Colpirne uno per educarne cento

Stafutti, Stefania e Gianmaria Ajani (2008). Colpirne uno per educarne cento. Slogan e parole d’ordine per capire la Cina. Torino: Einaudi. 2008.

L’idea sembrava allettante: prendere slogan e massime della rivoluzione cinese e dedicare a ognuna una scheda , che ne indicasse l’autore e l’origine, che la inquadrasse nella storia della Cina dal 1950 a oggi, che ne spiegasse la fortuna in Occidente, soprattutto nei movimenti degli anni 60 e 70, che eventualmente ne illustrasse l’uso che se ne fa oggi, dato che in molti casi i vecchi slogan sono ora utilizzati nella pubblicità o nella controcultura cinese.

Peccato che il libro sia scritto in modo molto sciatto, come se i 2 autori (sono professori universitari, ma questo ormai non significa nulla) non avessero nessuna voglia di fare un lavoro serio (ancorché divulgativo) e mirassero soltanto a fare un po’ di diritti d’autore con qualcosa che magari avevano nel cassetto.

Né l’editore ha dato loro una mano. Sono passati i tempi in cui Einaudi era il migliore editore italiano, non soltanto per i contenuti, ma anche per la cura editoriale. Giulio Einaudi, Cesare Pavese, Italo Calvino, Elio Vittorini  e tanti altri si rivolteranno nella tomba.

2 esempi soltanto:

  • A pagina 83 gli avatar diventano atavar, senza nemmeno che la pagina arrossisca di vergogna (e sono abbastanza sicuro, anche se non ne ho le prove, che è uno sbaglio dovuto all’ignoranza degli autori, e non una svista di un’incolpevole tipografo!).
  • Più o meno a pagina 100 (siamo nel 1992) compare Jiang Zemin. O meglio ne compaiono tanti, e la cosa sarebbe comica se il libro l’avessi trovato nella sala d’aspetto della stazione invece di averla pagato 11,80 euro e sei i due autori non si spacciassero per sinologi. Allora: a pagina 102 e 103 è Jiang Zemin e ci viene anche spiegato il significato del nome (“il fiume che porta beneficio al popolo” oppure “il fiume in cui il popolo annaspa”). A pagina 104 è Jiang Zeming (2 volte: l’errore di stampa non può essere escluso, ma è improbabile). A pagina 106 diventa Jiang Zimin (giuro!). A pagina 109 si riaffaccia Jiang Zemin, che resiste eroicamente fino a pagina 112. Ma a pagina 113, inesorabilmente, il nostro camaleonte cinese si trasforma in Zhang Zemin, per tornare definitivamente Jiang Zemin nella pagina successiva. A questo punto è fin troppo facile immaginarsi una piccola schiera di cultori della materia, o assegnisti, o borsisti o non so cosa intenti a compilare le schede per i nostri autori, che non si sono nemmeno degnati di rileggere il tutto e di verificare le traslitterazioni.

Aridàtece li sòrdi!

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