse un po’ l’ispirazione: forse il fatto di dovere restare fedele ai testi della tradizione gli ha tarpato le ali della fantasia, forse ha dovuto scrivere qualche cosa in un periodo di scarsa ispirazione per fare fronte a un impegno contrattuale con l’editore. Non so: sono solo illazioni, ma la magia del racconto sembra non decollare mai.

Ammetto di essere forse un po’ prevenuto, o comunque di essere (in questo caso) un lettore difficile. Come ho scritto altrove (per esempio qui), sono un wagneriano fanatico, e la mitologia nordica (reinterpretata) è al fondamento dell’Anello del Nibelungo. Wotan e gli dei del Valhalla sono quasi vecchi amici e le loro vicende – quanto meno la parte raccontata da Wagner – mi sono familiari come le favole di Biancaneve, Cenerentola e dei sette caprettini. Con due effetti negativi: a me nel leggere queste storie di Gaiman viene spesso meno l’effetto sorpresa, con quell’incantamento di meraviglia che dànno i miti e le favole; e le inevitabili differenze nei nomi e nelle prospettive (già la differenze nel nome di Wotan/Odin provoca un po’ di spaesamento) mi fanno automaticamente scattare la reazione un po’ infantile “ma non è proprio così”, la stessa di quando una zia ti racconta una favola in un modo un po’ differente da quello della nonna, che avevi ascoltato per prima, e ti eri fatto ripetere mille volte. Chiamiamolo effetto imprinting.

C’è poi una piccola questione stilistica: nell’intento di riprodurre il modo in cui gli antichi raccontavano queste saghe, Gaiman perde un po’ il suo “tono di voce” e adotta stilemi “epici” che alla lunga risultano un po’ stucchevoli.

Comunque il libro si legge d’un fiato. E alcuni passi sono memorabili. Ad esempio, questo:

And I saw a woman walking up to the house. I have never seen a woman like her. Nobody who looks like her. Nobody who moves like her. As she raised her arms to unlock the door to her house, the light glanced off her arms, and it seemed to illuminate the air and to brighten the sea, and because she is in it, the whole world is a brighter and more beautiful place. (pp.190-191)

2 Risposte to “Neil Gaiman – Norse Mythology”

  1. puntomaupunto Says:

    Confermo: anch’io mi sono accorto che quando Gaiman deve riprendere cose già fatte da altri è meno brillante…

  2. Salvù Says:

    Passo per puro caso da queste parti – ho trovato l’articolo scrollando i siti consigliati nella home del mio blog.. nulla, mi pareva il caso di dare un’occhiata, considerando che è proprio di Germanistica antica e medievale che mi occupo, sia in Università che fuori 😛

    Non ho letto il libro di Gaiman, ma ho avuto modo comunque di spizzicare qualche pagina una volta in libreria. Fondamentalmente l’autore si è basato sulla materia letteraria e mitologica della Scandinavia antico-medievale, da ció i diversi “nomi” usati, ad esempio.. Considera sempre che buona parte degli studiosi sono concordi nel ritenere la cosiddetta “cerchia nordica”, la Germania settentrionale e la Scandinavia meridionale, la patria originaria dei popoli germanici. E oltre a ciò, per tutta una serie di motivi, è ormai pratica comune ritenere l’area nordica estrema come maggiormente “intatta” per quanto concerne le tradizioni letterarie e mitologiche.

    Parli di Wagner e del ciclo nibelungico e qui dovrei aprire l’Oceano, ma sarò breve. Wagner stesso ha in realtà basato la propria tetralogia, in buona parte, su materiale norreno – leggi “scandinavo antico-medievale”. Mi riferisco al ciclo di Sigurðr e dei Volsunghi, tra gli altri. Il passaggio successivo è stato quello di “tedeschizzare” buona parte dei nomi delle figure e dei luoghi portati in scena.

    Il tuo senso di straniamento è perfettamente comprensibile e ho trovato molto dolce l’immagine della storia raccontata dalla nonna e dalla zia..

    Spezzo una lancia a favore di Gaiman, ché mi pare abbia tentato di tornare alle fonti. Ma al contempo sono anche contento che tu sia tanto affascinato da certe realtà culturali!

    Il discorso dell’originalità e simili – credo che l’opera sia stata intesa per essere una sorta di rielaborazione dei miti nordici, abbastanza fedele in temi e modi – e qui il tono “epico” di cui parli e il quale comporta per l’autore una leggera perdita di personalità stilistica – e al contempo adatta ad un pubblico il più variegato possibile..

    Forse l’hai già fatto – in caso contrario, immergiti nella lettura dell’Edda in versi 😉 avrai pane per i tuoi denti!

    Un caro saluto.


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