Brizzi, Enrico (2008). L’inattesa piega degli eventi. Milano: Baldini Castoldi Dalai.
Di Brizzi avevo letto l’opera d’esordio, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Giovanilistico, carino, nulla di più.
Questo l’ho comprato perché il risvolto di copertina e l’incipit facevano immaginare un racconto di contro-storia, come Contro-passato prossimo di Guido Morselli, o Fatherland di Harris, o La svastica sul sole di Philip K. Dick. Cito dalla presentazione editoriale:
L’Italia fascista ha rotto in tempo l’alleanza con Hitler e anzi ne ha contrastato le mire, guadagnandosi nel 1945 un posto al tavolo dei vincitori. Dal conflitto, destinato a entrare nella memoria degli italiani come la Nostra guerra, il Duce esce trionfatore; anche Casa Savoia è eliminata dalla scena politica, e la nuova costituzione «laica e littoria» priva la Chiesa del suo ruolo sociale.
Per il Paese, ora rinominato Repubblica d’Italia, sono stagioni di relativo prestigio internazionale e prosperità economica, ma la vita quotidiana ristagna, avvelenata da decenni di autoritarismo: gli oppositori veri o presunti subiscono la deportazione nelle ex colonie africane, ora dotate di una formale autonomia e promosse al rango di «Repubbliche associate».
Nel 1960, quindici anni dopo l’armistizio, Benito Mussolini è un uomo di settantasette anni ormai prossimo alla fine, e i gerarchi si preparano a dare battaglia per la successione…
In realtà quest’idea che mi pareva stimolantissima non è sviluppata. Mi dico spesso, in questi giorni, che se gli italiani avessero avuto più tempo per fare i conti con il fascismo, e se non circolasse la favoletta che l’unico errore del più grande statista del Novecento, come dice l’attuale presidente della Camera dei deputati, è stato il Patto d’acciaio con Hitler, forse adesso non saremmo governati da una maggioranza schiacciante di fascisti e populisti di destra, autoritari, autarchici, ottusamente benpensanti e chiusi a ogni innovazione. Forse gli anticorpi, di cui parlava Montanelli, avrebbero funzionato. Chissà, magari la nostra società è immunodepressa…
Il romanzo di Brizzi non sviluppa questo tema. Parla d’altro. Di molte altre cose, e non scrive nemmeno in modo memorabile. E alla fine ti chiedi: di che parlava? perché l’ho letto?
domenica, 25 Maggio 2008 alle 21:31
ciao
le ucronie sono uno dei miei generi preferiti (proprio oggi sul sole24h ce n’è una basata su un diverso esito della battaglia di dunkerque, puoi trovarne diverse su:
xoomer.alice.it / fmboschetto /
)
per scriverne una decente però bisogna essere molto preparati e conoscere sia la storia sia i meccanismi che la fanno muovere. conoscendo brizzi, non ha i numeri necessari. non ne ha neanche per scrivere romanzi decenti.
IMHO
=)
ciao
vittorio
sabato, 13 settembre 2008 alle 17:20
[…] addirittura imitato da Fiorello!) se non fosse stato presentato come un romanzo storico. Il secondo romanzo sull’avventura coloniale italiana (lo so che è una frase fatta, l’ho usata apposta) in […]