LA PARTENZA DEL CROCIATO
Passa un giorno, passa l’altro
Mai non torna il prode Anselmo,
Perché egli era molto scaltro
Andò in guerra e mise l’elmo…Mise l’elmo sulla testa
Per non farsi troppo mal
E partì la lancia in resta
A cavallo d’un caval.La sua bella che abbracciollo
Gli dié un bacio e disse: Va’!
E poneagli ad armacollo
La fiaschetta del mistrà.Poi, donatogli un anello
Sacro pegno di sua fe’,
Gli metteva nel fardello
Fin le pezze per i piè.Fu alle nove di mattina
Che l’Anselmo uscìa bel, bel,
Per andare in Palestina
A conquidere l’Avel.Né per vie ferrate andava
Come in oggi col vapor,
A quei tempi si ferrava
Non la via ma il viaggiator.La cravatta in fer battuto
E in ottone avea il gilé,
Ei viaggiava, è ver, seduto
Ma il cavallo andava a piè.Da quel dì non fe’ che andare,
Andar sempre, andare andar…
Quando a piè d’un casolare
Vide un lago, ed era il mar!Sospettollo… e impensierito
Saviamente si fermò
Poi chinossi, e con un dito
A buon conto l’assaggiò.Come fu sul bastimento,
Ben gli venne il mal di mar
Ma l’Anselmo in un momento
Mise fuori il desinar.[La città di Costantino
nello scorgerlo tremò
brandir volle il bicchierino
ma il Corano lo vietò.Il Sultano in tal frangente
Mandò il palo ad aguzzar,
Ma l’Anselmo previdente
Fin le brache avea d’acciar.]Pipe, sciabole, tappeti,
Mezze lune, jatagan,
Odalische, minareti,
Già imballati avea il Sultan.Quando presso ai Salamini
Sete ria incominciò,
E l’Anselmo coi più fini
Prese l’elmo, e a bere andò.Ma nell’elmo, il crederete?
C’era in fondo un forellin
E in tre dì morì di sete
Senza accorgersi il tapin.Passa un giorno, passa l’altro,
Mai non torna il guerrier
Perch’egli era molto scaltro
Andò in guerra col cimier.Col cimiero sulla testa,
Ma sul fondo non guardò
E così gli avvenne questa
Che mai più non ritornò.
La nota poesia (ma non se ne ricorda più nessuno, e nemmeno io me ne sarei ricordato, se qualcuno non mi avesse smosso la memoria stamattina, complice Tullio De Mauro) è stata scritta da Giovanni Visconti Venosta (Milano 1831-1906), fratello del marchese Emilio, patriota milanese alle Cinque Giornate.
Giovanni Visconti Venosta era originario della Valtellina e, dopo Giulio Tremonti, ne rimane il principale umorista.
mercoledì, 29 aprile 2009 alle 20:48
Mio padre amava molto le poesiole e le filastrocche e questa era una delle sue preferite. Ce le recitava soprattutto la sera prima di andare a letto e qualche volta se le inventava lui.
Le prime due strofe del prode Anselmo me le ricordavo perfettamente, il resto non proprio, ma il finale sì con quella triste morte di sete. Per me rimane una miniera di parole strane e desuete come “ad armacollo”, per non parlare del mistrà e delle pezze per i piedi.
lunedì, 18 Maggio 2009 alle 16:52
Mio caro, hai risvegliato un bellissimo ricordo d’infanzia : un’edizione illustrata per bambini ormai consunta dalla lettura credo regalata da mia nonna (maestra elementare). Mia madre ricorda sempre – lei che ha visto per la prima volta il mare a 18 anni – di aver fatto come il Prode Anselmo “A buon conto l’assaggiò”.
lunedì, 21 settembre 2009 alle 8:25
Bella poeia umoristica che mi ricorda l’infanzia,ormai certe finezze non sono più di moda,è un mondo scomparso con malinconia ma sempre bello quando con una poesia ritorna in mente suscitando una nostalgia che ci porta ai tempi andati.Grazie a chi mantiene una memoria storica per i posteri.Di nuovo grazie. Armando Giovannini
mercoledì, 2 febbraio 2011 alle 17:17
Ricordo la poesia in quanto venne rappresentata alla fine del mio anno scolastico di IV o V elementare alla scuola Casa del Sole al parco trotter di Milano ( anni , forse 1948 – 1950 ).
In verità la poesia fu trasformata in canzone e come tale esguita con , penso , la musica di Pietro Dentella , nostro direttore del coro. In IV e V le mie insegnanti erano rispettivamente le maestre Romani e Comuni (in V la mia sezione era la VC ). La direttrice era la signorina Laini.
Grazie dell’attenzione
Valter Cattani
sabato, 22 ottobre 2011 alle 20:12
Che bellezza! Io conoscevo solo la prima strofa e la lessi per la prima volta integralmente quando acquistai le memorie di Giovanni Visconti Venosta. Tra l’altro la genesi della filastrocca è una storiella divertente perchè al Visconti Venosta si rivolse una madre il cui figliolo doveva comporre una poesia per la scuola ma si era fermato alla prima strofa. Lui scrisse tutto il resto e dopo anni seppe che il ragazzo si era fatto prete!